Sulle spiagge di Castel Volturno sta finendo la sabbia

Il litorale casertano soffre di un annoso problema di erosione che ha fatto arrivare il mare fino alle case, e che nessuno sta davvero risolvendo

di Angelo Mastrandrea

Castel Volturno, 2017 (Dmitry Kostyukov/The New York Times/Redux)
Castel Volturno, 2017 (Dmitry Kostyukov/The New York Times/Redux)
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Marina di Ischitella è una frazione di Castel Volturno, una cittadina di 30mila abitanti a nord di Napoli. In questo periodo dell’anno i lidi privati si preparano a riaprire dopo la chiusura invernale. I titolari e i dipendenti sistemano chioschi e gazebo, montano pedane e cabine, riaprono bagni e docce, puliscono la spiaggia, ripianano la sabbia e contano quante file di ombrelloni, lettini e sdraio entreranno. Antonio Cecoro, titolare del “lido delle Sirene”, dice che, mantenendo una distanza di cinque metri tra un ombrellone e l’altro e la battigia libera, quest’anno non saranno più di tre, una in meno dell’anno scorso perché la spiaggia è arretrata di qualche metro. Fino a qualche anno fa riusciva a metterne sette.

Il lido delle Sirene a Marina di Ischitella (Angelo Mastrandrea/il Post)

Come la gran parte dei balneari a Marina di Ischitella, Cecoro gestisce il lido che la famiglia ha in concessione da cinquant’anni. Rispetto all’inizio la spiaggia si è ritirata almeno di ottanta metri. Ora ne rimane ancora qualche decina di metri, e Cecoro sta provando a rallentare l’avanzata del mare. Alla fine dell’autunno ha messo delle protezioni in legno, ha tirato su la sabbia e l’ha ammucchiata lontano dalla battigia per evitare che venga portata via dalle mareggiate. Quando è arrivata la primavera l’ha riportata al suo posto, livellata e spinta verso il mare per cercare di riformare qualche metro di battigia. Dice che se la spiaggia dovesse continuare ad arretrare sarà costretto a chiudere lo stabilimento perché non sarebbe più redditizio.

Poco più avanti, al lido “La Selvetta”, Antonio Pagano sta aggiustando i danni di una mareggiata che ha sfondato le barriere di legno piantate a protezione della struttura, e ha allagato il piazzale di cemento costruito tra l’ingresso dello stabilimento e la pineta che si trova più indietro. I suoi genitori presero in concessione il lido cinquantadue anni fa e lui è cresciuto su questa spiaggia. «Quando ero ragazzino, le palizzate servivano a proteggerci dalla sabbia, ora invece le mettiamo per contenere l’avanzata del mare», dice. Anche lui ha il problema degli ombrelloni da sistemare su una spiaggia che si restringe sempre di più. Racconta che in passato riusciva a piazzare anche nove file di ombrelloni, ma quest’anno riuscirà a metterne appena due.

Antonio Pagano, titolare del lido La Selvetta a Marina di Ischitella, mostra i danni delle mareggiate e indica dove è arrivata l’acqua (Angelo Mastrandrea/il Post)

Secondo un rapporto dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), in Italia 841 chilometri di costa sono «in erosione». Vuol dire che vengono lentamente consumati dall’aumento del livello del mare, che per gli esperti è provocato dall’espansione termica dell’acqua dovuta all’aumento delle temperature medie e dallo scioglimento dei ghiacciai, e da attività umane come l’estrazione di sabbia negli alvei dei fiumi, la costruzione di dighe, di porti e di opere di difesa costiera come moli e scogliere frangiflutti che bloccano i sedimenti. La Campania è una delle regioni ritenute più a rischio. Su 224 chilometri di spiagge, secondo Legambiente 46 sono «in erosione». Buona parte di queste si trovano sul litorale casertano, in particolare a Castel Volturno, che ha 25 chilometri di costa bassa e sabbiosa. Qui, nel giro di cinquant’anni il mare è avanzato in alcuni punti fino a 700 metri, stravolgendo la geografia dei luoghi.

