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  • Mercoledì 6 dicembre 2023

Gli studenti italiani vanno peggio in matematica

Secondo l'ultima indagine OCSE PISA i risultati sono in calo dal 2015, mentre sono migliorati i punteggi in lettura e scienze

(ANSA/MASSIMO PERCOSSI)
(ANSA/MASSIMO PERCOSSI)

Martedì sono stati diffusi i risultati dell’indagine OCSE PISA relativa al 2022, composta da varie prove pensate per valutare le competenze degli studenti in tre ambiti: matematica, lettura e scienze. I risultati vengono sempre molto commentati sui giornali, soprattutto perché dovrebbero permettere di comparare in modo efficace la situazione dell’Italia a quella di molti altri paesi, e di avere una valutazione d’insieme dello stato della scuola e del sistema educativo.

L’indagine PISA viene organizzata ogni tre anni. Nel 2022 ha coinvolto quasi 700mila studenti di 15 anni (quelli che in Italia di solito sono in prima superiore) provenienti da 81 paesi diversi, tra cui alcuni membri dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) come Italia, Spagna, Francia, Germania e Stati Uniti, e altri paesi “partner” del progetto, tra cui l’Albania, l’Indonesia, il Kazakistan e l’Ucraina.

Per quanto riguarda l’Italia i dati utilizzati dal programma OCSE PISA, e quindi confrontati con quelli di tutti gli altri paesi, sono raccolti con le prove organizzate dall’INVALSI, l’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione.

Spesso si tende a fare confusione, ma l’indagine OCSE PISA non è la stessa cosa rispetto alle prove INVALSI nazionali: queste si svolgono ogni anno tra tutti gli studenti di determinate classi (la seconda e la quinta elementare, la terza media, la seconda e la quinta superiore), riguardano matematica, italiano e in alcune classi inglese, e sono basate sulle linee guida del ministero dell’Istruzione italiano. Il test PISA invece è strutturato in modo da rendere comparabili i dati raccolti in paesi diversi: per questo non si basa sulle linee guida nazionali, e punta a misurare le competenze più che le conoscenze.

Le prove PISA avrebbero dovuto svolgersi nel 2021, ma sono state posticipate al 2022 a  causa della pandemia di Covid-19. Per l’Italia hanno partecipato 10.552 studenti di 15 anni, provenienti da 345 scuole selezionate. Il campione è stato selezionato per rappresentare circa 500mila studenti della stessa età.

Gli studenti italiani hanno riportato risultati soddisfacenti nell’ambito della lettura e delle scienze, e deludenti invece in matematica. Le prove di lettura riguardano la cosiddetta reading literacy, ossia la capacità di comprendere testi scritti e rielaborarli per raggiungere i propri obiettivi, sviluppare conoscenze e partecipare alla società. In questo campo gli studenti italiani hanno ottenuto un punteggio medio di 482 punti, leggermente superiore alla media dei paesi dell’OCSE, di 476 punti. Il punteggio dell’Italia è di 6 punti superiore a quello ottenuto nel 2018, ma complessivamente non ci sono state grosse variazioni dall’inizio delle indagini: nel 2000, il primo anno in cui è stato condotto il test PISA per le competenze di lettura, l’Italia ottenne un punteggio medio di 487 punti.

In scienze è andata meno bene: il punteggio medio è stato 477, più basso rispetto ai 485 punti della media OCSE. C’è stato però un miglioramento di 9 punti rispetto al 2018.

Il risultato peggiore, e l’unico a calare rispetto all’indagine di quattro anni prima, è stato quelli di matematica: gli studenti italiani hanno ottenuto un punteggio medio di 471 punti, in linea con i 472 punti della media OCSE ma inferiore di 15 punti rispetto ai risultati del 2018. Il risultato è stato peggiore anche rispetto ad altre rilevazioni recenti: nel 2015 il risultato medio fu di 490, e nel 2018 di 487. Dal 2000 a oggi le variazioni sono sempre state di pochi punti percentuali, e il salto registrato tra 2018 e 2022 è effettivamente notevole.

