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  • Lunedì 26 febbraio 2024

Altrecose, i libri scelti dal Post

Che diventa editore, assieme all'editore con cui in questi anni ha già fatto "Cose spiegate bene"

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Ne abbiamo fatta un’altra, il Post e voialtri che lo leggete e sostenete. Da quest’anno diventiamo anche editori di libri: o quasi, nel senso che l’editore c’è ed è Iperborea, con cui da tre anni pubblichiamo con soddisfazioni e apprezzamenti Cose spiegate bene, la rivista del Post. Ma proprio grazie a queste soddisfazioni e apprezzamenti ci siamo fatti tentare dall’opportunità di pubblicare libri di giornalismo, di informazione, di divulgazione, di riflessione, che non siano solo scritti dal Post. Un “marchio editoriale”, si dice (o “imprint”): si chiama Altrecose e inizierà a portare libri in libreria dal 10 di aprile. Ma raccontiamolo dall’inizio, attraverso i diversi pensieri che ci hanno convinto di questo progetto.

Il Post esiste da quattordici anni e ha da tempo diversificato i formati e i contesti in cui portare la propria idea di giornalismo e spiegazione delle cose: intorno al sito il lavoro del Post raggiunge sempre più persone con Cose spiegate bene, con gli eventi pubblici di “live journalism”, con i podcast, con le newsletter, con le serie di lezioni. E in tutte queste occasioni – come è nella natura del giornalismo – il Post ha usato due approcci complementari, quello di produrre contenuti e produzioni proprie, coerenti con il proprio progetto di informazione, e quello di aggregare, ospitare, selezionare, contestualizzare, distribuire buon giornalismo proveniente da altre fonti, altri autori e autrici, altre testate. Con l’idea che l’impegno più prezioso, in questi tempi di affollamenti di notizie e di qualità discontinua delle notizie, sia produrre e selezionare informazioni e spiegazioni accurate e interessanti, dovunque nascano e a prescindere dai loro percorsi.
E anche sulla carta – letteralmente sulla carta – associare alle Cose spiegate bene del Post l’opportunità di pubblicare lavori giornalistici di qualità individuati fuori dal Post è un arricchimento speciale.

La presenza nelle librerie e la collaborazione con Iperborea hanno poi permesso al Post di raggiungere lettori nuovi e di imparare e incuriosirci molto in un settore sempre decisivo nella circolazione delle informazioni. Entrambe le cose sono molto promettenti e ci suggeriscono di proseguire l’esperienza ed estenderla con i libri di Altrecose.

Altrecose, come è nelle tradizioni del Post, non si dà particolari limiti, indirizzi, categorie. Non è un editore di “saggistica” e non è convinto di volersi collocare nella – pur più aderente – definizione anglofona di “non fiction”: ma la sua progettazione nasce dall’osservazione della grande e interessantissima produzione di questo genere nei mercati internazionali, solo assai parzialmente portata in Italia da altri eccellenti editori. Libri che raccontano la realtà, che spiegano il mondo, che fanno riflettere sulle cose che succedono o che ne fanno capire questo o quel pezzo. Giornalismo, alla fine, nelle varie accezioni del giornalismo. Tradurre e rendere disponibili al pubblico italiano i più interessanti e istruttivi libri di questo genere, e collaborare a dare maggior spazio a questo genere di conoscenza nella cultura italiana è stato l’incentivo iniziale del progetto e spiega la scelta dei primi cinque titoli che pubblicheremo nel 2024.

Un’altra cosa che il Post cerca di curare e migliorare sempre è la qualità, e la riuscita complessiva, delle cose che fa: su tutto abbiamo sempre da imparare, ma lavoriamo non solo sul giornalismo e sui contenuti ma anche sulla sua efficacia e sui contenitori. Che si tratti dei contenuti pubblicitari sul sito, del livello dei commenti, dell’organizzazione degli eventi, della soddisfazione degli abbonati, del design della app o dei podcast. Quando c’è bisogno ci facciamo aiutare da chi è più bravo di noi: è stato così con Iperborea e con lo studio Tomo Tomo per Cose spiegate bene, sarà così per Altrecose, disegnato dallo studio XXY.

E ora veniamo ai libri. Ci sarà modo di parlarne, uno per uno al momento delle uscite, ma è utile anticipare qualcosa sui primi tre – che usciranno rispettivamente all’inizio di aprile, di maggio, e di giugno – per dare un’idea del progetto con degli esempi.

Mostri, di Claire Dederer, è un libro che ha avuto grandi interessi e grandi attenzioni sia negli Stati Uniti – l’autrice vive a Seattle – che nel Regno Unito, dove è rimasto molto a lungo negli scaffali più visibili delle librerie nei mesi passati. È un libro sul “tormento dei fan”, come dice il sottotitolo, ovvero sull’attualissima questione del diverso giudizio che possiamo avere da una parte sulle opere letterarie o artistiche e dall’altra sui loro autori e autrici: e sulla convivenza di questi giudizi, con casi più noti e meno noti (Roman Polanski, su tutti), più recenti o più antichi, e con attenzioni ai più attuali dibattiti sul metoo e sulla cancel culture. Fu un articolo pubblicato sulla Paris Review che ebbe molte attenzioni, e l’autrice l’ha approfondito in un libro con molte esperienze e riflessioni personali – e una scrittura brillante e coinvolgente – e con molte ricostruzioni di storie e personaggi. Solo questa settimana Mostri ha vinto il premio della Christopher Isherwood Foundation.

Traffic è un libro che conoscono i lettori della newsletter del Post – Charlie – e tutti coloro che si sono incuriositi a cosa stia succedendo a giornali e giornalismo in questi decenni. Il suo autore – Ben Smith – è il più importante e considerato “media reporter” statunitense: da un anno dirige il sito Semafor che ha fondato raccogliendo grandi investimenti, prima ha avuto una rubrica fissa sul New York Times, è stato direttore di BuzzFeed News e ha partecipato all’ascesa del sito Politico. Il suo libro è un racconto delle trasformazioni nel giornalismo contemporaneo attraverso le storie e i conflitti tra i creatori dei più importanti tra questi progetti di news negli scorsi decenni: BuzzFeed, Gawker e lo HuffPost soprattutto.

L’Africa non è un paese è un libro che corrisponde molto alle inclinazioni del Post per mostrare la maggiore complessità di cose che trattiamo spesso superficialmente, e farne conoscere e capire di più (un articolo sullo stesso argomento era presente anche in un numero di Cose spiegate bene). È, ovvero, un libro sulle molte cose e storie e differenze che sono dentro al continente che abbiamo più vicino e che trattiamo spesso come un’unità, per ignoranza o peggio: scritto da un giornalista londinese di origine nigeriana (e nato a Chicago), Dipo Faloyin, e recensito con curiosità da diverse testate angloamericane al momento della sua prima pubblicazione.

Non possiamo concludere questa prima presentazione senza ricordare ancora una volta che è grazie agli abbonati che il Post può costruire progetti come questo badando innanzitutto alla loro qualità e potendosi permettere valutazioni in cui la sostenibilità economica è importante ma non è la priorità. Le priorità sono il buon giornalismo e la conoscenza delle cose, e sono priorità condivise da una comunità complice e preziosa.