L’autonomia in Trentino-Alto Adige ha una lunga storia
Pur essendo un territorio diviso nell'amministrazione, è anche strettamente connesso: un sistema unico in Italia
Oltre a essere particolarmente complesso, il sistema politico e amministrativo del Trentino-Alto Adige è unico nel panorama italiano, ed è il risultato di secoli di accordi e compromessi tra i vari gruppi etnici e linguistici che convivono sul territorio: quello italiano prevalente in Trentino, quello tedesco in Alto Adige, e i ladini, un gruppo minoritario che abita soprattutto in cinque valli montane al confine tra le due province.
La storia recente del Trentino-Alto Adige mostra in modo evidente quanto le due province siano entità in gran parte separate, sia a livello culturale che politico. I territori del Trentino e dell’Alto Adige furono annessi all’Italia dopo la Prima guerra mondiale. Inizialmente il governo italiano promise di attribuire grande autonomia alle minoranze, ma l’arrivo del fascismo cambiò tutto. Il regime impose rigide politiche per “italianizzare” gli abitanti, con l’intenzione di eliminare ogni riferimento a lingue e tradizioni considerate estranee. Nel 1938 l’Austria venne annessa dalla Germania nazista e l’anno successivo l’Italia di Benito Mussolini si accordò con Adolf Hitler per offrire due opzioni agli altoatesini: diventare cittadini tedeschi e trasferirsi in Germania, oppure restare in Alto Adige ma rinunciare a ogni connotazione etnica e linguistica diversa da quella nazionale italiana.
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Nel 1946, dopo la Seconda guerra mondiale, l’Italia concordò con l’Austria che l’Alto Adige sarebbe rimasto italiano, ma che la popolazione di lingua tedesca avrebbe goduto di grande autonomia. L’accordo fu firmato a Parigi dal ministro degli Esteri italiano Alcide De Gasperi e dal suo omologo austriaco Karl Gruber il 5 settembre, data in cui ancora oggi ogni anno il Trentino e l’Alto Adige festeggiano la Giornata dell’autonomia.
Il compromesso trovato però non risolse i problemi pregressi, anzi. Negli anni successivi, e soprattutto tra il 1956 e il 1967, in Alto Adige presero forza i gruppi favorevoli all’autodeterminazione, che accusarono il governo italiano di non rispettare le promesse fatte sull’autonomia. La causa fu appoggiata dal Südtiroler Volkspartei (SVP), il partito nato nel 1945 e che ancora oggi è saldamente il più votato in Alto Adige, ma anche da molti gruppi indipendentisti minori.
Presto le richieste di autodeterminazione sfociarono in episodi violenti, tra cui attentati organizzati da gruppi che chiedevano l’annessione dell’Alto Adige all’Austria. Uno tra gli episodi più noti è quello della cosiddetta “Notte dei fuochi”: l’11 giugno del 1961 furono fatte esplodere decine di tralicci elettrici nell’area di Bolzano, e una persona venne uccisa. Furono quindi riaperte le trattative tra il governo italiano e quello austriaco e nel 1972 entrò in vigore un nuovo statuto di autonomia, che attribuisce parità di diritti ai tre principali gruppi linguistici della regione. Da quel momento il Trentino e l’Alto Adige diventarono due regioni completamente distinte anche dal punto di vista politico, oltre che culturale.
Oggi infatti sul territorio del Trentino-Alto Adige convivono tre enti amministrativi distinti: le due province autonome di Trento e di Bolzano e la regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol. In molti ambiti la regione e le due province hanno gli stessi poteri politici e legislativi, e quindi sono poste sullo stesso piano amministrativo. È una situazione unica che distingue Trento e Bolzano da tutte le altre province. Inoltre lo statuto e l’organizzazione della provincia di Trento sono diversi da quelli di Bolzano, dove ci sono molte più tutele per le persone di lingua e cultura tedesca.
Il sistema politico e amministrativo del Trentino-Alto Adige è piuttosto articolato. Ognuna delle due province autonome ha un proprio consiglio provinciale e un presidente, mentre la regione è guidata a turno dal presidente del Trentino o da quello dell’Alto Adige. In Trentino gli elettori votano sia per i membri del consiglio che per il presidente di provincia, mentre in Alto Adige è prevista solo l’elezione del consiglio, che poi sceglierà un presidente (generalmente è il candidato o il leader del partito che ha ottenuto la maggioranza dei voti).
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In Trentino-Alto Adige esiste anche un consiglio regionale, che però consiste nell’insieme dei consiglieri provinciali di Trento e Bolzano. Oggi quindi i consigli provinciali hanno un peso maggiore rispetto al consiglio regionale, ma non è sempre stato così: fino al 2003 infatti il processo funzionava al contrario, e quindi erano i consiglieri regionali a essere eletti e poi assegnati ai consigli provinciali. Le cose cambiarono con la riforma costituzionale del 2001, che modificò l’assetto istituzionale delle regioni.
In quanto province autonome, Trento e Bolzano hanno competenze più ampie rispetto alle altre province italiane, e persino rispetto alle regioni a statuto ordinario. Per esempio, gestiscono in modo autonomo o parzialmente autonomo le politiche sociali, la rete stradale, la sanità, l’istruzione, i trasporti e il commercio. Per farlo, le due province trattengono il 90 per cento delle tasse che raccolgono dai residenti (il restante 10 per cento viene trasferito allo Stato), una quota molto più alta di quella delle regioni ordinarie.
Oltre alle questioni amministrative e fiscali, il Trentino e l’Alto Adige differiscono tra loro anche dal punto di vista della lingua, del sistema scolastico e della cultura in generale. Nella provincia di Bolzano quasi il 70 per cento degli abitanti appartiene al gruppo linguistico tedesco, il 26 per cento a quello italiano e il 4 per cento a quello ladino. Di conseguenza in Alto Adige tutti i dipendenti pubblici devono conoscere sia l’italiano che il tedesco, e il sistema scolastico prevede percorsi diversi in base alla lingua principale d’istruzione.
Il 72 per cento della popolazione frequenta le scuole tedesche, e appena il 25 per cento quelle italiane: moltissime persone a Bolzano parlano italiano solo come seconda lingua, e quindi non sempre lo padroneggiano perfettamente. La separazione dei percorsi formativi per le persone di lingua italiana e tedesca è stata spesso criticata perché considerata troppo rigida e poco incline a uno scambio tra le due culture, dato che frequentando scuole diverse le persone italiane e tedesche hanno poche possibilità di incontrarsi. Anche per questo da anni si parla della possibilità di creare scuole bilingui, in cui quindi siano utilizzati in pari misura sia l’italiano che il tedesco, ma per farlo sarebbe necessaria una modifica allo statuto provinciale.