Il cacao costa sempre di più

I prezzi sono i più alti da quasi 50 anni, a causa di uno scarso raccolto dovuto al maltempo, ma anche di decenni di sfruttamento e bassi investimenti

Una foto di fave di cacao
Le fave di cacao (AP Photo/ Diomande Bleblonde)
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Negli ultimi mesi i prezzi del cacao sono aumentati moltissimo e hanno raggiunto il livello più alto dal 1977,  raggiungendo quasi 6mila dollari a tonnellata: è più del doppio rispetto a un anno fa. Il motivo è legato a una tradizionale questione di domanda e offerta: a causa del maltempo il raccolto di fave di cacao nei principali paesi produttori – principalmente africani – è più scarso del solito e difficilmente riuscirà a soddisfare gli ordini, facendo aumentare i prezzi.

Accanto a questa dinamica di breve termine ci sono però una serie di tendenze che vanno avanti da anni e che rendono questa materia prima particolarmente esposta alle crisi: il settore del cacao è uno dei meno equi e sostenibili al mondo, in cui gli agricoltori e i territori sono sfruttati sia dai governi locali che detengono di fatto il controllo dei raccolti sia dalle grandi multinazionali produttrici di cacao che vogliono pagare poco la materia prima. Il risultato è che il settore non si è mai reso efficiente e gli investimenti negli anni sono stati scarsissimi.

La produzione di cacao è concentrata in Africa occidentale, dove quattro paesi – Costa d’Avorio, Ghana, Camerun e Nigeria – producono quasi il 75 per cento del cacao mondiale. La Costa d’Avorio è quello che ne produce di più: a fronte di un consumo mondiale di 5 milioni di tonnellate all’anno 2 vengono dalla sola Costa d’Avorio.

(Fonte: Bloomberg)

A differenza della maggior parte degli altri prodotti agricoli, la produzione di cacao non è mai stata trasformata in un’attività più industrializzata, sia per le caratteristiche specifiche dei procedimenti agricoli sia perché sono mancati gli investimenti.

Le fave di cacao si trovano dentro i frutti degli alberi del cacao, che si chiamano cabosse: un albero riesce a produrli dopo i 7 o 8 anni di età e solo una piccola parte di questi contiene le fave per il cacao. I frutti crescono sia sui rami che sul tronco, il raccolto viene fatta a mano e deve essere molto delicato per non rovinare la pianta. A differenza di quelli di altre produzioni agricole, questi processi sono difficili da automatizzare o da rendere più efficienti.

Un albero di cacao con i frutti attaccati sul tronco (AP Photo/Rebecca Blackwell, File)

E questo anche alla luce del fatto che gli investimenti nelle innovazioni del settore sono stati scarsissimi. I principali produttori sono paesi in via di sviluppo, dove i governi controllano completamente la produzione di cacao: la affidano perlopiù a piccoli contadini che possono sfruttare, che a loro volta per ottenere piccoli margini di guadagno sono disposti a distruggere foreste per allargare gli appezzamenti o a impiegare bambini per il raccolto.

A questo si è aggiunta anche la connivenza dei paesi occidentali e delle loro multinazionali, che per decenni hanno comprato il cacao a prezzi così bassi che eliminare lo sfruttamento era praticamente impossibile. A questo sta cercando di dare risposta per esempio l’Unione Europea, con una serie di proposte legislative per aumentare le entrate dei paesi produttori di cacao.

Ma i prezzi bassi per decenni hanno avuto delle conseguenze. L’ultima grande ondata di nuove piantagioni di alberi nell’Africa occidentale c’è stata all’inizio degli anni Duemila, in particolare nella zona nordoccidentale della Costa d’Avorio. Oggi quegli alberi hanno quasi 25 anni, e sono ben oltre il loro periodo più produttivo. Anche le tecniche di coltura e raccolto sono piuttosto ferme, con uno scarso utilizzo di fertilizzanti e pesticidi.

In questo contesto così povero il settore è sempre più obsoleto e insostenibile: gran parte degli alberi è vecchia, non più molto produttiva e particolarmente esposta a malattie e danneggiamenti; allo stesso tempo gli agricoltori hanno a disposizione pochi mezzi per mantenere o aumentare la produttività.

Questi sono i motivi di lungo periodo per cui il settore è ciclicamente esposto a crisi come quella attuale. In questo caso una grossa ondata di maltempo alla fine dello scorso autunno ha provocato molti danni; in più la forte umidità ha fatto proliferare malattie tra gli alberi, a cui i piccoli agricoltori non avevano neanche i mezzi per rispondere. In questo modo, per la terza stagione agricola consecutiva il consumo globale nell’anno 2023/2024 supererà significativamente la produzione.

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