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  • Lunedì 20 novembre 2023

La lettera di Elena Cecchettin sul femminicidio di sua sorella

Parla di “cultura dello stupro” e chiede di non definire l'ex fidanzato di Giulia Cecchettin come un «mostro» perché «un mostro è un'eccezione»

(Lucrezia Granzetti/LaPresse)
(Lucrezia Granzetti/LaPresse)

Lunedì il Corriere del Veneto ha pubblicato una lettera di Elena Cecchettin, 24 anni, che parla del caso della sorella minore, Giulia Cecchettin, scomparsa insieme all’ex fidanzato Filippo Turetta nella notte tra sabato 11 e domenica 12 novembre e trovata morta sabato. Turetta è stato arrestato domenica in Germania dopo una settimana di fuga, e attualmente è indagato per omicidio volontario aggravato dal vincolo affettivo.

La lettera di Elena Cecchettin sta ricevendo una certa attenzione, anche perché esprime in maniera chiara diversi concetti che i movimenti femministi tentano di diffondere da decenni, ma che nei casi di cronaca come questi difficilmente trovano il giusto spazio, come la “cultura dello stupro” e la diffusione sistemica della violenza maschile sulle donne.

Elena Cecchettin aveva anticipato alcune parti della lettera domenica, durante un collegamento con il programma Dritto e Rovescio, condotto da Paolo Del Debbio. In quell’occasione il conduttore era rimasto interdetto di fronte alla frase conclusiva, cioè:

Per Giulia non fate un minuto di silenzio, per Giulia bruciate tutto.

Si tratta di un riferimento a un verso di una poesia scritta dall’attivista femminista peruviana Cristina Torres-Cáceres, che nello scorso fine settimana è stata condivisa moltissimo sui social network, in relazione alla scomparsa e al successivo ritrovamento del corpo di Giulia Cecchettin, ma viene da anni usata all’interno delle manifestazioni dell’associazione femminista Non Una Di Meno. Elena Cecchettin ha spiegato che al di là del significato che questa espressione aveva nella poesia, il senso di quelle parole è che c’è bisogno di fare una «rivoluzione culturale», di cancellare o ribaltare la cultura dominante.

Tra le altre cose, nella lettera Elena Cecchettin ha chiesto di non definire Turetta come un «mostro», perché «un mostro è un’eccezione, una persona esterna alla società, una persona della quale la società non deve prendersi la responsabilità. E invece la responsabilità c’è». Ha citato anche la “cultura dello stupro”, cioè la tendenza a minimizzare e considerare normali violenze e abusi di genere, definendola come «ciò che legittima ogni comportamento che va a ledere la figura della donna, a partire dalle cose a cui talvolta non viene nemmeno data importanza ma che di importanza ne hanno eccome, come il controllo, la possessività, il catcalling [le molestie verbali, ndr]».

– Leggi anche: La storia del femminicidio di Giulia Cecchettin, dall’inizio

In un passaggio della lettera si fa anche riferimento all’educazione sessuale, in particolare degli uomini, per far sì che il cambiamento necessario parta da loro. Secondo Cecchettin è soprattutto una responsabilità degli uomini cambiare in meglio «questa società patriarcale», riconoscendo negli altri uomini le dinamiche di potere e sopraffazione sulle donne, limitandole: «Ditelo a quell’amico che controlla la propria ragazza, ditelo a quel collega che fa catcalling alle passanti, rendetevi ostili a comportamenti del genere accettati dalla società, che non sono altro che il preludio del femminicidio», scrive Cecchettin.

Tutte le informazioni disponibili sul caso di Cecchettin fanno pensare che si tratti di un femminicidio, cioè un omicidio conseguenza di violenze (fisiche ma anche psicologiche) che derivano da una dinamica di potere e controllo alimentata da stereotipi e aspettative di genere, e che sono esercitate sulle donne da uomini a loro vicini o che pensano di esserlo. Sarebbe l’ennesimo: secondo i dati del ministero dell’Interno, dall’inizio dell’anno al 13 novembre in Italia sono state uccise 102 donne, 82 delle quali in ambito familiare e affettivo. 53 sono state uccise dal partner o dall’ex partner.

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