Contare gli incontri che contano

«Dall’appuntamento uno e dal due sono scappata con una scusa. Il tizio numero tre mentre eravamo sdraiati a letto ha fatto una battuta transfobica. Con il quinto ho deciso che non sarei più uscita dopo averlo visto riporre le sue cuffiette in una custodia a forma di Minion, il quarto rispondeva ai miei messaggi dopo dodici ore. Mi fa sentire meglio ridurli ad aneddoti da raccontare alle mie amiche e da trattare con sufficienza, così, in questo pezzo? Se fossi più coraggiosa o semplicemente più social, mi divertirei anche io nel filmare un Dating wrapped da dare in pasto ai miei pochi followers?»

Spettatori di una partita di tennis. Monte Carlo, Monaco, 13 aprile 2024 (Julian Finney/Getty Images)
Spettatori di una partita di tennis. Monte Carlo, Monaco, 13 aprile 2024 (Julian Finney/Getty Images)

Sono ossessionata da un trend di TikTok che si chiama Dating wrapped, la mia sezione “Per te” ne è invasa.

È come Spotify wrapped, cioè la classifica degli artisti preferiti o dei brani più riprodotti in un anno, la media di quante ore di musica abbiamo ascoltato in dodici mesi. Solo che qui, invece delle canzoni, c’è il resoconto di ciò che è accaduto in un anno di vita sentimentale. Guardo i video Dating wrapped mentre sono in fila al supermercato, la mattina a colazione, di sera rannicchiata nel letto prima che mi addormenti e il telefono mi cada sulla faccia.

Ogni Dating wrapped si svolge più o meno nello stesso modo: c’è una persona che mostra lo schermo del suo laptop a noi che guardiamo, il suo pubblico. Ci saluta e spiega cosa stiamo per vedere.

«Benvenuti nel mio shitshow», dice una ragazza con degli occhi bellissimi. La prima slide ci informa che nel 2023 ha avuto ventisette appuntamenti, diciassette con degli uomini e dieci con donne. Nella slide successiva c’è un grafico a torta che segnala con quanti, tra questi 27, non si è rivista mai più (10), con quanti ha avuto più di un appuntamento (17), con quanti si è vista più di cinque volte (2). Conclude informandoci che adesso sta uscendo con “The chosen one”, e che le cose tra di loro vanno bene.

C’è chi valuta i baci dal peggiore al migliore, chi calcola quante persone l’hanno fatto piangere, chi li raggruppa secondo il loro segno zodiacale o il lavoro, le attività che hanno svolto quando si sono incontrati (tra gli americani, scopro, va di moda fare lunghe passeggiate durante l’appuntamento).

Con quante di queste persone ho fatto sesso? Di quante ho parlato con la mia psicologa? E poi, ovviamente, com’è che le ho incontrate?

Qualcuno dichiara quali fossero i suoi intenti all’inizio del 2023. Per Lauren Spearman, una ragazza americana con i capelli biondi ondulati, gli obiettivi erano tre: uscire con qualcuno di più piccolo, sposarsi, fare molto hot sex. Sono riuscita solo nel primo intento, dice con un sorriso sconsolato. Fare molto sesso ho dovuto declassarlo a incontrare qualcuno con cui ci sia chimica, che poi è diventato semplicemente avere qualche tipo di vita sessuale.

– Leggi anche: Guida alle “dating app” in circolazione

Faccio uno sbuffo di risata, con la faccia attaccata allo schermo. Continuo a scrollare, ne voglio di più. Voglio sapere com’è andata la vita sentimentale di questi perfetti sconosciuti, di ragazze (sono donne soprattutto) che non ho mai visto prima, voglio provare a intuire chi si celi dietro quei numeri, chi è la persona che le ha fatte soffrire maggiormente, voglio sapere i loro aneddoti cringe, conoscere la delusione, il senso di frustrazione quando sono state ghostate, l’umiliazione del rifiuto.

Il primo Dating wrapped risale al 2020, l’autrice è una ragazza americana di nome Alexandria McLean. È stata lei ad avere l’idea di qualcosa che somigliasse alla classifica di fine anno di Spotify e a creare delle slide da presentare ai suoi followers, come fosse una riunione aziendale. Ed è questo in effetti l’elemento ironico dei video: il contrasto tra la professionalità e il distacco che suscita di solito un documento PowerPoint e l’intimità che in questo caso ci rivela, la sensazione di poter ficcare il naso in qualcosa di privato come le questioni di cuore altrui.

«L’ho fatto perché volevo che le altre donne non si sentissero sole», ha detto McLean, e i dati sembrano darle ragione: l’hashtag #datingwrapped, al momento, ha più di 50 milioni di visualizzazioni.