Secondo alcuni esperti durante la pandemia di Covid-19, tra il 2020 e il 2022, l’apprendimento della matematica ha risentito in modo particolare della chiusura delle scuole: è una materia poco familiare a tante persone adulte, che sono andate a scuola molti anni prima e poi non hanno più fatto studi specifici sul tema. È quindi possibile che, in mancanza degli insegnanti o dei compagni, i ragazzi non abbiano ricevuto sufficiente supporto nell’apprendimento. Un sondaggio svolto sempre dal programma PISA OCSE ha rilevato che gli studenti i cui insegnanti si sono resi disponibili durante la chiusura delle scuole hanno ottenuto in media punteggi più alti nelle prove di matematica, anche se in Italia questa differenza si è rivelata essere poco rilevante.

Le prove OCSE PISA hanno confermato differenze significative tra le varie zone d’Italia e tra le diverse tipologie di istituti. Gli studenti del Nord-est e del Nord-ovest hanno ottenuto risultati migliori rispetto a quelli del Centro e del Meridione in tutte le tre aree di competenza considerate. Gli studenti dei licei hanno ottenuto risultati migliori rispetto a quelli degli istituti tecnici o professionali: in matematica per esempio il punteggio medio tra i liceali è stato di 498, e tra gli istituti professionali di 397.

Dai risultati delle prove è emerso anche un grande divario tra i punteggi ottenuti dai ragazzi e dalle ragazze. I primi sono risultati molto più bravi in matematica: hanno ottenuto un punteggio medio superiore di 21 punti rispetto a quello delle ragazze, il divario più ampio tra tutti i paesi considerati. Nel Nord-ovest la differenza è stata addirittura di 33 punti a favore dei maschi. È una costante: dal 2003 in Italia i ragazzi hanno sempre ottenuto risultati migliori in matematica rispetto alle ragazze. Le studentesse invece si sono dimostrate più competenti nelle prove di lettura, ottenendo in media 19 punti in più rispetto ai loro compagni. In scienze maschi e femmine hanno ottenuto risultati più vicini.

È difficile trovare una causa univoca per questi divari. Molto ha a che fare con le dinamiche culturali e con gli stereotipi di genere, secondo cui le donne sono più attratte da materie umanistiche e meno propense a scegliere studi cosiddetti “STEM”, ossia afferenti a materie scientifiche (l’acronimo inglese STEM sta per scienze, tecnologia, ingegneria e matematica). È una tendenza che si riflette anche in ambito professionale: a marzo del 2023 le donne iscritte all’albo degli ingegneri erano 42.200, il 17 per cento del totale, un dato minoritario ma comunque in crescita rispetto al 9 per cento del 2017.

«Il divario tra genere e apprendimento è un fatto culturale, non possiamo immaginare che esista una predisposizione naturale alla comprensione: esiste però l’idea che le discipline scientifiche siano prevalentemente maschili», dice Adolfo Scotto Di Luzio, professore di Storia della pedagogia all’università di Bergamo. Anche sulla base dei risultati delle prove INVALSI e delle indagini OCSE PISA, negli ultimi anni sono state introdotte varie iniziative per favorire la presenza delle donne nelle materie STEM, sia in ambito accademico che professionale: «Da questo punto di vista i test servono a segnalare un divario socio-culturale, e a invitare i politici a prendere decisioni di conseguenza».

Da anni esiste un dibattito molto acceso riguardo all’affidabilità dei risultati delle prove INVALSI e alla loro effettiva capacità di rappresentare lo stato della scuola italiana. «Le prove sono affidabili perché sono costruite a partire da criteri rigorosi», dice Scotto Di Luzio. Allo stesso tempo però non è detto che le prove permettano davvero di avere un quadro realistico della situazione: «Non necessariamente le tecniche usate permettono di capire cos’è l’educazione, cos’è un rapporto educativo e quali sono le funzioni della scuola». Secondo il professore, le prove INVALSI «tendono a standardizzare il processo scolastico, e a valutarlo sulla base di questa standardizzazione. Non si tratta di decidere se [i test] sono fatti bene o male, ma di capire se la scuola può essere valutata con questi criteri».

Un altro problema sta nel fatto che le indagini OCSE PISA si limitano a diffondere dei risultati quantitativi riguardo alla preparazione degli studenti, senza però spiegarne le cause: «In assenza di altre informazioni su quello che è successo nelle scuole è difficile capire perché alcuni studenti hanno ottenuto risultati scadenti», dice Cristiano Corsini, docente di Pedagogia sperimentale e valutazione scolastica all’Università di Roma Tre.