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  • Martedì 20 febbraio 2024

Il parco nazionale più piccolo d’Italia

Molto probabilmente sarà quello di Portofino, in Liguria, anche se secondo le associazioni ambientaliste la limitatezza dell'area voluta dalla regione rischia di renderlo poco efficace

Il porto di Portofino (ANSA)
Il porto di Portofino (ANSA)
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Portofino, in provincia di Genova, è una delle destinazioni turistiche italiane più note all’estero, cosa che peraltro genera un certo sovraffollamento di persone e anche di grandi yacht nel tratto di mare di fronte alla città. Il promontorio di Portofino è un’area naturale protetta dal 1935 e da 7 anni esiste una legge per farlo diventare un parco nazionale, ancora però non del tutto attuata. Nelle ultime settimane infatti si sta definendo il comitato di gestione provvisorio del futuro parco nazionale: non ci saranno rappresentanti delle associazioni ambientaliste, che hanno deciso di non farne parte perché ritengono che così come è stato definito dalla regione Liguria e approvato dal governo il parco sia troppo piccolo.

Lo hanno definito un «parco francobollo». L’area è di 1.000 ettari, 10 chilometri quadrati, e costituirà effettivamente il più piccolo parco d’Italia, meno di un terzo di quello che oggi è il più piccolo, il parco delle Cinque Terre; e meno di un settantesimo del Gran Paradiso, tra Piemonte e Valle d’Aosta. Sarà soprattutto 4.000 ettari più piccolo rispetto ai progetti originari e praticamente con lo stesso perimetro del parco regionale già esistente.

Istituire un parco nazionale è un processo lungo e complesso. L’ultimo creato è il parco nazionale dell’isola di Pantelleria, creato nel luglio del 2016 dopo un processo avviato dalla legge di bilancio del novembre 2007. Inizialmente è necessario che il governo ci metta i soldi, poi si passa alla perimetrazione, cioè stabilire i confini delle aree protette, e alla decisione delle norme di salvaguardia. Solo dopo si può creare l’ente parco, che lo gestirà effettivamente, e attendere l’istituzione ufficiale con un decreto del presidente della Repubblica.

Nel processo sono coinvolti il governo, le regioni, i comuni e le associazioni ambientaliste: non sempre tutti questi soggetti hanno le stesse idee su come debba essere il futuro parco, o anche solo idee compatibili. Inoltre i governi nazionali, regionali e comunali nel corso del processo possono cambiare, con conseguenti variazioni anche considerevoli nei programmi sull’area da proteggere.

Un sentiero del monte di Portofino (ANSA/GIUSEPPE RISSO)

Il parco nazionale di Portofino venne istituito con la legge di bilancio approvata il 27 dicembre 2017: i nuovi parchi da introdurre erano due, l’altro era quello del Matese, fra Molise e Campania, a sua volta oggi ancora fermo alla fase di perimetrazione, per ritardi soprattutto sul lato campano.

A Portofino l’attuale parco regionale esiste dal 1978, quando furono spostate alla Liguria le competenze sul precedente Ente Autonomo Monte Portofino, creato nel 1935. Comprende il territorio del promontorio, su tre comuni: Portofino, appunto, Santa Margherita Ligure e Camogli. Dopo l’istituzione del parco nazionale del 2017 per anni non si trovò un accordo politico per definire una nuova perimetrazione più ampia, anche per l’aperta contrarietà del governo regionale di centrodestra, guidato da Giovanni Toti. Anche alcune amministrazioni locali che dovevano essere coinvolte si mostrarono scettiche.

La regione ha l’ultima parola sulla proposta di definizione dei confini, che poi sono approvati dal ministero dell’Ambiente. Significa che il perimetro ridotto del parco, quello voluto da Toti, molto probabilmente è destinato a essere quello definitivo, salvo vengano presentati e poi accolti ricorsi legali contro quella decisione.

