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  • Mercoledì 17 aprile 2024

Perché le elezioni in India durano 44 giorni

Cominciano venerdì e andranno avanti in 7 fasi fino al 1° giugno: c'entrano le dimensioni del paese e il numero degli elettori, ma anche la necessità di spostare le macchine per il voto e i soldati

Un seggio a Neemrana, in Rajasthan, nel 2019. (AP Photo/Manish Swarup)
Un seggio a Neemrana, in Rajasthan, nel 2019. (AP Photo/Manish Swarup)
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Venerdì in India inizierà un lungo processo elettorale che porterà al voto quasi un miliardo di persone, per rinnovare i 543 membri della camera bassa del parlamento indiano. I risultati saranno resi noti il 4 giugno: le elezioni si svolgeranno infatti in sette fasi, e dureranno 44 giorni. Saranno le seconde più lunghe della storia dell’India, ma in generale in India le elezioni parlamentari sono da sempre questione di settimane, non di giorni. Il processo elettorale è così lungo e complesso principalmente per le enormi dimensioni del paese e della popolazione, ma ci sono anche motivi meno evidenti, legati alla sicurezza, alle regole su come allestire i seggi e all’utilizzo quasi esclusivo di macchine per il voto elettronico.

L’India è una repubblica parlamentare in un sistema federale: la Lok Sabha, la Camera del Popolo, è il ramo più importante del parlamento, mentre il Consiglio degli Stati di fatto regola i rapporti fra governo federale e singoli stati. I 543 membri del Lok Sabha vengono eletti in altrettanti distretti, con un sistema maggioritario: per queste elezioni tutti i sondaggi danno largamente in vantaggio il partito di governo, il Bharatiya Janata Party (BJP) del primo ministro nazionalista induista Narendra Modi, e danno molto indietro la coalizione INDIA che unisce 26 partiti di opposizione. Venerdì si voterà in un centinaio di questi collegi e in una ventina di stati: le operazioni proseguiranno per altre sei fasi, fino all’ultima, quella del 1° giugno.

– Leggi anche: Il declino della dinastia politica Gandhi in India

Le ultime elezioni, quelle del 2019, ebbero una durata simile: 39 giorni. Le prime dopo l’indipendenza, fra il 1951 e il 1952, proseguirono per quattro mesi. Altre volte si è svolto tutto un po’ più rapidamente, ma comunque su più fasi: 20 giorni nel 2004, due settimane nel 1998.

Sostenitori del Bharatiya Janata Party durante la campagna elettorale (AP Photo/Altaf Qadri)

Da venerdì al 1° giugno avranno diritto di votare 968,6 milioni di indiani: più del doppio della popolazione dell’Unione Europea, quattro volte il numero degli elettori della seconda democrazia più popolosa, quella statunitense. Gli aventi diritto al voto sono aumentati dell’8 per cento rispetto a cinque anni fa, e sono distribuiti su oltre 3,3 milioni di chilometri quadrati, una superficie che è undici volte quella italiana.

Le regole elettorali indiane prevedono inoltre che il seggio non possa essere distante più di due chilometri dalla residenza degli elettori. L’India è un paese che comprende zone remote e poco densamente popolate, come le aree montuose himalayane, quelle desertiche del Rajasthan (nell’ovest del paese) e altre occupate da giungle e foreste, ad esempio nel Gujarat. Raggiungere ogni singolo elettore, a meno di due chilometri di distanza, può essere un’operazione assai complessa, ma di cui lo stato indiano si è spesso fatto vanto, raccontando i viaggi dei dipendenti degli uffici elettorali a bordo di treni, bus, elicotteri, barche, ma anche biciclette, muli, cammelli, yak o elefanti.

Nel 2019 un seggio elettorale fu allestito a un’altitudine di 4.650 metri, nella valle Spiti dello stato himalayano dell’Himachal Pradesh: in quel comune vivevano 48 persone. Nello stesso anno una delegazione elettorale viaggiò per 500 chilometri per raggiungere un isolato singolo elettore nello stato del nordest dell’Arunachal Pradesh, ai confini con la Cina. Dieci anni prima cinque funzionari si inoltrarono per giorni nella foresta di Gir, in Gujarat, per raggiungere un monaco di un tempio induista.