La spiaggia davanti a Pinetamare, 2016 © Mauro Pagnano

I concessionari dei lidi di Marina di Ischitella sostengono che l’arretramento delle spiagge sia stato provocato anche dagli abusi edilizi, e non solo dai cambiamenti climatici. Le dune che caratterizzavano questo tratto di costa e dividevano la spiaggia dalla pineta sono scomparse o sono state cancellate per costruire strade, parcheggi, ristoranti, lidi in muratura e interi quartieri di palazzine e villette. «La sabbia non c’è più perché è stata utilizzata per costruire le case abusive e in più sono stati cementificati gli alvei dei fiumi, dove si depositavano i sedimenti», dice Cecoro, che è un architetto ed è anche il presidente nazionale di Assodemaniali, un’associazione di rappresentanza dei balneari. A suo parere, «la spiaggia di Marina di Ischitella ha cominciato ad arretrare da quando, nel 1968, è cominciata la costruzione del porto turistico davanti al Villaggio Coppola», qualche chilometro più a nord prima della foce del fiume Volturno.

Alla metà degli anni Sessanta i fratelli Cristoforo e Vincenzo Coppola, due costruttori di Casal di Principe, decisero di edificare lungo cinque chilometri di costa un nuovo quartiere per quattromila abitanti chiamato Pinetamare. Fu pubblicizzato come una “città giardino” destinata alla borghesia napoletana, con tremila appartamenti in palazzine di tre piani, e otto torri da dodici piani ciascuna che furono affittate ai militari statunitensi della vicina base NATO, scuole elementari, medie e superiori, caserme di carabinieri e polizia, discoteche, negozi, la darsena e il porto turistico, appunto. Nel 2006, un articolo scientifico pubblicato sulla rivista Studi costieri diceva che «a seguito della realizzazione del porticciolo turistico di Pinetamare, il regime idrodinamico del settore viene completamente sconvolto» e che «le spiagge a sud-est del molo entrano rapidamente in crisi erosiva, con una perdita di arenile valutabile in 20mila metri quadrati tra il 1974 e il 1977».

Nel giro di pochi anni, il nuovo quartiere crebbe da 3mila a 12mila abitazioni e la popolazione passò da 4mila a 15mila abitanti. Alla fine degli anni Settanta, per proteggere dall’avanzata del mare le abitazioni più vicine alla riva, lungo due chilometri di costa furono costruiti 14 pennelli, cioè strutture in calcestruzzo e pietrisco trasversali alla linea di riva. Le «opere di difesa» bloccarono effettivamente l’erosione nella zona di Pinetamare, ma provocarono una «profonda crisi erosiva nel territorio di Ischitella», si legge ancora su Studi costieri.

«Da queste parti la sabbia vale più dell’acqua», dice Carlo Donadio, professore di geologia all’università Federico II di Napoli, incaricato dalla Regione Campania di preparare un disciplinare, cioè un complesso di regole di condotta da seguire per frenare l’erosione costiera. Una di queste prevede che la sabbia non vada tirata su alla fine dell’estate. «Purtroppo, cercando di preservarla in vista della stagione successiva, i balneari contribuiscono ad accelerare in maniera inconsapevole la distruzione delle spiagge», spiega.

Le linee guida del “Tavolo nazionale sull’erosione costiera”, un organo composto dal ministero dell’Ambiente, dalla Regione e dall’ISPRA, già prevedono una serie di misure per non disperdere la sabbia e proteggere la spiaggia, ma spesso non vengono rispettate. Il problema è che il mare avanza, la sabbia portata via dalle mareggiate non viene rimpiazzata perché gli alvei dei fiumi da cui dovrebbe arrivare sono stati cementificati, le due dighe sui fiumi Garigliano e Volturno trattengono i sedimenti (che invece di essere utilizzati per le spiagge vengono rivenduti per l’edilizia), e i balneari sono costretti a comprarla a prezzi alti per mescolarla alla poca rimasta. La prendono soprattutto dalle cave e a ogni inizio stagione il trasporto forzato gli costa decine di migliaia di euro. Per questo provano a salvarne la maggior quantità possibile spianando le spiagge a fine stagione e rimettendola a posto qualche mese dopo.

