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  • Sabato 13 aprile 2024

Che diavolo sono queste “sfere d’influenza”

Il modo in cui uno stato impone la propria volontà su un altro è cambiato dai tempi della Guerra fredda: perché è cambiato il mondo, ma anche i criteri per interpretarlo

Due matrioske che raffigurano il presidente cinese Xi Jinping e quello russo Vladimir Putin
Due matrioske che raffigurano il presidente cinese Xi Jinping e quello russo Vladimir Putin (AP Photo/Dmitry Serebryakov)
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Quando si parla di eventi internazionali, specie quelli che riguardano i paesi più grandi, si sente spesso parlare di “sfere d’influenza”. Questo termine ha una storia lunga e negli ultimi anni è tornato di moda, soprattutto dopo l’invasione russa dell’Ucraina e soprattutto tra chi adotta una visione del mondo condizionata dalla geopolitica: per esempio tra le persone più vicine alle ragioni russe della guerra si dice di frequente che la Russia ha invaso l’Ucraina per proteggere la propria “sfera d’influenza” sull’Europa dell’est.

“Sfera d’influenza”, o “zona di influenza”, ha un significato piuttosto immediato e facilmente intuibile: è la pretesa di uno stato di esercitare un potere esclusivo su un altro stato o su un territorio esterno ritenuto importante per la propria sicurezza o per i propri interessi economici. È un termine che si utilizza anche piuttosto liberamente: si sente spesso dire, a torto o a ragione, che l’Europa occidentale è «nella sfera d’influenza degli Stati Uniti», o che la Cina sta cercando di inserire parte dell’Africa «nella sua sfera d’influenza».

In realtà però il termine ha anche una forte connotazione politica, il cui senso è cambiato nel tempo e che dipende molto da chi la pronuncia. Alcuni analisti – oltre che molti governi, tra cui quello degli Stati Uniti e le istituzioni europee – ritengono che ormai parlare di “sfere d’influenza” sia obsoleto. C’è chi ritiene che il concetto di sfere d’influenza faccia parte di una visione del mondo parziale, che guarda esclusivamente alla competizione tra gli stati e non agli aspetti economici, politici e sociali. Al contrario, altri sostengono che le sfere d’influenza siano ancora uno degli elementi fondanti della politica internazionale e che siano essenziali per comprendere le relazioni tra gli stati.

– Ascolta Globo: Quello che la geopolitica non dice

Il termine sfera d’influenza ha cominciato a essere molto usato a partire dal Diciannovesimo secolo, in concomitanza con l’espansione del colonialismo e dell’imperialismo degli Stati Uniti e dei paesi europei. Alcuni esempi molto celebri sono la “dottrina Monroe”, dal nome del presidente statunitense James Monroe che nel 1823 proclamò che soltanto gli americani (e dunque gli Stati Uniti) potevano intervenire nel continente americano, aprendo così la strada a una lunga stagione di influenza statunitense sull’America Latina.

A partire dalla metà dell’Ottocento i grandi paesi europei si spartirono le rispettive “sfere d’influenza” sul continente africano (ovviamente senza chiedere niente alle persone che vi abitavano), arrivando perfino a definire una mappa in cui Francia, Regno Unito, Germania, Portogallo e Italia disegnavano ciascuno le proprie sfere d’influenza.

Una mappa coloniale del 1897 con le suddivisioni dell'Africa tra sfere d'influenza

Una mappa coloniale del 1897 con le suddivisioni dell’Africa tra sfere d’influenza (Wikimedia)

«Il concetto di sfera d’influenza si situa a metà tra quello di controllo diretto di un paese su un altro, che elimina la sovranità del paese che vi è sottoposto, e quello più lasco di sfera d’interesse, cioè dell’interesse generale di un paese su un altro, ma con un grado ridotto di controllo», dice Francesco Strazzari, professore di Relazioni internazionali alla Scuola Universitaria Superiore Sant’Anna. «L’istituzione di una sfera d’influenza preserva la sovranità del paese che ne è sottoposto, ma vincola al controllo della grande potenza due elementi: gli interessi commerciali e la condotta della politica estera, dunque l’allineamento internazionale».

