Come ci è arrivato “SKAM” in Italia

La serie tv norvegese a cui si ispira è stata un successo, ma non era scontato che sarebbe andata bene anche qui, né che avrebbe reso popolare un genere fino a quel momento trascurato

di Gabriele Niola

(Netflix)
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Poche produzioni italiane negli ultimi anni sono state accolte come una vera novità quanto SKAM Italia. Adattamento dell’omonima serie tv norvegese, è stata rifatta in Italia con un successo crescente a partire dal 2017 e poi, dal 2020, acquistata da Netflix e rinnovata per quarta, quinta e sesta stagione. Quest’ultima è uscita da qualche giorno: la seconda a non basarsi sulle trame dell’originale norvegese ma su una sceneggiatura originale. Dopo sette anni dal suo esordio italiano si può dire che SKAM Italia ha scoperto e introdotto nell’industria del cinema italiano una generazione di giovani attori e ha cambiato la maniera in cui vengono scritte e girate le serie per ragazzi (un tipo di produzione che prima non era considerata profittevole, perché si pensava non avesse un pubblico), preparando la strada ad altri grandi successi più recenti come quello di Mare fuori.

All’epoca infatti quello di portare SKAM in Italia fu un azzardo, fatto a basso costo con limitate aspettative e speranze, e reso possibile da TimVision, una piattaforma di streaming tra le meno conosciute, ai tempi in cerca di contenuti originali.

La persona che ha realizzato l’adattamento di SKAM per l’Italia è Ludovico Bessegato, 40 anni, che ha scritto le prime quattro stagioni e diretto la prima, la seconda e la quarta. «Nel 2017 la televisione italiana non investiva sul teen drama (le serie con protagonisti adolescenti e giovani adulti, ndr), e Netflix non aveva ancora cominciato a produrre in Italia, o aveva fatto forse giusto Suburra». Secondo quello che ricorda Bessegato prima dell’adattamento italiano la versione originale norvegese di SKAM non era sconosciuta, almeno nel mondo professionale, tanto che anche la Rai aveva valutato di acquisirla, salvo poi ripensarci. All’epoca lui lavorava, come anche ora, in Cross Productions, una società di produzione nella quale fino al 2016 coordinava un reparto editoriale e con la quale aveva lavorato allo sviluppo di diverse fiction tradizionali, come ad esempio Il cacciatore e Rocco Schiavone. Non faceva né lo sceneggiatore né il regista, anche se era quello che avrebbe voluto fare. Gli unici lavori che aveva scritto e diretto erano due webserie, Le cose brutte e Kubrick, una storia porno (prodotta da Cross Productions come esperimento), e una piccola serie umoristica per la Rai intitolata Il candidato con Filippo Timi.

«La produzione di webserie era dove molti giovani registi emergevano, erano una ventata di novità. Girando i festival con le webserie conobbi gli altri che lavoravano in quel mondo come i The Jackal, i The Pills, Ivan Silvestrini [oggi regista di Mare fuori, ndr] o Stefano Lodovichi [oggi regista di film per il cinema, ndr]. Molti di loro avevano la mia età e invece che entrare in competizione ci siamo sostenuti a vicenda. Nessuno ci ha fatto un euro ma è stato un laboratorio interessante». La possibilità di adattare SKAM fu per Bessegato un’occasione più grande delle altre e arrivò a patto di «mettertici a tempo perso», come gli disse Rosario Rinaldo, all’epoca presidente di Cross Productions.

A dare il via al progetto fu il fatto che la piattaforma di contenuti on demand TimVision in quel periodo avesse deciso di aprirsi a progetti originali. L’arrivo di Netflix in Italia aveva infatti indotto la direzione a pensare che esistesse un margine per potergli fare concorrenza con la propria piattaforma di streaming, almeno se si fossero mossi per tempo. Originariamente TimVision era la nuova versione di una piattaforma di scarso successo (sempre di TIM) che esisteva da anni, Cubovision, e che tutti gli utenti abbonati alla rete ad alta velocità TIM potevano avere inclusa nel proprio abbonamento. Cominciare a produrre serie originali, cioè che potessero essere viste solo su TimVision, era una maniera per attirare clienti e farli rimanere sulla loro piattaforma. Per riuscirci TIM incaricò un’ex dirigente di Mediaset, il più grande gruppo televisivo privato italiano, Annamaria Morelli, di lavorare a queste produzioni originali.

