La biblioteca ermetica di Rota e Verginelli

«Davanti alla loro collezione di libri, i miei occhi si perdevano in un tripudio di illustrazioni e dettagli visivi: simboli da interpretare, raggi che si diramano, bocche che invitano al silenzio, occhi, triangoli, cuori alati, serpenti, cerchi magici e geometrie sacre, a simboleggiare, a seconda dei casi, immortalità, sapienza, umiltà, desiderio di conoscenza; e poi ancora calcoli numerici e diagrammi, arditi e complessissimi, come a voler fermare l’inafferrabile, su carta, almeno per un momento»

(foto Livia Satriano, Fondo Myriam. Biblioteca “Giorgio Petrocchi”, Università Roma Tre)
(foto Livia Satriano, Fondo Myriam. Biblioteca “Giorgio Petrocchi”, Università Roma Tre)
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«Tutte le storie sono storie d’amore», scriveva qualcuno in un incipit molto bello di un po’ di anni fa. Ed è di una storia d’amore che voglio parlarvi, o meglio, di due. Di amore per i libri, che creano connessioni, e di amore per le persone che incontriamo e con cui nascono legami. Il primo tipo di amore, quello per i libri, mi ha spinto ad andare a Roma, una mattina di inizio gennaio. Avevo letto su internet la storia di una collezione di libri appartenuti al compositore Nino Rota. Avevo scoperto l’articolo in una di quelle ricerche notturne senza meta che sembrano non finire mai. Non ricordo bene come fossi finita sull’argomento, ma non era la prima volta che i libri mi chiamavano a sé.

Da sette anni curo una pagina in cui provo a raccontare la cultura libraria e tutto ciò che a essa sta intorno, che spesso prescinde dal contenuto: le copertine e le immagini, le storie di chi i libri li ha pubblicati o raccolti. I libri contengono molte più informazioni di quelle che racchiudono fra le pagine, storie invisibili che riguardano la memoria e il vissuto di chi quei volumi li ha letti, amati, conservati. Scoprire e condividere queste storie è diventata un po’ la mia ossessione.

Ho sentito subito che la vicenda dei libri di Nino Rota mi riguardava. Se della sua vita si può non essere del tutto a conoscenza, sembra impossibile non aver ascoltato almeno una volta una delle sue melodie: la marcetta di o il leitmotiv di Amarcord, il valzer del Gattopardo o il tema del Padrino. Nino Rota, che nacque a Milano il 3 dicembre 1911 e morì a Roma il 10 aprile 1979, quarantacinque anni fa, ha composto alcune fra le più belle colonne sonore della storia del cinema ed è autore di quasi tutte le musiche dei film di Fellini. Le sue note appartengono al nostro immaginario, assomigliano a ricordi che abbiamo sempre avuto, nostalgie di infiniti vissuti e non vissuti.

Del secondo tipo di amore, quello per le persone, mi arriva una testimonianza quando cercando online mi imbatto in questa frase: «Stavamo sempre insieme. Libri e musica. Musica e libri». A scriverla è Vincenzo “Vinci” Verginelli, uomo di lettere e professore del liceo Virgilio di Roma. Appunta queste parole in ricordo di Rota nell’introduzione di un volume molto particolare: Bibliotheca Hermetica. Catalogo alquanto ragionato della raccolta Verginelli-Rota di antichi testi ermetici. Verginelli è stato l’amico fraterno di Nino Rota, si erano conosciuti nel 1939 a Bari, dove Rota insegnava al Conservatorio. Entrambi condividevano gli antichi ideali della filosofia ermetica e una passione bibliofila che li spinse a ricercare e acquisire insieme sempre nuovi libri.

La collezione è comune, di Rota e Verginelli. La sua storia riguarda anche la loro amicizia e le cose in cui hanno creduto, quello che si sono dati e che hanno dato agli altri. La prima parte della loro biblioteca, come documenta il catalogo, è stata donata all’Accademia dei Lincei, dove è ancora conservata. Una seconda parte, più “moderna”, è stata invece data da Verginelli al Circolo ermetico Virgiliano di Roma, di cui sia lui che Rota erano membri. Una ventina d’anni fa il fondo è passato alla Biblioteca “Giorgio Petrocchi” dell’Università Roma Tre, dove dopo una lunga e complessa opera di catalogazione e di restauro è ora disponibile per la consultazione.

È qui che la storia dei libri della collezione Verginelli-Rota si ricollega alla mia, e a quel viaggio fatto a Roma una mattina di inizio gennaio.

(foto Livia Satriano, Fondo Myriam. Biblioteca “Giorgio Petrocchi”, Università Roma Tre)

Da dove arriva la passione di Vinci Verginelli e Nino Rota per l’esoterismo e il mondo dell’occulto? Nei primi anni Venti del secolo scorso Verginelli, pugliese e giovanissimo, era entrato in contatto con la dottrina di Giuliano Kremmerz, pseudonimo di Ciro Formisano, esoterista originario di Portici e fondatore di una corrente di pensiero ermetico. Il suo percorso iniziatico comincia dall’idea di raccogliere libri sull’argomento.