In pratica, quando un paese stabilisce la propria sfera d’influenza su un altro (generalmente è un paese grande e ricco a farlo nei confronti di un paese più piccolo) tende a controllarne principalmente due aspetti: la politica estera, cioè le alleanze internazionali, e la politica commerciale, cioè i grossi contratti, gli investimenti esteri, le esportazioni e così via. Secondo Strazzari, inoltre, questo controllo di un paese grande su un paese piccolo è esclusivo: un paese sottoposto alla sfera d’influenza di un altro non può entrare in alleanze politiche e commerciali contrarie all’interesse del paese più grande.

Solitamente, quando si parla di “stabilire una sfera d’influenza” non si parla quasi mai di imposizioni esplicite. Dalla fine dell’epoca coloniale, quasi nessun paese grande ha ammesso di aver stabilito una propria sfera di influenza su altri, e nessun paese piccolo ha ammesso di essere sottoposto alla sfera d’influenza di qualcun altro. Anche per questo, è abbastanza complicato capire in quale grado un paese sia sotto l’influenza di un altro, perché l’esercizio di questa influenza si basa su trattati commerciali, alleanze diplomatiche e militari, relazioni tra i leader e così via.

Proviamo a fare un esempio pratico.

Secondo Strazzari, un ipotetico paese grande e ricco che volesse stabilire la propria sfera d’influenza su un altro dovrebbe agire anzitutto sui rapporti militari: firmare trattati di mutua difesa, stabilire basi militari e così via. Poi si dovrebbe occupare di orientare il commercio estero del paese soggetto, con trattati commerciali che stabiliscano clausole di apertura reciproca dei commerci ma che al tempo stesso mantengano un rapporto economico privilegiato, con tariffe e barriere verso l’esterno.

Infine, dovrebbe mettere in atto forti condizionamenti sulla politica interna dell’altro paese, e sostenere i partiti e i leader politici favorevoli a mantenere l’alleanza con l’egemone. In questi anni è per esempio quello che ha provato a fare la Cina con Taiwan, sostenendo in tutti i modi il partito filocinese Kuomintang, che tuttavia ha perso le ultime elezioni a gennaio. Questi condizionamenti politici devono poi concretizzarsi nella politica estera: «Nelle sedi internazionali un paese nella tua sfera d’influenza deve votare come te, deve essere un secondo voto a tua disposizione».

Questa è, più o meno, la teoria delle sfere d’influenza. Come vedremo, però, la sua applicazione pratica – e anche la sua legittimità teorica – è stata duramente messa in discussione, soprattutto negli ultimi decenni.

Guerra calda e fredda
Il momento di massimo successo ed espansione delle logiche delle sfere d’influenza fu alla fine della Seconda guerra mondiale, quando i paesi vincitori cercarono di spartirsi fra loro l’influenza sul continente europeo, e in alcuni casi sul mondo intero.

Un episodio noto e decisamente esplicito fu l’accordo stretto nell’ottobre del 1944 fra il primo ministro britannico Winston Churchill e il leader sovietico Josif Stalin. I due, incontrandosi a Mosca sul finire della Seconda guerra mondiale, decisero a tavolino come dividere l’Europa dell’est tra la sfera d’influenza dell’Occidente e quella dell’Unione Sovietica. L’accordo fu del tutto informale e, come Churchill scrisse in seguito nelle sue memorie, fu scritto da Churchill stesso su un foglietto di carta, su cui si leggeva che, per esempio, in Grecia la potenza predominante sarebbe stato l’Occidente per il 90 per cento, e l’Unione Sovietica per il 10 per cento. In Romania l’Unione Sovietica avrebbe avuto tra il 90 e il 100 per cento, e l’Occidente tra il 10 e lo zero per cento. La Jugoslavia sarebbe stata divisa metà e metà.

Queste percentuali non indicavano un controllo diretto sul territorio, ma il livello (difficile in realtà da misurare) di influenza e controllo indiretto che ciascuna potenza avrebbe avuto sui vari paesi.