– Leggi anche: Trovare alternative alla monogamia sta diventando più facile

Mi sento meno sola dopo aver guardato centinaia di questi video? Non so. Di certo non posso fare a meno di pensare a un altro Dating wrapped, quello personale che compilo da quando ho iniziato a uscire con le persone, circa undici anni fa. Prima era una lista scritta a mano sull’agenda, poi è diventata una nota sul telefono dal titolo Tipi, tipelli, tipetti.

La guardo quando sono in ansia, come facevo con i voti all’università in momenti di crisi: la sfilza di numeri che attestavano il mio rendimento aveva un effetto distensivo, mi ricordava che, per quanto mi sentissi ferma, invece avevo camminato, mi ero mossa, avevo studiato e poi dato l’esame, ero stata promossa.

Con la vita sentimentale mi pare sia lo stesso. Nel 2023, vedo dalla nota, sono uscita con dodici persone. Leggere questo elenco di nomi (il primo della lista si chiama “Tizio leone marino”, perché dopo sei mesi mi ha ricontattata dicendo di essere appena tornato dalla Nuova Zelanda e mandandomi la foto di un leone marino) mi dà un senso di controllo: mi sono mossa, sono andata avanti.

«Se qualcuno degli uomini vedrà questo video», scrive nella didascalia del suo post la tiktoker amberwavesofbrain, «voglio che sappiate che non siete speciali e siete solo un numero per me».

Provo a dirlo anche io alle persone della mia lista: i vostri nomi sono qui sopra per mera volontà documentaria. Non siete speciali, siete solo un numero per me.

Lo dico al ragazzo cinque, che ho incontrato all’inizio dell’estate a una festa e mi ha fatto ricordare perché non è quasi mai una buona idea uscire con gli attori (attori erano anche il numero quattro e l’undici. Non è colpa mia, vivo al Pigneto). Lo ribadisco anche al ragazzo sette, al sei, al dodici e al tre: di voi non ricordo quasi nulla, siete stati una parentesi fiacca della mia settimana, ho parlato di voi alle mie amiche solo giorni dopo il nostro incontro, e di sfuggita mentre bevevo una birra, vi ho chiamati «quello lì». Non mi è dispiaciuto non rivedervi, non ho provato con voi a essere simpatica, brillante, distaccata in quel modo cool che non mi riesce mai.

E se per voi sono stata nulla, se nel vostro telefono esiste una lista in cui il mio nome compare distrattamente, se avete dovuto fare uno sforzo per ricordarvi come mi chiamavo, lo trovo giusto e funzionale: è a questo che servono gli appuntamenti di cui non ci importa. Sono una roccaforte contro gli altri incontri, quelli che per qualche motivo riescono a varcare e creare scompiglio nella noiosa e tuttavia piacevole zona grigia in cui sonnecchia il cuore quando è a riposo.

Tre settimane fa la mia psicologa, poco prima di accompagnarmi fuori dal suo studio, mi ha annunciato che sarebbe stata via per un po’ di tempo a causa di una non meglio specificata operazione.

«Quindi quando ci rivedremo?» le ho chiesto, cercando di mascherare il panico nella voce (voglio che pensi di aver risolto brillantemente i miei problemi con la sindrome dell’abbandono).
«Tra un mesetto, ti ricontatto io» ha fatto lei, sbrigativa.
«E nel frattempo?»
Avevo bisogno che mi desse un compito, che è quello che succede alla fine di ogni seduta (una volta mi ha fatto buttare dei palloncini pieni d’acqua dalla finestra del mio salotto. Per sbaglio ho colpito un tizio del palazzo e dalla vergogna non sono uscita di casa per due giorni).
Ci ha pensato un po’ su, poi mi ha guardato fissa, ha detto con un sorrisetto: «Be’. Prova a non andare a letto con nessuno, se non lo conosci da un po’».
«Mi sembra veramente una roba puritana», mi sono lamentata la sera con le mie amiche che annuivano stanche, e ho continuato a lamentarmi, da sola nella mia testa, per tutto il giorno successivo.

Cosa cambia se lo conosco oppure no?, mi domandavo infastidita. E fare sesso non è esattamente uno dei tanti modi che ci sono per conoscersi? Che vuol dire poi conoscere qualcuno? Non vuol dire niente, mi rispondevo. Forse è arrivato il momento di cambiare psicologa.

Ma invece di prendere decisioni drastiche (l’idea di dover ricominciare a parlare da capo della mia sciocca vita a qualcun altro mi devasta), sono andata a cercare risposte esistenziali nel luogo evidentemente più indicato: TikTok.

Sabrina Zohar, che si proclama “relationship coach”, parla di intentional dating, che potremmo tradurre con: frequentare qualcuno con consapevolezza.