La bibbia di SKAM
Con TimVision disposta a investire su una versione italiana di SKAM, Cross Productions partì con lo sviluppo. Come prima cosa Bessegato ricevette a casa un grosso volume dalla Norvegia: la Bibbia di SKAM, cioè una serie di linee guida su ciò che si può e non si può fare con un adattamento di SKAM, redatto dalla creatrice Julie Andem. In più fu invitato in Norvegia a quello che a lui apparve come «un master in SKAM». L’idea di NRK, la televisione pubblica norvegese che aveva prodotto la serie, fu di riunire tutti i responsabili dei vari paesi a cui in quel momento avevano venduto i diritti di remake (sei in totale: Italia, Francia, Spagna, Germania, Olanda e Stati Uniti) e formarli su come avrebbero dovuto farli.

SKAM era nato perché la televisione pubblica norvegese si era accorta di avere sempre meno presa sui giovani, e aveva incaricato Julie Andem di creare un prodotto per un pubblico con età inferiore ai 18 anni. Per farlo Andem decise di studiare il suo pubblico, girando la Norvegia con una piccola squadra per incontrare ragazzi e ragazze, intervistarli e raccogliere le loro storie. Molte di quelle storie poi finirono nella serie, come quella di una ragazza musulmana infastidita dal fatto che tutti pensassero che fosse obbligata a portare il velo quando invece per lei era una scelta femminista, o quella di un’altra ragazza per cui era sempre stato facile trovare fidanzati ma non altrettanto farsi degli amici. Quel tour di interviste, spiegarono a Bessegato, avrebbe dovuto farlo chiunque avesse realizzato un remake: «Alla base c’era un’ammissione secondo me fantastica: quella di non poter parlare di una cosa che non si conosce. Perché è così che nascono i brutti film o le brutte fiction: dalla gente che racconta cose di cui non sa niente. Invece parlando con più di 100 ragazzi anche noi abbiamo sviluppato una conoscenza su quello che avremmo raccontato».

Oltre a questo il format originale di SKAM aveva la caratteristica innovativa di essere spezzettato in piccole clip. Ogni puntata era pensata sia per essere vista in un blocco unico da circa 30 minuti, sia in 5 clip di durata variabile. Ogni clip inizia con un giorno e un orario in sovrimpressione e durante la settimana le 5 clip uscivano esattamente in quel momento: ad esempio il giovedì alle 15 viene diffusa una clip la cui storia si svolge il giovedì alle 15, e così via. Alla fine della settimana tutte insieme uscivano sotto forma di puntata. Per riuscire a catturare il momento ogni clip era girata il giorno prima che uscisse online, quindi girata e poi montata e preparata in fretta. Nessuno del pubblico poteva sapere in che momento della giornata uscissero, non c’erano né comunicazione né trailer perché l’idea era fingere di mostrare le vite di vere persone attraverso i social. Ogni stagione raccontava la storia di un personaggio e introduceva personaggi secondari le cui storie sarebbero state approfondite nelle stagioni successive. Lo spunto per le storie dei protagonisti aveva sempre a che fare con la vergogna (il titolo in norvegese significa quello: vergogna).

Oggi SKAM è la serie più vista della storia della televisione norvegese. Fu un tale fenomeno che mentre era in onda il principe del Regno Unito William e sua moglie Kate Middleton visitarono il paese e andarono nel liceo in cui è ambientata per incontrare gli attori. «Secondo i norvegesi SKAM fu per la Norvegia quello che i Beatles furono per il Regno Unito. Rese il paese cool», ha commentato Bessegato.