A distanza di molti chilometri, a Milano, più o meno negli stessi anni, i libri affascinano anche il giovane Nino Rota che, per interesse e cultura familiare, ne era circondato. Rimasto orfano di padre, Rota era molto legato alla madre Ernesta Rinaldi, pianista e figlia d’arte a sua volta, una donna di profonda cultura e vaste letture. C’è un’immagine molto bella che Ernesta tramanda del piccolo Nino, enfant prodige celebrato come «nuovo Mozart» dalle pagine dei giornali francesi, dopo essersi esibito oltralpe con il suo primo oratorio composto a undici anni. È un’immagine in cui lo vediamo ritratto nella sua quotidianità casalinga, sdraiato su un tappeto e circondato dai libri. Nino infatti trascorreva, come rapito, ore e ore sul tappeto fra tomi ed enciclopedie, senza mai stancarsi di leggere e osservare le figure di quei volumi così grandi che, alle volte, parevano sovrastarlo.

Nino Rota bambino prodigio in due giornali dell’epoca (gallica.bnf.fr/BnF)

Che siano state le letture della biblioteca materna a indirizzarlo verso nuovi e diversi orizzonti? Fra i tanti titoli della sua collezione, infatti, figurano anche un libro di iniziazione alla dottrina buddista e un manuale di chiromanzia appartenuti proprio alla madre Ernesta. Non possiamo esserne certi, ma è sicuro che una figura “guida” in questo senso sia stato per Rota il professore Michele Cianciulli, insegnante di filosofia, antifascista e massone del Grande Oriente d’Italia, che lo preparò negli studi per l’esame di maturità. Cianciulli stimolò in Rota la curiosità verso i mondi e le dottrine esoteriche e, in seguito, gli lasciò in eredità tutti i suoi libri, confluiti poi in parte anche all’interno della collezione Verginelli-Rota.

I libri della collezione, che ho avuto modo di visitare quel mattino di gennaio, sono circa 2.500 e per la maggior parte in italiano. Hanno tutti una targhetta con la dicitura MYR, da Myriam, nome del fondo e omaggio alla Fratellanza di Myriam, associazione di «volontà umane votate al bene dell’umanità» fondata da Kremmerz, “maestro” di Verginelli e Rota. Raccontarli tutti sarebbe operazione pressoché impossibile, ma proverò brevemente a dare un’idea dei libri che ho visto.

(foto Livia Satriano, Fondo Myriam. Biblioteca “Giorgio Petrocchi”, Università Roma Tre)

Nel fondo di Rota ci sono naturalmente molti nomi di spicco del panorama esoterico di fine Ottocento e inizio Novecento come Helena Petrovna Blavatsky, fondatrice della Società Teosofica, o Charles W. Leadbeater e Annie Besant, anch’essi teosofi. Ci sono i libri e la visione del mondo di Rudolf Steiner, l’iniziatore dell’antroposofia, e le riflessioni di autori come René Guénon, guidati invece dalla volontà di gettare un ponte tra pensiero orientale e occidentale, o ancora l’interessamento e le incursioni nello spiritualismo di Carl Gustav Jung. Non mancano ovviamente i testi dei padri dell’occultismo moderno come Eliphas Lévi, Aleister Crowley, Papus, e un’attenzione particolare verso la dottrina ermetica attraverso testi che diffondono gli insegnamenti della scuola di Kremmerz.

Temi come l’alchimia e la magia sono molto presenti. Ci sono poi i romanzi dell’astronomo francese Camille Flammarion, fratello del fondatore delle celebri Éditions, e i libri del parapsicologo italiano Ernesto Bozzano, che indagava e scriveva sulle manifestazioni “supernormali”. Ci sono testi che ragionano sulla musica e sulle arti, da un punto di vista più spirituale, evidentemente utili al Rota musicista.

Ci sono ancora testi classici della tradizione filosofica orientale, libri di grandi mistici come Georges Ivanovič Gurdjieff o Jiddu Krishnamurti. La collezione è eclettica e sincretica, aperta alle possibilità, proprio come ci si aspetterebbe da una collezione di volumi esoterici. Sugli stessi scaffali convivono testi di filosofia cristiana ed ebraica, volumi sull’islam, il sufismo, il buddhismo. Ci sono libri sulla cabala, libri sullo spiritismo, manuali di astrologia e sulla pratica yoga, testi di metafisica e di medicina alternativa. Non possono mancare i libri di Astrolabio, casa editrice romana a cui va il merito di aver portato in Italia, già a partire dagli anni ’40 del secolo scorso, testi classici delle religioni e filosofie orientali, o i libri delle Edizioni Mediterranee, dal 1953 prima casa editrice indipendente italiana dedicata all’esoterismo e alle scienze occulte. Ci sono testi stampati dai milanesi Fratelli Bocca, interessati tanto alla teosofia quanto in generale al mondo del mistero e del soprannaturale. Mi ha molto incuriosito poi la presenza di tutta una serie di piccoli editori “di settore”, dai nomi evocativi e molto pertinenti, come le Edizioni Prometeo di Firenze, in omaggio al personaggio simbolo della ricerca della conoscenza o le Edizioni Icaro, dove il volo mitologico diventa qui paradigma del viaggio iniziatico.