Prima di buttarci nel mondo degli appuntamenti, afferma nei video di sessanta secondi che faccio scorrere a velocità raddoppiata tenendo il dito premuto sullo schermo, occorre individuare bene a priori cosa sappiamo di volere da una relazione: fare un elenco di ciò che ci serve per stare bene con qualcuno, voltare le spalle senza rimorso a chiunque non possieda quelle caratteristiche. E poi, chiaramente, non avere nessuna fretta di farci sesso.

È la risposta alla hook up culture, cioè la cultura che incoraggia le storie di una notte, gli incontri casuali, la quantità a dispetto della qualità.
In questo modo, mi assicura Sabrina Zohar, se riconosco cosa voglio e non ho paura di comunicarlo alla persona con cui sto uscendo, potrò avere una vita sentimentale più tranquilla e sana.
Sembra avere molto senso, faccio addirittura un sospiro di sollievo: per non soffrire o (ancora peggio) per non annoiarmi più basterà essere allineata con me stessa, prestare fede al mio istinto.
Poi faccio l’errore di dare un’altra occhiata alla nota sul telefono, la lista che nel frattempo si è allungata ed è arrivata a sei persone in più, quelle con cui sono uscita finora nel 2024.

Dall’appuntamento uno e dal due sono scappata con una scusa. Il tizio numero tre mentre eravamo sdraiati a letto ha fatto una battuta transfobica senza sospettare che il mio coinquilino Leone, a cui aveva stretto la mano dieci minuti prima, fosse un ragazzo trans tatuato e bellissimo. Con il quinto ho deciso che non sarei più uscita dopo averlo visto riporre le sue cuffiette in una custodia a forma di Minion, il quarto rispondeva ai miei messaggi dopo dodici ore.

Mi fa sentire meglio ridurli a questo, ad aneddoti da raccontare alle mie amiche e da trattare con sufficienza, così, in questo pezzo? Se fossi più coraggiosa o semplicemente più social, mi divertirei anche io nel filmare un Dating wrapped da dare in pasto ai miei pochi followers?

Metterli tutti in fila, quei nomi, dall’uno al dodici, e poi dall’uno al sei, notare che in fondo potrebbe esserci un pattern (in media, vedo dalla lista, mi piace qualcuno ogni sette appuntamenti), individuare le mie classificazioni (nel 2023 ho pianto per due persone, solo con il numero sette e con il due sono uscita per più di una volta, mi sono innamorata terribilmente e senza speranza di uno con cui non sono neanche andata a letto, scacco matto Sabrina Zohar). Potrei riderci su e provare a fingere che l’allungarsi della lista non corrisponda in qualche modo al perdere la speranza, che non mi faccia soffrire l’ipotesi di poter continuare a scrivere nomi all’infinito, appuntamento dopo appuntamento, delusione dopo delusione.

Dopotutto compilare queste liste, postare un Dating wrapped, dare consigli su quanto tempo debba passare prima di baciare qualcuno, risponde allo strenuo e invincibile desiderio di dare un ordine all’assoluta casualità con cui avvengono gli incontri umani. Trovare un senso, ridimensionare quella parte della vita in grado di renderci così vulnerabili.

Forse sarebbe meglio togliersi dalla testa le liste, le tattiche, l’assurdo gioco di potere che si instaura intorno ai rituali di corteggiamento, trovare la pace e concentrarci su noi stesse, fare una cosa chiamata: decentering men. Gli uomini non sono importanti, non è importante cosa pensano di noi, se gli piacciamo o no, se ci trovano attraenti o no, se vogliono uscire per una seconda volta con noi oppure non vederci mai più. Contemplare con serenità un futuro da single, il fatto che potrei non trovare mai qualcuno con cui sentirmi al sicuro come quando sono sola.

Decentrare gli uomini dalla mia vita.

Posso farlo, penso mentre mi spazzolo i capelli ed entro in doccia, due passate di shampoo e poi i capelli umidi in posa con la cintura dell’accappatoio per far venire i boccoli.

Ho molte cose da fare, tanti amici incredibili, un lavoro di cui sono innamorata, possiedo una bicicletta rossa nuova di zecca, mi dico mentre metto il mascara e poi il blush. Vivo in un quartiere che adoro, la mia migliore amica è anche la mia coinquilina, non mi manca niente per essere felice, affermo tra me e me chiudendo la porta alle mie spalle, in ritardo per l’appuntamento con il numero sette del 2024.

Prima di salire in bici e mettere la borsa nel cestello, due giri intorno al manubrio perché non voli via, do una rapida occhiata al telefono, nell’ansia di controllare i segnali dell’unico ghosting che non sono disposta a sopportare: quello della mia psicologa.

– Leggi anche: Istruzioni per (non) trovare un uomo online

Greta Olivo
Greta Olivo

È nata a Roma nel 1993. Il suo primo romanzo, Spilli è appena uscito per Einaudi.

STORIE/IDEE

Da leggere con calma, e da pensarci su