Una copia dell'accordo tra Churchill e Stalin (Wikimedia)

Una copia dell’accordo tra Churchill e Stalin (Wikimedia)

Questo piano in realtà ebbe un’applicazione soltanto parziale, sia perché mancava l’approvazione del presidente americano Franklin Delano Roosevelt sia perché la sua applicazione sul campo si rivelò spesso infattibile: per esempio, durante la Guerra fredda la Jugoslavia si mantenne indipendente da tutte le sfere d’influenza, anziché stare a metà come avrebbero voluto Churchill e Stalin.

Le sfere d’influenza oggi
Con la fine della Guerra fredda e il crollo dell’Unione Sovietica, il concetto di sfera d’influenza subì forti cambiamenti. In Occidente la fine della competizione con l’Unione Sovietica convinse molti leader che le sfere d’influenza fossero ormai obsolete. Nel 2008 Condoleezza Rice, la segretaria di Stato durante la presidenza di George W. Bush (2001–2009), disse in riferimento all’imperialismo della Russia di Vladimir Putin che l’idea di stabilire una sfera d’influenza era «arcaica». In seguito John Kerry, che fu il segretario di Stato di Barack Obama, disse che «l’era della dottrina Monroe è finita». Anche il Consiglio Europeo sostiene che «la nozione delle “sfere d’influenza” non ha posto nel Ventunesimo secolo».

Questo non significa che gli Stati Uniti e l’Unione Europea non abbiano interessi internazionali e non siano decisi a perseguirli, anche in maniera assertiva (soprattutto per quanto riguarda gli Stati Uniti). Il punto è che, soprattutto secondo i paesi occidentali, il concetto di sfera d’influenza non si adatta più al mondo degli ultimi decenni, dove la globalizzazione ha reso più fluidi e interdipendenti i rapporti tra paesi e ormai è quasi impossibile anche per le potenze maggiori mantenere sotto il loro controllo stati più piccoli.

In zone del mondo che un tempo erano contese tra le grandi potenze, come l’America Latina e l’Africa, oggi capita piuttosto di frequente che siano gli stati latinoamericani e africani a esplorare diverse forme di allineamento, cercare alleanze economiche e militari variegate e rifiutare – o accettare, a seconda delle convenienze – i tentativi di ingerenza esterna.

Altri paesi invece sono ancora molto legati alle vecchie concezioni. Uno di questi è la Russia di Vladimir Putin, che continua a considerare i paesi dell’ex Unione Sovietica – e in maniera più estesa quelli dell’ex Patto di Varsavia – come parte della propria sfera d’influenza. Putin non parla mai esplicitamente di sfere d’influenza, ma ha fatto capire molto chiaramente e in più di un documento che ritiene i paesi ex sovietici come di pertinenza esclusiva della Russia.

Sfere obsolete
Queste diverse interpretazioni delle sfere d’influenza sono discusse anche tra gli esperti. Benché la teoria delle sfere d’influenza sia ancora ritenuta uno strumento di lettura utile (se non altro perché ci sono ancora importanti leader mondiali, come Vladimir Putin, che la utilizzano per guidare le proprie azioni), c’è la tendenza a inquadrarla come una parte – e forse nemmeno la principale – di un discorso più ampio.

«Quella delle sfere d’influenza è solo una narrazione del mondo, che intende la politica internazionale esclusivamente come una competizione tra stati», dice Strazzari. Anche per questo, a livello teorico parlano di sfere d’influenza soprattutto gli analisti e gli studiosi più vicini alla geopolitica, quella specifica teoria che interpreta la politica internazionale come una competizione tra stati basata su variabili soprattutto geografiche: la geopolitica vede il mondo come una grande mappa in cui gli stati devono espandersi l’uno alle spese dell’altro.

«Le sfere d’influenza appiattiscono il mondo a una dinamica di competizione tra nazioni, tralasciando moltissimi elementi importanti: le alleanze paritarie tra paesi, la società civile, gli orientamenti politici. Appartengono a una visione riduzionista del mondo», dice Strazzari.