La prima area indicata dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), un ente di ricerca pubblico legato al ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, era molto più grande rispetto a quella decisa da Toti, comprendeva l’entroterra e 22 comuni. Alla proposta dell’ISPRA però non era poi seguito alcun atto formale.

I confini del parco regionale attuale: il promontorio è largo circa 5 chilometri

Di fronte allo stallo nel 2020 un paio di associazioni liguri fecero ricorso al TAR (tribunale amministrativo regionale) del Lazio, accusando il ministero di inadempienza per la mancata perimetrazione del parco: lo vinsero inaspettatamente, e nel 2021 l’allora ministro della Transizione ecologica del governo di Mario Draghi, Roberto Cingolani, definì una nuova area su 11 comuni, di circa 5.000 ettari, dopo aver consultato nuovamente l’ISPRA. Anche questa soluzione fu fortemente osteggiata e quattro dei comuni coinvolti dichiararono la loro contrarietà a entrare nel parco, che diventò oggetto di una battaglia politica contro l’estensione dell’area, alimentata soprattutto dalla Lega. Chi si oppone a un parco più grande vuole difendere gli interessi dei cacciatori, dei proprietari di case e ville e delle aziende edili, e in generale ritiene che i vincoli sul territorio sotto tutela ambientale siano troppo rigidi e creino un danno economico al territorio.

L’ipotesi approvata dal governo Draghi nel 2021, con il coinvolgimento di undici comuni

Dopo una serie di incontri, fra marzo e aprile del 2023 almeno i comuni interessati trovarono un compromesso: Zoagli, Rapallo, Coreglia Ligure e Chiavari diedero la loro adesione, aggiungendosi ai tre comuni che già fanno parte del parco regionale. Furono inserite nei progetti deroghe relative alla caccia e una promessa di discutere in futuro limiti ed esenzioni alle norme sui divieti di edificazione.

Qualche mese dopo però il ministro dell’Ambiente del governo di Giorgia Meloni, Gilberto Pichetto Fratin, e il presidente della regione, Toti, annunciarono di star lavorando a un nuovo parco dai confini più limitati che furono poi approvati a ottobre. Era quello di poco più di mille ettari, con i tre comuni originari. La Lega, attraverso il deputato Francesco Bruzzone, parlò di 4.000 ettari di territorio ligure «finalmente liberati da vincoli assurdi».

Luca Garibaldi, consigliere regionale di opposizione in Liguria (del Partito Democratico), dice: «È stato fatto molto terrorismo su cosa avrebbe comportato estendere il parco: la caccia selettiva era prevista anche all’interno dei confini e i vincoli edilizi non sarebbero aumentati granché, perché già oggi sono presenti nelle cosiddette “aree di pregio”. È successo invece che comuni che già stavano facendo piani, anche a livello europeo, che prevedevano la loro presenza nel parco hanno scoperto di esserne stati esclusi senza essere consultati».

Un traghetto a Portofino nel 2018 (ANSA/RISSO)

Il parco di Portofino, quali che siano i suoi confini definitivi, sarà comunque un parco atipico, perché si sviluppa in un’area fortemente urbanizzata e con una presenza costante di turisti ed escursionisti, molto superiore anche a quella dei parchi più noti. Oggi sono presenti 80 chilometri di sentieri, molto frequentati anche in mountain bike. L’area è molto battuta dai cacciatori di alcune specie di uccelli, come colombacci e corvidi da postazioni fisse, e beccacce con i cani. Le numerose popolazioni di cinghiali sono oggetto di abbattimenti selettivi con ricorrenti deroghe ai divieti anche all’interno del perimetro del parco regionale.

Una regolata e limitata caccia di selezione, ovvero un abbattimento pianificato di animali secondo criteri legati alla loro diffusione e al loro impatto sul territorio, resterebbe l’unica possibile all’interno del parco nazionale.

