Il governo tedesco ha fatto un pasticcio con il debito pubblico

Aumenterà di 60 miliardi a causa di una rendicontazione incostituzionale: ci potrebbero essere conseguenze anche per l'Italia

Il cancelliere tedesco Olaf Scholz (Sean Gallup/Getty Images)
Il cancelliere tedesco Olaf Scholz (Sean Gallup/Getty Images)
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Mercoledì 15 novembre la Corte costituzionale tedesca ha emesso una sentenza su alcuni movimenti del bilancio federale del 2021, che sono stati dichiarati incostituzionali. In quell’anno il governo di Olaf Scholz – un governo di centrosinistra guidato da Socialdemocratici, Liberali e Verdi – stanziò 60 miliardi di euro presi a debito per affrontare le spese emergenziali legate alla pandemia da coronavirus: quei 60 miliardi, essendo fondi emergenziali, non erano conteggiati nel debito pubblico dello stato, sulla base della legge tedesca. Dopo averli stanziati, però, il governo non li spese, e a quel punto decise di destinarli al finanziamento di un fondo per la transizione energetica, continuando però a non conteggiarli nel debito pubblico.

La Corte costituzionale ha deciso che questa manovra è incostituzionale e vìola una legge tedesca sulla limitazione del debito: i 60 miliardi di euro dovranno rientrare nel debito, che in questo modo salirà. Questo avrà conseguenze non soltanto contabili, ma influirà tanto sulle politiche del governo tedesco quanto sui prossimi negoziati sul Patto di stabilità nell’Unione Europea.

Secondo la Corte costituzionale il governo, decidendo di spostare la destinazione dei fondi dall’emergenza alle spese ordinarie sulla transizione energetica senza conteggiarle nel debito, ha violato la regola costituzionale conosciuta come “freno al debito”, che pone dei vincoli molto rigidi alla spesa pubblica e all’indebitamento del governo. La legge è del 2009 e impone che il debito pubblico non salga più dello 0,35 per cento del PIL ogni anno, tranne che in situazioni eccezionali, come può essere una pandemia o una recessione. In certi casi dunque il governo può superare questo limite e i finanziamenti destinati ad affrontare certe emergenze non vengono considerati nel calcolo.

I 60 miliardi contestati dalla Corte costituzionale furono sbloccati proprio in deroga a questa regola per far fronte alla pandemia da coronavirus, e se conteggiati avrebbero portato a un aumento del debito pubblico dell’1,5 per cento del PIL. Nel 2021 non furono spesi e il governo decise di usarli per altro: visto l’utilizzo diverso, secondo la Corte questi fondi non erano più da considerarsi legati all’emergenza e avrebbero dovuto quindi essere conteggiati per rientrare entro i limiti ordinari per l’indebitamento annuale.

È la prima volta che la Corte costituzionale tedesca si pronuncia sul “freno al debito” da quando è stato introdotto. Sebbene riguardi un budget ormai passato, questa sentenza ha conseguenze molto concrete per il presente, sia a livello interno che europeo.

Sul piano della politica interna i problemi sono vari, alcuni pratici e altri più politici. Il primo è che la sentenza stabilisce che il governo dovrà trovare altri soldi per finanziare il fondo per la transizione energetica. Il Fondo per il clima e la trasformazione (KTF) è uno dei progetti di punta del governo Scholz, che punta alla decarbonizzazione e alla digitalizzazione dell’economia tedesca proprio in un momento in cui non sta andando così bene.

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Il fondo aveva pianificato di distribuire più di 177 miliardi di euro in sussidi nei prossimi tre anni ma, a meno che non si trovino fondi per sostituire i 60 miliardi contestati, dovrà ridimensionare le sue ambizioni. Il ministro delle Finanze Christian Lindner ha detto in conferenza stampa che le erogazioni saranno momentaneamente sospese e che sarà predisposto un nuovo piano finanziario che tenga conto della sentenza, senza dire se il budget sarà ridotto o se saranno trovate risorse alternative.

Oltre alle questioni più pratiche, ci sono varie questioni politiche. La prima riguarda la reputazione: in Germania l’opinione pubblica è molto attenta al rigore dei conti e il fatto che il governo Scholz abbia fatto più debito di quanto avrebbe potuto rischia di fargli perdere consensi. I principali partiti all’opposizione – i conservatori dell’Unione Cristiano Democratica (CDU) e dell’Unione Sociale Democratica (CSU), e il partito di estrema destra Alternativa per la Germania (AfD) – stanno dando molto risalto alla vicenda, accusando il governo di essere stato poco trasparente e prudente nella gestione dei conti.

La sentenza arriva poi in un momento in cui sono in corso trattative politiche molto complesse per il budget del prossimo anno. La commissione bilancio del Bundestag, il parlamento tedesco, ha rinviato di almeno una settimana le votazioni su questo tema, proprio per capire tutte le eventuali implicazioni della sentenza sui conti pubblici.

La seconda è che si è riaperta una discussione sull’aver inserito la regola sul “freno a debito” nella Costituzione, una discussione storica e che è molto polarizzata: da una parte c’è chi ritiene giusto che il governo per legge tenga il rigore nei conti; dall’altra molti fanno notare che rischia di essere troppo vincolante quando lo stato ha bisogno di spendere di più per stimolare l’economia, ma senza grandi emergenze come una guerra o la pandemia.

E quello attuale è proprio un momento in cui il governo tedesco sta cercando di investire e spendere per sostenere l’economia: secondo le stime della maggior parte delle istituzioni internazionali, tra quelle avanzate l’economia tedesca è l’unica che rischia di finire l’anno in recessione. In ogni caso è difficile che questa regola possa essere cambiata nel breve termine: essendo una modifica della Costituzione richiederebbe i due terzi dei voti di entrambe le camere del parlamento, una maggioranza che l’attuale governo non ha.

La sentenza rischia poi di avere delle conseguenze che vanno oltre la politica interna e che riguardano i negoziati europei per la riforma del nuovo Patto di stabilità, ossia delle regole europee per la gestione dei conti pubblici che sono sempre state criticate per la loro rigidità. I negoziati sono molto duri perché si scontrano due posizioni opposte: la prima, portata avanti dalla Germania e dagli altri paesi cosiddetti “frugali”, come l’Austria e i Paesi Bassi, vorrebbe che fossero mantenuti parametri rigorosi e uguali per tutti i paesi, senza quindi fare troppe concessioni e contenendo i rischi legati a un indebitamento eccessivo; il secondo gruppo invece, di cui fanno parte tra gli altri la Francia, la Spagna e l’Italia, chiede regole più flessibili, a fronte di una situazione fiscale ed economica profondamente influenzata da eventi imprevedibili, come la pandemia e la guerra in Ucraina.

La Germania è tra i paesi più influenti dell’Unione Europea e la sua posizione propende per il rigore: dopo la sentenza della corte costituzionale potrebbe avere un atteggiamento ancora più duro, per mantenere la reputazione interna di paese fiscalmente responsabile e dedito al risparmio. Potrebbe poi dimostrare che, nonostante la sentenza abbia fatto salire il debito pubblico, i suoi conti sono rimasti comunque conformi alle regole europee. Il rischio è quindi che l’irrigidimento delle posizioni negoziali della Germania possa portare all’approvazione di una riforma con più vincoli, che complicherebbe molto la gestione della spesa pubblica per i paesi ad alto debito come l’Italia.

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