Il Consiglio Nazionale delle Ricerche ha 100 anni

Fu istituito per coordinare gli studi di università, aziende ed esercito: ancora oggi è il più grande ente scientifico italiano per numero di ricercatori

Il palazzo del Consiglio Nazionale delle Ricerche, a Roma (GIUSEPPE GIGLIA / ANSA)
Il palazzo del Consiglio Nazionale delle Ricerche, a Roma (GIUSEPPE GIGLIA / ANSA)
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Per molti secoli la scienza è progredita in buona parte attraverso scoperte di persone che potevano dedicarsi ai propri studi grazie a risorse economiche di famiglia, al sostegno di persone facoltose o all’esercizio di professioni svolte in parallelo. Nel corso dell’Ottocento poi le università hanno cominciato ad avere un ruolo sempre maggiore, via via che si definivano le diverse branche della scienza per come la conosciamo oggi e si aprivano facoltà scientifiche. Nell’ultimo secolo infine si sono sviluppati istituti dedicati esclusivamente alla ricerca, molto spesso voluti dai governi: è il caso del Consiglio Nazionale delle Ricerche italiano, il CNR, che fu fondato esattamente cento anni fa.

Oggi è il principale ente di ricerca italiano per numero di ricercatrici e ricercatori, 5.559, che lavorano in 88 istituti e 228 sedi con laboratori sparsi nel territorio nazionale, ed è anche l’ente non universitario che finanzia più dottorati. Si occupa di un gran numero di ambiti di studio, dalla fisica alle scienze agroalimentari, dalla chimica ai beni culturali, dalle scienze biomediche all’ingegneria.

La storia del CNR inizia dopo la Prima guerra mondiale. Alla fine del conflitto molti paesi, interessati dalle tecnologie usate dall’esercito tedesco come i sottomarini e i gas velenosi, vollero favorire il progresso scientifico e le sue applicazioni pratiche, sia in campo militare che industriale. Si pensò allora di creare organizzazioni che coordinassero le nuove ricerche tra università, aziende ed esercito: in Italia venne istituito, nel 1923, il CNR. Il suo primo presidente fu l’importante matematico e fisico Vito Volterra, che durante la guerra mondiale si era occupato di dirigibili maturando una certa esperienza nelle applicazioni pratiche delle scoperte scientifiche.

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Inizialmente il CNR si occupava soprattutto di fisica e chimica. Quando nel 1927 Volterra dovette rinunciare alla presidenza dell’ente in quanto antifascista (nel 1931 fu uno dei dodici professori universitari italiani a rifiutarsi di prestare il giuramento di fedeltà al fascismo), il regime di Benito Mussolini nominò al suo posto Guglielmo Marconi, che nel 1909 era stato insignito con il premio Nobel per la Fisica per «lo sviluppo della telegrafia senza fili» ed era quindi molto noto e stimato anche all’estero. Marconi tentò, come Volterra prima di lui, di creare laboratori di ricerca al di fuori del contesto universitario, ma non riuscì davvero in questo intento: i principali risultati scientifici italiani degli anni Trenta furono ottenuti dal gruppo di Enrico Fermi che lavorava all’interno del Regio istituto di fisica dell’università di Roma.

Alla morte di Marconi nel 1937, Mussolini nominò presidente del CNR il capo di Stato maggiore Pietro Badoglio, che avrebbe poi firmato l’armistizio del 1943. Mussolini scelse un militare perché già all’epoca si parlava della possibilità di una nuova guerra in Europa e voleva che gli scienziati e l’esercito collaborassero. La cosa non funzionò mai davvero, e così il regime ridusse i finanziamenti al CNR. In quegli stessi anni la comunità scientifica italiana aveva peraltro subìto grandi danni a causa delle leggi razziali contro gli ebrei che avevano spinto molti scienziati, tra cui Fermi, vincitore del Nobel per la Fisica nel 1938, a trasferirsi all’estero.

Il periodo di maggior rilevanza della storia del CNR iniziò dopo la Seconda guerra mondiale, quando fu riformato in senso democratico, ampliò i propri campi di attività e collaborò alla ricostruzione del paese. Infatti il CNR ebbe un ruolo importante nella pianificazione territoriale e negli studi ingegneristici necessari per costruire il gran numero di abitazioni che servivano nelle città italiane in quel periodo. Fece anche studi per la costruzione del gran numero di ponti e viadotti realizzati negli anni Quaranta e Cinquanta, e sviluppò le normative tecniche per le attività produttive, quelle che garantiscono la sicurezza dei lavoratori dell’industria, dell’edilizia e non solo.

Ma il CNR si occupò molto anche di fisica nucleare e dei suoi possibili impieghi nel campo dell’energia e di ricerca spaziale. Nel 1951 fu fondato l’Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN), che sarebbe diventato un ente di ricerca autonomo negli anni Sessanta, e nel 1959 la Commissione per le ricerche spaziali, l’origine dell’Agenzia spaziale italiana (ASI) creata nel 1988. L’ambito delle ricerche spaziali è uno di quelli in cui il CNR collaborò di più con le aziende: negli anni Settanta questa collaborazione portò al lancio nello Spazio di SIRIO, il primo satellite geostazionario europeo per le telecomunicazioni.

L’Istituto per le applicazioni del calcolo (IAC), che era stato fondato nel 1927 e fu il primo degli istituti del Consiglio Nazionale delle Ricerche, ne fa tuttora parte. Nel 1955 fu il secondo ente italiano dopo il Politecnico di Milano ad assemblare un computer, il FINAC, che fu usato per fare calcoli per il ministero del Bilancio, oltre che per la ricerca nucleare.

Ancora negli anni Sessanta il CNR continuò la propria espansione. Prima di tutto perché nel 1962 l’allora presidente Giovanni Polvani volle aggiungere alle discipline scientifiche di cui si era occupato il CNR fino ad allora anche quelle umanistiche, in particolare nel campo delle scienze umane e del patrimonio culturale. Oggi fanno parte del CNR anche enti di ricerca come l’Istituto di studi giuridici internazionali (ISGI), l’Istituto di studi sui sistemi regionali federali e sulle autonomie (ISSIRFA) e l’Istituto opera del vocabolario italiano (OVI), che ha il compito di elaborare il vocabolario storico italiano.

Tra gli anni Settanta e gli anni Novanta tuttavia il CNR ebbe un periodo di crisi a causa della diminuzione delle risorse finanziarie stanziate dai governi per la ricerca (erano più o meno sempre gli stessi fondi, ma nel frattempo aumentava l’inflazione) e della sempre maggiore burocratizzazione dei progetti di ricerca, che di fatto la rallenta. Le cose migliorarono con l’intervento di Antonio Ruberti, ingegnere, ex rettore della Sapienza di Roma e ministro dell’Università e della Ricerca scientifica dal 1988 al 1992, che riprese a finanziare il CNR.

Oggi il Consiglio Nazionale delle Ricerche continua a essere la più importante istituzione di ricerca pubblica in Italia, ma da tempo si discute della necessità di rivederne parte dell’organizzazione e di modificare alcuni sui meccanismi legati sia all’assegnazione delle borse sia ai criteri di ricerca stessa.

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