Code ai seggi in Uttar Pradesh nel 2022, per le elezioni statali (AP Photo/Rajesh Kumar Singh)

Altre volte il problema è opposto, soprattutto nelle megalopoli sovraffollate: il comitato elettorale si è impegnato a organizzare seggi elettorali che, tranne poche eccezioni, non debbano accogliere più di 1.500 votanti in una singola giornata. Per questo serviranno oltre un milione di seggi, e circa 15 milioni di scrutatori: alcuni lavoreranno in tutte e sette le fasi, spostandosi nei vari stati e nelle varie zone in cui, di volta in volta, si voterà.

Questi spostamenti saranno necessari per altre due componenti fondamentali del processo elettorale: le macchine per il voto elettronico e i soldati. La disponibilità di entrambi è limitata ed è forse il principale motivo per cui non è possibile prevedere il voto in un un’unica sessione.

Un modellino per mostrare come usare le macchine per il voto elettronico (AP Photo/Altaf Qadri)

Nei primi decenni dopo l’indipendenza le elezioni in India erano state caratterizzate da ricorrenti episodi di violenza: scontri fra sostenitori di diversi partiti, candidati rapiti, seggi assaltati. La polizia locale non si era dimostrata in grado di mantenere l’ordine e in alcuni casi era stata accusata di favorire le forze politiche al potere nella zona. Per questo dal 1990 per garantire la correttezza lo stato federale è ricorso all’esercito.

Una fase di smistamento di materiale elettorale (AP Photo/Rajesh Kumar Singh, File)

Saranno coinvolti 300mila militari appartenenti alle forze di sicurezza federale, a presidio dei seggi e per garantire il normale svolgimento del voto. La divisione in sette fasi permetterà ai soldati di spostarsi per presidiare le zone in cui si tengono le elezioni. I militari accompagneranno e sorveglieranno anche le macchine per il voto elettronico: erano circa un milione e mezzo cinque anni fa, saranno 5,5 milioni in questa sessione. Non saranno comunque abbastanza per tutti i seggi, ma verranno spostate nelle diverse fasi delle elezioni.

In India si usano queste macchine dal 1999 e oggi si esprime in modo elettronico la quasi totalità dei voti: dal 2014 fu introdotta una stampante che produce anche una testimonianza “cartacea” dei voti espressi, consultabile in caso di contestazioni o per verifiche. Le macchine e i contenitori dei voti già espressi saranno sorvegliati fino al giorno dello spoglio.

Un comizio del partito di governo a Mysuru (Photo by Abhishek Chinnappa/Getty Images)

Un’altra situazione che può condizionare o prolungare il processo elettorale riguarda le numerose festività religiose e civili nelle varie parti del paese: il 21 aprile, ad esempio, si celebra il Mahavir Jayanti, una delle ricorrenze più importanti dei giainismo, religione minoritaria ma diffusa in tutta l’India; il 23 maggio si festeggia la nascita di Buddha. Per comporre il calendario elettorale si considerano anche i calendari scolastici e universitari, la possibile coincidenza con le fasi del raccolto agricolo e le condizioni meteorologiche più prevedibili (stagioni dei monsoni).

Secondo le commissioni che hanno gestito le elezioni in questi anni, non esiste un modo per accorciare il processo e mantenere lo stesso livello di sicurezza e attenzione democratica. Chi difende questo modello segnala anche l’alta affluenza al voto: nel 2019 fu complessivamente del 67 per cento, percentuale simile o in certi casi superiore a quelle dei paesi europei (dove le difficoltà logistiche sono notevolmente inferiori). Cinque anni fa votarono complessivamente 615 milioni di persone.

L’uso di macchine per il voto elettronico permetterà invece di avere i risultati molto velocemente: da quando comincerà lo spoglio, il 4 giugno, saranno necessarie solo alcune ore per ottenere un quadro completo della composizione del nuovo parlamento.