La donna a cui la Corte Suprema del Texas aveva impedito di abortire nonostante la gravidanza a rischio è andata a farlo fuori dallo stato

Una manifestazione di protesta contro la revoca del diritto all'aborto a livello federale, negli Stati Uniti (AP Photo/Eric Gay, File)
Una manifestazione di protesta contro la revoca del diritto all'aborto a livello federale, negli Stati Uniti (AP Photo/Eric Gay, File)

Kate Cox, la donna di 31 anni a cui la settimana scorsa la Corte Suprema del Texas aveva impedito di abortire nonostante la sua gravidanza fosse a rischio, è uscita dallo stato per ricorrere alla pratica altrove: il Center for Reproductive Rights, organizzazione che ha seguito il suo e altri casi simili, non ha detto dove è andata.

Cox aveva chiesto di abortire perché al feto era stata diagnosticata la trisomia 18, un’anomalia genetica molto grave che in molti casi provoca aborti spontanei: più della metà dei bambini che nascono con questa malattia muore nella prima settimana di vita e solo una quota tra il 5 e il 10 per cento supera il primo anno di vita. Secondo i documenti relativi al suo caso, i medici si sarebbero rifiutati di praticare l’aborto perché avevano già riscontrato “attività cardiaca” nell’embrione, indicata dalla legge del Texas come la soglia oltre la quale l’interruzione di gravidanza è proibita, anche in caso di stupri o incesti (l’attività cardiaca si verifica attorno alle sei settimane, un momento della gravidanza in cui molte donne non sanno ancora di essere incinte e in cui in realtà non c’è ancora un organo cardiaco vero e proprio).

L’aborto di Cox era stato permesso da un tribunale di grado inferiore, ma venerdì scorso il procuratore generale del Texas Ken Paxton, contrario all’aborto, aveva fatto appello contro la decisione e bloccato temporaneamente l’accesso alla pratica sostenendo che ai giudici servisse più tempo per emettere una sentenza definitiva: secondo il tribunale che aveva consentito l’aborto, invece, nel caso di Cox le eccezioni del caso rispetto al divieto in vigore nello stato sarebbero evidenti.

Dopo la sentenza della Corte suprema degli Stati Uniti che ha di fatto cancellato il diritto all’aborto a livello federale, circa venti dei cinquanta stati hanno introdotto leggi restrittive che vietano in assoluto l’interruzione volontaria di gravidanza oppure ne limitano la possibilità alle prime settimane di vita del feto.