Breve storia della “Smemo”

Fu inventata da un gruppo di studenti universitari e per più di quarant'anni è stato uno dei prodotti per la scuola più usati dagli studenti: ora il marchio verrà messo all'asta

Luigi Vignali, Michele Mozzati e Nico Colonna in occasione della presentazione di Smemoranda 2020, Milano, 2 luglio 2019 (Ansa/Matteo Bazzi)
Luigi Vignali, Michele Mozzati e Nico Colonna in occasione della presentazione di Smemoranda 2020, Milano, 2 luglio 2019 (Ansa/Matteo Bazzi)
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Nel 2015 Treccani allestì una mostra che raccoglieva gli oggetti più rappresentativi del design italiano anno per anno. L’oggetto scelto per il 1978 fu la prima edizione della Smemoranda, o “Smemo”, un’agenda creata da un gruppo di studenti universitari in modo amatoriale e senza nessuna ambizione commerciale, che sarebbe arrivata a vendere centinaia di migliaia di copie all’anno. Dopo 45 anni, lo scorso marzo l’azienda nata per produrle è fallita, e martedì il marchio Smemoranda è stato messo all’asta.

Per realizzarla alla fine degli anni Settanta gli ideatori si erano affidati a un piccolo tipografo e inizialmente la distribuivano soltanto in luoghi specifici, come le scuole e le fabbriche. I proventi venivano utilizzati per finanziare le sezioni di Democrazia Proletaria, un partito politico italiano di sinistra radicale fondato nel 1975 dallo scrittore e attivista Mario Capanna. Anche per questo motivo, le “Smemo” sono state a lungo considerate una “cosa di sinistra”.

Le origini del nome Smemoranda non sono chiare. In un’intervista del 2016, Nico Colonna, uno dei creatori, la spiegò dicendo che era come «una sorta di “gerundivo”»che «incrocia la memoria, l’agenda e la perdita di memoria o la poca memoria che giustifica l’utilizzo di un’agenda».

Per i tempi si trattava di un oggetto unico, o «rivoluzionario», come lo hanno definito le persone che l’hanno inventata in diverse interviste. In quegli anni infatti le agende si assomigliavano un po’ tutte con alcune eccezioni, come i diari Vitt, una serie di diari scolastici pubblicati dal 1949 al 1980 dalla casa editrice cattolica AVE, che ospitavano al loro interno le storie a fumetti del fumettista italiano Benito Jacovitti. La maggior parte delle agende aveva copertine monocromatiche, era composta rigorosamente da fogli a righe ed era concepita per utilizzi molto tradizionali, come segnare gli orari delle lezioni e i compiti da fare a casa.

La “Smemo”, invece, si caratterizzava per alcune caratteristiche estetiche uniche, a partire dall’utilizzo dei fogli a quadretti, che ai tempi erano concepiti unicamente per fare i conti, e non per appuntare pensieri. All’interno dell’agenda erano inoltre presenti articoli, opinioni, saggi relativi a vari argomenti di attualità e che ponevano una certa enfasi su valori come l’ambientalismo, la solidarietà e il pacifismo.

L’idea era quella di sfogliare una specie di rivista, più che un semplice diario. Tra gli studenti che presero parte al progetto c’erano anche Luigi Vignali, Michele Mozzati e Nico Colonna: negli anni successivi i primi due avrebbero adottato gli pseudonimi di Gino e Michele e sarebbero diventati famosi soprattutto in quanto autori di Zelig, un celebre programma televisivo di stampo comico. Colonna, invece, sarebbe diventato presidente di Smemoranda, l’azienda di prodotti scolastici e cancelleria che avrebbe prodotto quell’agenda per i successivi 45 anni. 

Nel corso di più di quattro decenni, le agende prodotte da Smemoranda sono state utilizzate da centinaia di migliaia di studenti e hanno ospitato i contributi di diverse personalità legate al mondo della cultura, dell’intrattenimento e dello spettacolo, come Federico Fellini, Roberto Benigni, Giampaolo Pansa e, in tempi più recenti, Michela Murgia, Chiara Gamberale, Aldo Nove, Guido Catalano e Sfera Ebbasta.

In un’intervista data a Repubblica nel 2019, Colonna ha paragonato la “Smemo” a un’antenata dei social network, perché «si faceva girare tra i compagni per avere una frase, una firma, una parolaccia». Il paragone è ovviamente un’iperbole, ma spiega bene quanto queste agende siano entrate a fare parte delle abitudini di molti studenti.

Caterina Balducci, che ha lavorato come responsabile dei prodotti editoriali del marchio Smemoranda per 16 anni, racconta che, nonostante gli ultimi anni siano stati caratterizzati da una generale perdita di interesse nei confronti dei prodotti cartacei, le agende continuavano ad attirare l’interesse di centinaia di migliaia di persone: «continuavamo a venderne in media 300mila ogni anno».

Negli ultimi 45 anni, la formula adottata dalle “Smemo” è rimasta più o meno invariata: «C’era sempre un “tema dell’anno” attorno al quale si chiedeva a disegnatori e autori di scrivere qualcosa. Uno dei più epici e fortunati è sicuramente rimasto “Con il cuore e con la mente” del 1995, mentre uno dei più semplici ed efficaci “Ciao!”, di pochi anni fa».

– Leggi anche: Smemoranda non sarà più di Smemoranda

Nella maggior parte dei casi gli autori chiamati a collaborare provavano una certa simpatia per il marchio, anche perché erano stati tutti possessori di una “Smemo” nel periodo scolastico; di conseguenza, per convincerli non era necessario insistere troppo: «Ho ricevuto pochissimi no e portato a casa adesioni che sembravano impensabili: scrittori, disegnatori, sportivi pluripremiati, star della musica e del cinema, youtuber e creator del momento. Ogni volta che proponevo di scrivere un pezzo la risposta era “la Smemo!” e capivi che la romanticizzazione degli anni del liceo non lasciava indifferente nessuno». Balducci racconta che «da Smemo è passato praticamente chiunque, da Fellini a Sfera Ebbasta, giusto per intuire l’arco temporale e i registri diversi. E mi va di ricordare anche l’email di uno Zerocalcare semi sconosciuto che nel 2011 ci scrive: “Be’, vi sono piaciuti i disegnetti?”».

Per descrivere un prodotto così connotato e originale, anche se in effetti di imitazioni ne sono fiorite diverse, Balducci utilizza quella che considera «una delle frasi più abusate e insopportabili del web», che però rende molto bene l’idea di cos’era la “Smemo”: «un diario che fa ridere, ma anche riflettere».

Negli anni Smemoranda ha allargato le proprie attività ad altri settori, come la distribuzione di articoli per la scuola e la produzione di programmi televisivi. Lo scorso anno, dopo più di 45 anni di attività, l’azienda è fallita dopo una crisi che durava da diversi anni e questa settimana il marchio delle celebri agende verrà messo all’asta.

Balducci dice che il rammarico più grande è che questo prodotto riscuote un certo successo, ha ancora un’identità forte e apprezzata e nonostante la lunga storia editoriale è ancora capace di rimanere al passo con i tempi, riuscendo in alcuni casi a influenzare il dibattito pubblico. Lo scorso anno, per esempio, l’ex senatore della Lega Simone Pillon aveva ritenuto pericolosa l’edizione 2023/2024 della “Smemo” per via dell’importanza che attribuiva alle questioni di genere.