L’Angola lascerà l’OPEC per via di disaccordi sulle quote di produzione di petrolio

Diamantino Pedro Azevedo a una riunione dell'OPEC nel 2019 (AP Photo/Ronald Zak)
Diamantino Pedro Azevedo a una riunione dell'OPEC nel 2019 (AP Photo/Ronald Zak)

Il ministro delle Risorse minerali dell’Angola, Diamantino Pedro Azevedo, ha detto che il paese lascerà l’OPEC, un’organizzazione che riunisce i più importanti paesi esportatori di petrolio, per via di disaccordi con gli altri membri sulle quote di esportazione del greggio. A giugno un accordo fra i vari paesi aveva assegnato all’Angola una quota di esportazione ridotta a favore di quella degli Emirati Arabi Uniti, che invece era aumentata. La decisione rifletteva il fatto che negli ultimi anni la produzione di petrolio in Angola è diminuita considerevolmente, per l’esaurimento progressivo dei giacimenti petroliferi e per i problemi con le infrastrutture sempre più obsolete. Ma il governo del paese non ha accettato di ridurre la propria quota di esportazione, cosa che implicherebbe una riduzione delle entrate, ed è uscito dall’organizzazione.

Uscendo dall’OPEC l’Angola potrà continuare con l’attuale produzione di petrolio, che è di 1,14 milioni di barili al giorno. L’accordo al centro dei dissidi l’avrebbe ridotta a 1,10 milioni. La produzione di tutti i paesi dell’OPEC attualmente è di 28 milioni. L’Angola, un paese dell’Africa meridionale di 33 milioni di abitanti e grande circa quattro volte l’Italia, era entrata nell’organizzazione nel 2007. Non è il primo membro a lasciare il gruppo: nel 2009 era uscita l’Indonesia, nel 2019  il Qatar e nel 2020 l’Ecuador.

L’OPEC spesso stabilisce di aumentare o diminuire le esportazioni per manipolare il prezzo del petrolio così da favorire gli interessi dei propri membri. Spesso decide di limitare la produzione: diminuendo l’offerta, il prezzo di ogni barile di petrolio tende ad aumentare.