A Bagnara di Castel Volturno invece, all’estremo nord della costa, un intero quartiere di villette costruite senza pianificazione edilizia e spesso su terreno demaniale è stato sommerso o distrutto dalle mareggiate. Alcune di queste erano anche a mezzo chilometro dal mare e ora si trovano a pochi metri, semidistrutte dalle mareggiate e abbandonate. Quando c’è la bassa marea, dall’acqua spuntano pilastri in cemento armato e altri pezzi di abitazioni. Il comune di Castel Volturno ha vietato la balneazione in un tratto di circa 400 metri, dove ci sono le case diroccate sulla spiaggia, ma i residenti raccontano che d’estate la battigia si riempie ugualmente e le persone si riparano dal sole all’ombra degli edifici cadenti e corrosi dalla salsedine.

La spiaggia della Bagnara, 2016 © Mauro Pagnano

La spiaggia della Bagnara, 2016 © Mauro Pagnano

L’associazione “Bagnara che vive” lo ha definito «un caso emblematico» di erosione costiera, perché nonostante in trent’anni il mare sia avanzato di diverse centinaia di metri l’area non è mai stata protetta da barriere artificiali.

I 500 cittadini associati in un gruppo Facebook dedicato protestano perché la Regione Campania, nel 2021, ha stanziato un milione e 300mila euro per la costruzione di «opere di difesa» a Marina di Ischitella, più a sud, e non ha tenuto in considerazione la situazione di Bagnara. Undici concessionari di lidi hanno costituito un consorzio per chiedere al governo e alla Regione di intervenire. A guidarli è Marcello Giocondo, che è anche il presidente campano del Sindacato italiano balneari. Giocondo gestisce il “Cristall beach club”, un lido di 30mila metri quadrati con due piscine e altrettanti bar e ristoranti. Sostiene che la Regione potrebbe usare una parte della tassa addizionale sulle concessioni dei lidi per limitare l’erosione costiera.

A febbraio del 2018 il ministro dell’Interno Marco Minniti, il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca e il sindaco di centrosinistra di Castel Volturno Dimitri Russo firmarono un accordo che prevedeva di stanziare otto milioni di euro per arginare l’erosione costiera a Castel Volturno. Non risulta che l’accordo sia mai stato applicato: secondo l’architetto Cecoro l’ultima opera per contenere l’erosione, una scogliera a sud di Marina di Ischitella, venne fatta nel 2014.

Il 21 maggio del 2019 è stata depositata alla Camera una proposta di legge per Castel Volturno da Giorgia Meloni e da Francesco Lollobrigida, quando erano agguerriti esponenti dell’opposizione con Fratelli d’Italia. Oggi sono rispettivamente presidente del Consiglio e ministro dell’Agricoltura. Su quattro articoli, due si occupano di «sicurezza» e «stranieri risiedenti illegalmente nel territorio», uno dimezza il canone di concessione per i balneari e un altro prevede la bonifica dei Regi Lagni, una rete di canali artificiali costruiti a partire dal Seicento e usati anche per l’irrigazione. Presentandolo alla Camera, i promotori parlarono di «mafia nigeriana», di «altissimo rischio di terrorismo islamico», di presunti «riti voodoo» e persino di «cannibalismo», ma non menzionarono neppure la questione dell’erosione costiera.

Il 29 marzo scorso l’Autorità di bacino dell’Appennino meridionale ha chiesto alla Regione la Valutazione d’impatto ambientale (VIA, un’autorizzazione amministrativa che valuta gli effetti sull’ambiente, sul paesaggio e sul patrimonio culturale di un’infrastruttura) per alcuni interventi di «mitigazione del rischio idro-geologico» a Castel Volturno, per una spesa di dieci milioni di euro. Secondo il geologo Carlo Donadio, basterebbe portare sul litorale la sabbia dei fiumi Garigliano e Volturno che rimane bloccata nelle quattro dighe che si trovano lungo il percorso. A suo parere, se si facesse così le spiagge di Castel Volturno «rifiorirebbero».