La nascita di SKAM Italia
La prima stagione di SKAM Italia fu resa disponibile il 29 marzo del 2018, seguendo le medesime modalità della serie norvegese, anche se da subito era chiaro che ci fossero delle differenze, prima di tutto produttive. L’originale era una serie realizzata con battute improvvisate, attori non professionisti, una troupe minuscola e quindi un impatto visivo che nel cinema viene detto naturalistico. Nell’adattare i contenuti i remake dei vari paesi avevano fatto scelte diverse e quello italiano aveva deciso per una produzione più strutturata e attori con esperienza. Nonostante interpretassero dei minorenni, gli attori di SKAM Italia erano in linea di massima già maggiorenni e, benchè la maggior parte non fosse nota, furono scelti tra chi aveva già un agente. La ragione è che un minorenne può lavorare per meno tempo (non le canoniche otto ore ma sei al giorno), non può girare dopo la mezzanotte, deve avere sempre i genitori sul set e ci sono chiari limiti sulle scene di sesso. In più gli attori minorenni, che pure erano parte del cast, dovevano frequentare la scuola: «Un paio, povere, sono state bocciate per fare SKAM».

Il successo della prima e della seconda stagione su TimVision fu relativo al bacino a cui quella piattaforma poteva accedere, quindi ristretto. «Erano pochi gli spettatori accaniti, circa 200mila, più che altro ragazze innamoratissime della serie. Non credo che a TimVision cambiasse granchè avere SKAM Italia: le visualizzazioni che faceva erano nella media della piattaforma». Dopo la prima stagione a Bessegato fu chiaro che non ci fossero garanzie che il progetto sarebbe arrivato alle quattro stagioni previste, e anche per questo decise di invertire la seconda e la terza stagione, cioè di raccontare nel secondo anno la storia che in Norvegia era andata in onda per terza: «Non avevo idea di quando o se me l’avrebbero rinnovata e la storia di Martino e Niccolò mi piaceva molto, aveva un tasso di novità maggiore delle altre: sei anni fa una stagione intera di una serie italiana incentrata su un ragazzo che si innamora di un altro ragazzo non c’era mai stata, oggi è invece più frequente. Quindi decisi di farla per seconda, per avere maggiore possibilità di poterla girare».

Nonostante il successo limitato fu chiaro immediatamente a chi l’aveva vista che SKAM Italia era una grande novità rispetto a quello che si produceva in Italia, soprattutto per l’approccio alle storie di personaggi adolescenti, per la lingua parlata (quella per l’appunto dei ragazzi) e per il naturalismo della recitazione. Molto di questo fu merito di una serie di tecniche, metodi e idee di lavoro non convenzionali che Ludovico Bessegato mise a punto: «Sarò presuntuoso ma penso che il livello di naturalismo di SKAM non ha eguali in Italia. Di solito si vede l’opposto, cioè la ricerca di una recitazione più teatrale».

Bessegato racconta di aver lavorato moltissimo con il cast sul minimalismo interpretativo, facendo notare come si sentissero in dovere di “interpretare” molto, cioè di recitare con grande enfasi, pensando che quello fosse il segno di una buona recitazione. Una delle caratteristiche di SKAM Italia invece era la spontaneità, l’impressione che nessuno degli attori stesse recitando. Per raggiungere questo livello Bessegato chiedeva agli attori di adattare le battute a come le avrebbero pronunciate loro nel quotidiano: non potevano modificare quel che avviene nelle scene ma potevano farlo accadere a parole loro, così che pure la lingua somigliasse poco a quella scritta e più a quella vera dei ragazzi.

«Il difficile a quel punto era frenare la tendenza al cazzeggio che si impadronisce dei ragazzi quando sono autorizzati a essere più spontanei. E poi il montaggio era molto complicato. Un dialogo tra due persone in SKAM non è quasi mai frutto di un ciak solo, ma è l’aggregato di tanti ciak diversi da cui prendiamo le frasi o le risposte migliori per comporre un mosaico che funzioni bene».

Le prime quattro stagioni di SKAM Italia hanno fatto esordire una serie di attori che grazie a quella serie sono diventati nomi di primo livello in molte altre serie o film come Ludovica Martino, Federico Cesari, Francesco Centorame, Rocco Fasano e Pietro Turano. Ludovico Tersigni invece era l’unico del cast ad aver avuto già esperienze in produzioni importanti come protagonista (Slam – Tutto per una ragazza) e non (Tutto può succedere).

