Sbarazzarsi dell’anidride carbonica è molto complicato

Lo dimostra la svendita del più grande impianto per il sequestro del principale gas serra, voluto da una compagnia petrolifera

L'impianto Century in Texas (Google Street View)
L'impianto Century in Texas (Google Street View)
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L’azienda petrolifera statunitense Occidental Petroleum (Oxy) ha svenduto uno dei più grandi impianti per la cattura e il sequestro dell’anidride carbonica al mondo a causa degli alti costi di gestione e della bassa resa del sistema. Il progetto era stato avviato più di dieci anni fa e secondo le analisi di Bloomberg dimostra quanto sia ancora difficile sviluppare iniziative sostenibili per ridurre l’immissione nell’atmosfera di nuova anidride carbonica (CO2), il principale gas serra responsabile del riscaldamento globale. Le tecnologie di questo tipo sono spesso promosse dalle aziende petrolifere come un modo per abbattere l’inquinamento prodotto dai loro impianti di estrazione e trattamento degli idrocarburi, ma ci sono ancora dubbi sulla sostenibilità economica di alcune di queste soluzioni.

Le tecniche più esplorate per rimuovere la CO2 consistono nella sottrazione alla fonte (CCS), con particolari macchinari collegati direttamente agli impianti industriali che la producono (acciaierie o raffinerie, per esempio), oppure nella rimozione dall’atmosfera (DAC) attraverso filtri e sistemi di aspirazione. L’anidride carbonica ottenuta viene poi conservata ad alta pressione allo stato liquido, spesso nel sottosuolo. Entrambe le tecniche sono ancora sperimentali, con la DAC che sembra essere più promettente per eliminare la CO2 ormai in circolazione e la CCS per evitare che ne venga immessa di nuova.

In attesa del perfezionamento della DAC, nell’ultimo decennio molte aziende del settore petrolifero si sono concentrate sulla CCS, teoricamente più semplice da realizzare e sfruttabile dal punto di vista economico. La CO2 ricavata dai fumi di scarico degli impianti, infatti, può essere iniettata nei pozzi quasi esausti, in modo da aumentare la pressione al loro interno e ricavare petrolio e gas altrimenti difficili da estrarre.

Oxy aveva visto nella realizzazione di un impianto per CCS la soluzione ad alcuni problemi di estrazione che aveva riscontrato in Texas (Stati Uniti). Nel 2008 aveva avviato il progetto Century e annunciato insieme ad alcune aziende partner la costruzione di un enorme impianto per separare l’anidride carbonica estratta insieme al gas naturale da un giacimento, in modo da poterla poi utilizzare per l’estrazione di altri idrocarburi.

L’iniziativa era stata comunicata come una grande opportunità non solo per l’azienda, ma anche per il pianeta visto che si riteneva avrebbe permesso di ridurre drasticamente le emissioni di anidride carbonica legate alle attività estrattive. Oxy aveva previsto un aumento di circa il 25 per cento della resa nelle proprie attività, mentre Century sarebbe diventato il più grande impianto di CCS al mondo, con la capacità di gestire oltre 8 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno.

L’impianto Century in Texas (Bing Maps)

L’impianto fu realizzato in pochi anni, ma non portò mai ai risultati previsti dalla società. Tra il 2018 e il 2022, il sistema rese possibile la sottrazione di meno di 800mila tonnellate di anidride carbonica all’anno, meno del 10 per cento di quanto era stato inizialmente prospettato da Oxy. Sempre secondo l’inchiesta di Bloomberg, l’impianto non ha mai funzionato a pieno regime a fronte di costi alti per la gestione, che hanno indotto Oxy a svenderlo nel gennaio del 2022 con un ricavo intorno ai 200 milioni di dollari, a fronte dei circa 800 milioni di dollari spesi solo per la sua costruzione. La svendita non era stata annunciata ed è emersa solo nella documentazione fiscale della società.

La nuova azienda che gestisce l’impianto per conto di Mitchell Group, altra grande società degli idrocarburi, continua a fornire la CO2 prodotta da Century a Oxy, ma non ci sono molti dettagli sugli accordi tra i due soggetti. Nel frattempo Oxy ha avviato la costruzione di un nuovo impianto che si chiama Stratos, sempre in Texas, per la rimozione dell’anidride carbonica dall’atmosfera (DAC). La costruzione è in parte sovvenzionata da fondi pubblici, nell’ambito delle iniziative del governo statunitense per incentivare la riduzione dei gas serra e rendere più sostenibili vari settori industriali.

Come molte altre aziende petrolifere, Oxy ha bisogno di iniziative come Stratos per controbilanciare le proprie emissioni nocive, in modo da mantenere gli obiettivi sulla riduzione della produzione di gas serra in vista dei piani per la “neutralità carbonica” o le “emissioni zero”, per cui per ogni tonnellata di CO2 o di un altro gas serra che si diffonde nell’atmosfera se ne rimuove altrettanta. In altre parole, non immettere gas serra nell’atmosfera oltre la quantità che si riesce a togliere.

I sistemi basati sulla DAC devono ancora dimostrare di essere efficienti, ma presentano comunque qualche vantaggio rispetto ai CCS. Il principale è la minore dipendenza dalle oscillazioni dei prezzi delle materie prime del mercato dell’energia. Le fluttuazioni del prezzo del gas naturale, dovute alla pandemia da coronavirus e in seguito all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, hanno influito sulle attività estrattive di Oxy e si sono riflesse sulla capacità di sottrarre la CO2 e di impiegarla nei pozzi per estrarre altri combustibili fossili.

Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia l’aumento degli impianti di CCS è comunque necessario per evitare che sia immessa nell’atmosfera nuova CO2. Per raggiungere gli obiettivi sulla decarbonizzazione si dovrebbe attivare almeno un impianto al mese delle dimensioni di quello di Century per i prossimi dieci anni. In parallelo dovranno essere costruiti molti impianti di DAC per sottrarre l’anidride carbonica già in circolazione nell’atmosfera, il cui accumulo comporta un peggioramento del riscaldamento globale.

L’insuccesso di Century non è però isolato e si inserisce in una serie di mezzi fallimenti legati alle tecnologie di CCS, a dimostrazione di quanto sia difficile la gestione della CO2. I problemi sono in genere più economici che tecnologici, ma determinano comunque gli insuccessi come quello di Oxy. Le speranze sono ora riposte nella DAC, una tecnologia ancora poco matura, e questo spiega come mai il costo per la rimozione dell’anidride carbonica continui a essere alto, nonostante le prime soluzioni fossero disponibili già diversi anni fa.

Oxy si è impegnata a raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050, una delle prime grandi compagnie petrolifere a farlo, di conseguenza avrà bisogno di più sistemi per ridurre le proprie emissioni nei prossimi anni. Molte altre grandi aziende che producono enormi quantità di CO2 con le loro attività, come Amazon e Airbus, hanno già stretto accordi con Oxy per acquistare il servizio di sottrazione dell’anidride carbonica attraverso Stratos. I sistemi di sequestro della CO2 saranno del resto necessari, ma non potranno fare molto se non saranno compresi in strategie più ampie che partano tutte dallo stesso presupposto: produrre meno anidride carbonica possibile alla fonte.