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  • Lunedì 13 novembre 2023

È morta Indi Gregory

Era la bambina inglese gravemente malata a cui il governo italiano aveva dato la cittadinanza sperando di trasferirla al Bambino Gesù di Roma

Il Queen's Medical Centre di Nottingham, dove era inizialmente ricoverata Indi Gregory (Christopher Furlong/Getty Images)
Il Queen's Medical Centre di Nottingham, dove era inizialmente ricoverata Indi Gregory (Christopher Furlong/Getty Images)
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Nella notte fra domenica e lunedì è morta Indi Gregory, la bambina inglese di otto mesi affetta da una malattia definita incurabile dai medici che la assistono dalla nascita. La notizia è stata data dal padre all’agenzia di stampa italiana LaPresse. La sua vicenda era stata molto seguita in Italia, perché negli scorsi giorni il governo le aveva dato la cittadinanza italiana per cercare di facilitarne il trasferimento all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma.

Tuttavia nei giorni scorsi l’Alta Corte, il tribunale britannico di primo grado, aveva ordinato di spegnere le macchine che la mantenevano in vita, ritenute una forma di accanimento terapeutico. La bambina era stata quindi trasferita in una struttura specializzata nell’alleviamento del dolore delle persone affette da malattie terminali. La decisione di dare alla bambina la cittadinanza italiana era un gesto dal valore più che altro simbolico e politico, e non vincolava in alcun modo le decisioni dei tribunali britannici. Anche i genitori avevano riconosciuto la giurisdizione dei tribunali sulla questione.

Inizialmente Indi Gregory era stata ricoverata all’ospedale Queen’s Medical Center di Nottingham. Era affetta da una malattia mitocondriale che impedisce lo sviluppo dei muscoli. I mitocondri sono piccoli organi cellulari presenti in buona parte delle cellule animali e vegetali, e hanno il compito di regolare la respirazione cellulare e la produzione di energia per mantenere in vita la cellula. L’attività dei mitocondri è fondamentale per la funzionalità delle cellule, e di conseguenza degli organismi. Il problema è che a volte il DNA mitocondriale può subire mutazioni, rendendo i mitocondri meno funzionali. Questi malfunzionamenti possono causare numerose malattie, alcune delle quali debilitanti e che portano alla perdita della vista, della mobilità e nei casi più gravi alla morte.

Come accaduto in altri casi simili, i giudici avevano ordinato la sospensione dei trattamenti vitali sulla base di un orientamento consolidato della giustizia inglese, cioè del “massimo interesse del minore”. I giudici avevano assecondato la posizione dei medici secondo cui la continuazione delle terapie causerebbe inutili sofferenze alla bambina.

Dopo il pronunciamento dei giudici dell’Alta Corte, i genitori di Gregory avevano  presentato vari ricorsi, fra cui alla Corte d’Appello e alla Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) a Strasburgo. Il 2 novembre avevano chiesto il trasferimento all’ospedale Bambino Gesù di Roma. In tutti i casi era stata confermata la posizione dei medici e la decisione dell’Alta Corte. In seguito alla concessione della cittadinanza italiana, i genitori di Gregory avevano chiesto e ottenuto una nuova udienza alla divisione famiglia dell’Alta Corte, che però aveva negato il trasferimento in Italia confermando le decisioni precedenti.

Venerdì i genitori avevano perso anche il ricorso con cui chiedevano che le cure della bambina fossero interrotte a casa: il tribunale aveva confermato che le cure sarebbero state sospese in un hospice, una struttura che si concentra sull’alleviamento del dolore e dei sintomi delle persone affette da malattie terminali e sulla cura dei loro bisogni emotivi e spirituali alla fine della vita.

Non è la prima volta che si uniscono le istanze pro-vita del Regno Unito e in Italia, cinque anni fa ci fu un caso simile. Il governo di Paolo Gentiloni diede la cittadinanza italiana a un bambino inglese, Alfie Evans, affetto da una malattia molto rara e incurabile. In seguito al ricorso presentato dai genitori di Evans, l’Alta Corte di Londra stabilì che la sospensione delle cure era doverosa per non causare inutili sofferenze al bambino. I genitori, Tom Evans e Kate James, chiesero ai giudici di rimandare l’interruzione delle cure e il trasferimento in Italia dopo la concessione della cittadinanza italiana.

Durante l’ultima udienza il giudice dell’Alta Corte disse che l’Italia non poteva avere giurisdizione sul caso perché Evans era un cittadino britannico in quanto risiedeva abitualmente nel Regno Unito. Alfie Evans morì pochi giorni dopo la sospensione dei trattamenti.