Il successo
Arrivata alla terza stagione SKAM Italia non fu rinnovata da TimVision e quindi il progetto si fermò. Bessegato quindi iniziò a lavorare a Prisma, quella che poi effettivamente anni dopo sarebbe stata la prima serie da lui interamente concepita insieme ad Alice Urciuolo, sceneggiatrice della terza, quinta e sesta stagione di SKAM. Fu Netflix, a quel punto diventata una realtà della produzione italiana, ad acquistare i diritti delle prime tre stagioni della serie con la promessa di produrne una quarta (che poi sarebbe stata pubblicata contemporaneamente anche su TimVision).

L’esordio su Netflix fu il primo gennaio del 2020 e fu un successo immediato: «Netflix non dà neanche a noi dati su quante persone vedono quello che gli vendiamo, ma io capii che era cambiato tutto dai profili Instagram degli attori: dopo tre anni in cui comparivano nella serie avevano circa quindicimila follower e in un mese di Netflix passarono a cinquecentomila». Il piano della piattaforma era di lasciare alle tre stagioni già edite qualche mese per farsi conoscere, e poi in primavera uscire con la quarta. Andò esattamente così e il fatto che a partire da marzo l’Italia entrò in lockdown aiutò ancora più persone a scoprire la serie, che a quel punto era comunque già diventata un successo: «Alla fine la maggior parte del pubblico si è cuccato quattro stagioni di SKAM in tre mesi».

Per Netflix acquisire SKAM Italia fu un’eccezione rispetto al proprio modo di procedere: «Credo che a oggi SKAM Italia sia l’unico prodotto per il quale Netflix ha diritti di distribuzione in un paese solo». Uscendo su Netflix però SKAM Italia dovette cambiare modalità di rilascio delle puntate. Per regole della piattaforma non era più possibile rilasciare le clip in vari momenti della giornata: le puntate dovevano essere online tutte insieme. Questo significava che, di fatto, dal punto di vista della pubblicazione era diventata una serie come le altre. Il contenuto invece era il medesimo, venivano mantenuti comunque i cartelli in sovrimpressione con il giorno e l’ora in cui si svolgono le scene, e ogni puntata era comunque costituita da 5 scene.

Una volta andata online la quarta stagione, visto il successo, Netflix ne chiese una quinta, che tuttavia non esisteva nel format originale norvegese, che si ferma alla quarta. Questo rese necessaria la creazione di nuovi personaggi per ottenere un via libera dal canale norvegese NRK. Nonostante non avessero problemi con il fatto che in un paese SKAM potesse proseguire, impedirono di usare i protagonisti storici, perché il team creativo originale si riserva il diritto di portare avanti le loro storie. Dalla quinta stagione quindi SKAM Italia ha affiancato ai protagonisti storici, che comunque alla fine della quarta avevano fatto la maturità e quindi non erano più compagni di scuola, altri personaggi, inventati qui in Italia. La sesta stagione prosegue in questo senso e comprende i vecchi protagonisti ormai solo in pochi e isolati momenti.

Dalla quarta stagione Bessegato non si è più occupato della serie direttamente, ma solo come supervisore, specialmente sulla quinta, per operare il passaggio di consegne ai nuovi autori. Oggi Bessegato coordina il team di scrittura di SKAM Italia e sceglie il tema di cui parlerà la stagione. A scriverla materialmente sono Alice Urciuolo e Elisa Zagaria, mentre a dirigere gli episodi è Tiziano Russo. L’anno scorso invece è uscita effettivamente su Prime Video la prima stagione di Prisma, il nuovo progetto di Bessegato di cui nel corso del 2024 uscirà la seconda stagione. È una serie che racconta sempre storie di ragazzi ma con uno stile e un’attenzione diversi: è ambientata a Latina e non ha i paletti di SKAM, ha un budget molto superiore, non racconta la storia di un personaggio solo a stagione. È molto più sperimentale nella forma e gira intorno al tema della fluidità sessuale. Si nota però che la scrittura e l’approccio al naturalismo della recitazione sono simili: «Prisma non ha generato un fenomeno di massa come SKAM o Mare fuori:» dice Bessegato: «è un progetto più complesso e devo dire che non è facile, dopo tutto quel successo, accettare di lavorare a un prodotto che sai bene che non farà mai quei numeri, ma va bene così».