Massimo Maugeri fa parte di Legambiente Liguria e per molti anni è stato consigliere della comunità del parco regionale. Dice che le motivazioni di chi si oppone all’estensione del parco sono per lo più elettorali, legate agli interessi dei cacciatori e di chi vuole costruire e modificare case e ville della zona. Nell’area che il parco esteso doveva preservare sono infatti presenti centinaia di postazioni fisse di caccia da appostamento, i cosiddetti “palchettini”: «Vengono continuamente richieste autorizzazioni, talvolta accordate, per costruire strutture come ascensori sul mare e piazzole per elicotteri» racconta Maugeri. «Dicono che le piazzole serviranno anche per salvare eventuali escursionisti infortunati, così come dicevano che le piscine sarebbero servite per rifornire di acqua i mezzi di emergenza in caso d’incendio: mai visto prendere da una piscina nemmeno un secchio».

L’ISPRA ha recentemente espresso un nuovo parere “tecnico” sul parco di dimensioni ristrette. Lo ha definito «carente» e ha indicato l’assenza di connessioni e collegamenti con altre aree naturali, necessarie per la conservazione della biodiversità. Secondo ISPRA un’isola protetta sul promontorio circondata da aree fortemente urbanizzate non garantirebbe lo scambio di materiale genetico per la fauna, i corridoi per le migrazioni, la possibilità per gli animali di cercare nuove aree in caso di incendi, di invasioni di parassiti o di mutamenti ambientali. Viene criticata anche la riduzione dell’area marina protetta, una zona di mare e di costa con limitazioni alla navigazione, all’ormeggio e in generale a molte attività legate al turismo. Secondo l’ISPRA è stata «formulata non su basi tecnico scientifiche ma per l’esigenza di mantenere un corridoio di navigazione presso Paraggi e ampliare il corridoio di accesso a Portofino».

Dice Maugeri: «Oltre alla questione ambientale, ovviamente prioritaria, ce ne sono altre. Un parco così piccolo è di difficile gestione, perché crea scompensi all’interno degli stessi territori comunali su aree protette e non. E poi cancella ogni possibile ipotesi di tutela delle zone rurali, di recupero dell’entroterra, di riqualificazione dell’agricoltura e di recupero di aree spopolate anche attraverso progetti turistici, di “alberghi diffusi”». Le opposizioni hanno fatto notare che il parco “ridotto” avrà anche un diverso impatto economico, con meno dipendenti, meno indotto, meno possibilità di aderire a progetti e bandi a livello nazionale e europeo.

Santa Margherita Ligure e Portofino dal golfo del Tigullio (Vittorio Zunino Celotto/Getty Images)

Per la maggioranza di centrodestra ligure invece i nuovi confini permetteranno di salvaguardare il promontorio, come già fatto in passato dall’ente parco regionale, ma al tempo stesso di rispettare «la volontà del territorio e dei cittadini» che, come ripetuto più volte dal presidente Toti, erano contrari a un parco più grande che «arrivasse fino quasi alle porte di Genova». Secondo alcuni esponenti della maggioranza un parco più esteso, che coinvolgesse anche l’entroterra, avrebbe anche complicato la realizzazione di opere attese da tempo, come il tunnel di Val Fontanabuona, un progetto da 230 milioni di euro di collegamento con l’autostrada A12 Genova-Roma che secondo i progetti dovrebbe alleggerire i problemi del traffico autostradale nell’area.

Al momento si sta componendo il comitato di gestione provvisorio del parco: comprende il ministero dell’Ambiente, quello dell’Agricoltura, rappresentanti dei comuni e uno della regione. Secondo Garibaldi, il consigliere regionale del PD, l’assenza delle associazioni ambientaliste potrebbe essere un problema: «Bisogna verificare se ciò sia legalmente possibile. Ci sono ricorsi in atto, anche da parte dei sindaci rimasti fuori dal parco. La questione non è chiusa, ma di sicuro è stata già persa una grande opportunità di sviluppo».