(foto Livia Satriano, Fondo Myriam. Biblioteca “Giorgio Petrocchi”, Università Roma Tre)

E poi, ancora e soprattutto, i miei occhi si perdevano in un tripudio di illustrazioni e dettagli visivi: simboli da interpretare, raggi che si diramano, bocche che invitano al silenzio, occhi, triangoli, cuori alati, serpenti, cerchi magici e geometrie sacre, a simboleggiare, a seconda dei casi, immortalità, sapienza, umiltà, desiderio di conoscenza; e poi ancora calcoli numerici e diagrammi, arditi e complessissimi, come a voler fermare l’inafferrabile, su carta, almeno per un momento.

L’ermetismo, che impregna lo spirito della collezione Verginelli-Rota, è una filosofia che crede in una conoscenza “nascosta” e invita a indagarla per elevarsi in un percorso di crescita spirituale fino a scoprire le sottili corrispondenze che legano fra loro tutte le parti dell’universo, il visibile all’invisibile. Lo studio e la curiositas sono perciò requisiti fondamentali. Improvvisamente mi pareva chiaro come quegli stimoli potessero avere in qualche modo influito sulla personalità e sul pensiero creativo dell’autore di colonne sonore così delicate e ipnotiche. Per tutto il viaggio di ritorno verso casa, ho continuato a pensare a quello che avevo visto e di cui avrei voluto sapere e conoscere di più.

(foto Livia Satriano, Fondo Myriam. Biblioteca “Giorgio Petrocchi”, Università Roma Tre)

L’amico Fellini, con affetto, ricordava Rota sempre mite, gentile e sorridente e come «avvolto da un’atmosfera magica, irreale». Gli pareva di vedere «quell’omino che cercava di uscire da porte che non c’erano, e che poteva realmente uscire anche da una finestra, come una farfalla». Familiare e immediata, ma anche imprevedibile come quell’omino, la musica di Rota procede per moduli sempre diversi come a inseguire qualcosa che è forse sotto gli occhi, ma che può essere colto solo in alcune circostanze. Rota, sempre secondo Fellini, era dotato di «una visione musicale da sfere celesti» e non aveva bisogno di vedere le immagini dei film per comporre. Aveva sempre la soluzione giusta, tenendo le fila di tutto con la grazia e la sapienza del vero mago e con sempre ben chiara in mente la sua missione: donare «un momento di felicità» a chi ascolta. Mi è sembrato che la sua visione “spirituale” della musica dialogasse meravigliosamente con la collezione di libri che ho visitato.

Se mi sono recata a Roma quel venerdì di inizio gennaio forse è anche perché in quel periodo mi stavo chiedendo molte cose, riflettevo su quello che dobbiamo accettare che vada e su quello che invece resta, ciò che in fondo conta davvero. Fra le cose che restano ci sono alcuni oggetti e il significato che a essi attribuiamo, oggetti che amiamo, custodiamo, collezioniamo e che, come scriveva Borges in una poesia breve e suprema, ci sopravviveranno, «dureranno più in là del nostro oblio / Non sapran mai che ce ne siamo andati». È un’immagine che mi ha sempre colpito, questa delle cose che restano e che di noi recano traccia. I libri mi sembrano l’esempio perfetto di questa permanenza e del dialogo che continua a esistere.

Se sono qui che scrivo, nonostante non mi piaccia particolarmente scrivere, è per fare in modo che questo dialogo continui, o per illudermi che possa farlo, e per amore di una storia che ho voglia di condividere con più persone possibili. È anche questa una forma di amore? Credo di sì. Come amore è quello che ha spinto Rota e Verginelli a raccogliere i loro libri, e ancora amore è quello di chi li ha custoditi, li ha studiati, li ha letti, di chi alla collezione ha dedicato una piccola trattazione (e che ringrazio per gli spunti utili e preziosi), di chi mi ha accompagnato aprendomi le porte della biblioteca e disattivando gli allarmi per permettermi di vederli.

Non so molto dell’amore, forse non l’ho mai saputo, ma più i miei anni aumentano più è forte in me la consapevolezza che l’amore si esprima attraverso tante forme, che non sono necessariamente quelle che siamo abituati a riconoscere come tali. Una di queste è sicuramente la curiosità e un’altra è quello che di noi sappiamo donare agli altri, senza chiedere o aspettarci nulla in cambio. In entrambi i casi i libri, i nostri e quelli degli altri, si rivelano una risorsa e un esempio prezioso. E l’amore una forma di riconoscenza che gli tributiamo. Allora forse è vero che tutte le storie (di libri) sono in fondo storie d’amore.

Livia Satriano
Livia Satriano

Ricercatrice di immagini e divulgatrice di storie rare, curiose, dimenticate. Dal 2017 cura su Instagram il progetto "Libri Belli", dedicato alla riscoperta dell'editoria libraria italiana del Novecento. Ha pubblicato libri, ideato format, condotto talk. Non ama scrivere, ma proverà a contraddirsi in questa sede.

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