Otto anni dopo il terremoto si sono sbloccati i lavori per ricostruire il centro storico di Amatrice

Nei prossimi giorni partirà il cantiere per ricostruire palazzo D'Antoni che darà il via a molte altre opere pubbliche e private finora bloccate

Case distrutte dal terremoto nel centro storico di Amatrice, nel 2016
Case distrutte dal terremoto nel centro storico di Amatrice, nel 2016 (AP Photo/Gregorio Borgia)
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Il 1° marzo sono iniziati i lavori per la ricostruzione di palazzo D’Antoni ad Amatrice, in provincia di Rieti, dove il 24 agosto del 2016 un terremoto di magnitudo 6 distrusse quasi tutto il paese e causò la morte di 299 persone. Nel crollo di palazzo D’Antoni morirono 7 persone, tra cui una ragazza di 14 anni: finora le macerie erano rimaste sotto sequestro per via dell’inchiesta aperta dalla procura. L’inizio dei lavori a palazzo D’Antoni era atteso perché considerato simbolicamente l’avvio delle grandi opere di ricostruzione nel centro storico del paese, dopo anni di problemi dovuti all’incertezza legata ai fondi e alla burocrazia.

Il 24 agosto del 2016 nelle montagne tra Umbria, Marche e Lazio ci furono 1.820 scosse di terremoto, di cui uno di magnitudo 6, alle 3:36, e 11 tra magnitudo 4 e 5. Oltre ad Amatrice, i paesi più colpiti furono Arquata del Tronto, nelle Marche, e Accumoli sempre nel Lazio. L’area più colpita dal terremoto fu chiamata «cratere» per via dei gravissimi danni alle costruzioni. La maggior parte delle case venne distrutta. Crollarono palazzi, scuole, chiese. Per giorni i vigili del fuoco e i volontari della Protezione civile arrivati da altre regioni italiane cercarono persone disperse sotto le macerie.

In totale morirono 299 persone: 237 ad Amatrice, 51 ad Arquata del Tronto (quasi tutte nella frazione di Pescara del Tronto) e 11 ad Accumoli. Gli sfollati furono 41mila. In poco tempo vennero costruite le SAE, Soluzioni abitative in emergenza, le abitazioni provvisorie antisismiche prefabbricate per ospitare gli abitanti fino alla conclusione della ricostruzione.

In molte zone del paese, fuori dal centro storico, i lavori di ricostruzione erano iniziati due anni dopo il terremoto ed erano stati portati avanti con lentezza, tra molte interruzioni. I problemi erano dovuti in parte alla mancanza di fondi, in parte agli intoppi burocratici dovuti al gran numero di pratiche gestite da due soli uffici. Nel centro storico di Amatrice invece i lavori non erano mai del tutto partiti anche a causa delle difficoltà di rimuovere tonnellate di macerie. Il sequestro imposto dai magistrati per accertare eventuali responsabilità, poi, aveva reso tutto ulteriormente più complicato.

La scorsa settimana l’ufficio per la ricostruzione della Regione Lazio ha pubblicato l’ordinanza di dissequestro di palazzo D’Antoni. Sono state scelte le discariche dove portare le macerie e sono iniziati i lavori per rimuoverle. Dopo partirà la fase della progettazione.

Grazie allo sblocco degli interventi su palazzo D’Antoni potranno iniziare i lavori anche in molte altre zone del centro storico. L’assessora regionale ai Lavori pubblici e alle Politiche di ricostruzione, Manuela Rinaldi, l’ha definito un “super cantiere”: «Con la rimozione di queste macerie, che dovrebbe concludersi nel giro di pochi giorni, consentiremo la partenza del super cantiere, un ambizioso progetto portato avanti dal lavoro sinergico tra il comune di Amatrice e il commissario straordinario al Sisma 2016, che permetterà la contemporanea cantierizzazione di diversi interventi di ricostruzione pubblica e privata». Nelle prossime settimane, secondo le previsioni di Rinaldi, saranno rimosse anche le macerie della chiesa di San Giovanni, sempre nel centro storico. Prima serve il parere positivo della Soprintendenza del ministero della Cultura.

Fino all’agosto dello scorso anno era stato ricostruito solo il 30 per cento delle case e delle opere pubbliche in tutto il resto del paese. Anche se diverse case sono state ricostruite, molte persone preferiscono rimanere nelle case prefabbricate d’emergenza. In quasi sei anni nei villaggi composti dalle case prefabbricate si sono costituite nuove comunità, e molti non considerano più temporanee quelle abitazioni. Molte persone non vogliono tornare anche per paura delle case in muratura. «Purtroppo, a 7 anni dal terremoto la ricostruzione è ancora incompiuta. È una ferita che non si è chiusa e fa ancora male», disse nell’agosto dello scorso anno la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. «Oltre 14mila famiglie vivono tuttora lontane dalle loro case, molti territori faticano a tornare alla normalità, diversi i ritardi da colmare e le criticità che rimangono da affrontare. Il governo sta operando per imprimere un cambio di passo, dalle norme ai cantieri».

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