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  • Lunedì 18 dicembre 2023

I dubbi sulla morte di Stefano Dal Corso nel carcere di Oristano

Una nuova testimonianza sostiene che sia stato ucciso in un pestaggio, smentendo la versione del suicidio fornita inizialmente dal carcere

Le foto del corpo di Stefano Dal Corso mostrate durante una conferenza stampa al Senato organizzata dai suoi familiari e da alcuni parlamentari (Roberto Monaldo/LaPresse)
Le foto del corpo di Stefano Dal Corso mostrate durante una conferenza stampa al Senato organizzata dai suoi familiari e da alcuni parlamentari (Roberto Monaldo/LaPresse)
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C’è una novità rilevante nelle indagini sul caso di Stefano Dal Corso, un detenuto romano 42enne morto il 12 ottobre del 2022 nel carcere di Oristano in circostanze ancora poco chiare. Inizialmente il carcere aveva presentato la sua morte come un suicidio e la procura di Oristano aveva archiviato il caso, poi però lo scorso settembre aveva riaperto le indagini: e adesso Repubblica ha pubblicato il contenuto di una telefonata in cui un presunto testimone sostiene che Dal Corso sia stato pestato e ucciso da persone che lavoravano nel carcere, e di averne le prove, contraddicendo quindi la versione del carcere.

Questa persona si è presentata come un «ufficiale esterno della polizia penitenziaria». Si è messa in contatto prima con l’avvocata della famiglia di Dal Corso, Armida Decina, e poi con Marisa Dal Corso, sorella di Stefano. L’audio di una parte di quest’ultima telefonata è stato pubblicato da Repubblica, il resto della telefonata è stato descritto in un articolo. La procura sta esaminando la testimonianza per capire se sia attendibile, ha detto l’avvocata Decina.

La famiglia di Dal Corso aveva sempre manifestato dubbi sulla versione data dal carcere. Per mesi aveva cercato di attirare l’attenzione verso il caso per spingere la procura a riaprire le indagini. Pochi mesi dopo la sua morte Dal Corso sarebbe stato scarcerato: un fatto che aveva generato qualche perplessità nei membri della famiglia sull’ipotesi del suicidio.

Nelle relazioni consegnate ai familiari, il carcere aveva detto che Dal Corso si era impiccato creando un cappio a partire da un lenzuolo, e che per farlo aveva usato un taglierino. Non era però stato permesso a nessuno di loro di vedere il corpo di persona: avevano ricevuto solo alcune foto in cui il corpo era vestito, e non era quindi possibile capire se ci fossero segni di ferite o percosse. Il taglierino non era mai stato mostrato all’avvocata (nemmeno in foto) nonostante lo avesse chiesto. All’avvocata è stato anche detto che non erano disponibili video delle telecamere di sicurezza del carcere.

Dalle foto si vede un’evidente ferita sul collo, che secondo la versione del carcere sarebbe da attribuire alla presunta impiccagione. La famiglia di Dal Corso e l’avvocata avevano fatto esaminare in modo indipendente quelle immagini ad altri medici legali, secondo cui i segni sul collo potevano essere compatibili anche con uno strangolamento. Nei mesi precedenti alla riapertura delle indagini, cioè da ottobre del 2022 a settembre del 2023, la procura aveva respinto sette richieste della famiglia di fare un’autopsia sul corpo di Dal Corso. L’autopsia sarebbe ancora possibile perché il corpo di Dal Corso è conservato in una cella frigorifera.

Secondo la nuova testimonianza riportata da Repubblica, a Dal Corso sarebbe stato spezzato l’osso del collo con una spranga e a colpi di manganello, poi ci sarebbe stato il tentativo di nascondere l’omicidio inscenando il suicidio: il presunto testimone dice al telefono che Dal Corso sarebbe stato spogliato dei vestiti che aveva realmente addosso perché sporchi di sangue, e rivestito con indumenti presi da associazioni benefiche, quelli che si vedono nelle foto fornite alla famiglia. Il presunto testimone dice anche di essere in possesso dei veri vestiti indossati da Dal Corso e di un video che dimostrerebbe il pestaggio, ma non dice chiaramente chi sarebbero i responsabili. Non è chiaro se anche questi elementi siano stati forniti alla procura.

Sempre secondo questa testimonianza, il motivo del pestaggio sarebbe che Dal Corso «era al posto sbagliato nel momento sbagliato»: aveva trovato per caso in infermeria due persone che lavoravano nel carcere mentre facevano sesso, e per questo sarebbe poi stato punito con il pestaggio.

Nel carcere di Oristano Dal Corso era di passaggio per qualche giorno per via di un’udienza del suo processo, dopo la quale sarebbe dovuto ritornare nel carcere di Rebibbia, a Roma, dove era detenuto per spaccio di sostanze stupefacenti. Vista la provvisorietà della sua detenzione a Oristano era stato messo nella cella all’interno dell’infermeria.

Il caso è arrivato anche in parlamento. A marzo era stata organizzata una conferenza stampa dai familiari di Dal Corso e dall’avvocata, con il sostegno di alcuni parlamentari, dove erano state mostrate pubblicamente le foto del corpo che avevano ricevuto con la relazione del carcere. Lo scorso ottobre il deputato di Italia Viva Roberto Giachetti aveva presentato un’interrogazione parlamentare al ministro della Giustizia, Carlo Nordio, per chiedere tra le altre cose se fosse a conoscenza dei fatti e se fosse vero che le telecamere dell’infermeria del carcere non avessero funzionato nel giorno della morte di Dal Corso. Nordio aveva risposto dicendo che non era al corrente di anomalie. Al momento non ci sono persone indagate.