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  • Mercoledì 15 maggio 2024

L’esercito israeliano continua ad avanzare a Rafah

I carri armati israeliani sono entrati in quartieri residenziali sempre più vicini al centro città: ci sono stati scontri, e 450 mila civili palestinesi sono già scappati

Un palestinese tra le macerie di un edificio bombardato a Rafah, il 7 maggio
Un palestinese tra le macerie di un edificio bombardato a Rafah, il 7 maggio (AP Photo/Ismael Abu Dayyah)
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Negli ultimi giorni Israele ha proseguito gradualmente ma in maniera costante il suo attacco contro Rafah, l’ultima città della Striscia di Gaza che ancora non era stata invasa dall’esercito israeliano, e dove erano rifugiati 1,4 milioni di civili palestinesi. L’operazione sta già avendo enormi conseguenze: secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite per i profughi palestinesi (UNRWA) in pochi giorni sono scappate da Rafah circa 450 mila persone. Martedì, inoltre, i carri armati israeliani sono entrati nei quartieri residenziali a est della città, dove secondo varie testimonianze ci sono stati scontri con miliziani di Hamas.

Secondo alcuni residenti con cui Reuters ha avuto modo di parlare, martedì l’esercito israeliano ha attraversato la strada di Salah al Din, che è la grande strada che taglia tutta la Striscia di Gaza da nord a sud, ed è entrato nei quartieri di Brazil e Jneina, che si trovano a pochi chilometri a est dal centro della città.

Ci sono stati scontri, di cui hanno parlato sia Israele sia Hamas: l’esercito israeliano ha detto di aver ucciso «numerosi terroristi armati», mentre Hamas ha detto di aver distrutto un mezzo di trasporto militare israeliano.

Civili palestinesi scappano da Rafah, il 9 maggio

Civili palestinesi scappano da Rafah, il 9 maggio (AP Photo/Abdel Kareem Hana, File)

L’operazione dell’esercito israeliano contro Rafah era cominciata da sud-est, quando poco più di una settimana fa Israele aveva occupato la parte palestinese del varco di Rafah, uno dei passaggi di confine tra la Striscia di Gaza e l’Egitto. Il varco di Rafah si trova nell’estrema periferia est della città, lontano dai principali quartieri abitati. Ma l’esercito sta lentamente avanzando verso nord-ovest, cioè verso il centro, raggiungendo zone via via più popolate dai civili. Più l’esercito avanza, più ci si aspetta che gli scontri saranno intensi e le conseguenze gravi.

Questo si vede anche dal numero dei morti forniti dal ministero della Salute palestinese (che è controllato da Hamas, ma che è considerato abbastanza affidabile): tra lunedì e martedì sono state uccise 82 persone, un numero basso per i primi periodi della guerra, quando le violenze erano eccezionali, ma uno dei più alti delle ultime settimane.

La situazione in città è già estremamente complessa: anche se le consegne di aiuti umanitari sono lentamente riprese, è difficile trovare cibo, acqua potabile e carburante, che serve per alimentare i generatori.

Questa operazione graduale dell’esercito israeliano, che pur continuando ad avanzare costantemente non ha ancora avviato un attacco massiccio contro Rafah, è probabilmente spiegabile con le pressioni degli Stati Uniti, che stanno cercando di convincere il governo israeliano a non fare un’operazione su larga scala contro la città, per timore di una catastrofe umanitaria. Tuttavia il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, anche su pressioni del suo governo di estrema destra, ha detto più volte che l’invasione di Rafah è inevitabile, e che è soltanto questione di tempo.