In Polonia le Zone Economiche Speciali hanno funzionato bene

Hanno fatto parte del modello di sviluppo fin dagli anni Novanta, e chiunque vinca le elezioni dovrà capire cosa farne

Una parte della ZES di Mielec, in Polonia (ARP/Industrial Development Agency)
Una parte della ZES di Mielec, in Polonia (ARP/Industrial Development Agency)
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Domenica 15 ottobre in Polonia ci saranno le elezioni parlamentari, dopo una campagna elettorale molto tesa. La situazione politica è decisamente più confusa rispetto alle ultime due elezioni, vinte con ampio margine dal partito di estrema destra Diritto e Giustizia, che dal 2015 governa il paese, diventato in questi anni uno stato semi-autoritario. Oggi Diritto e Giustizia è dato diversi punti sotto al 43,6 per cento dei voti che ottenne nel 2019, e quasi sicuramente per formare un governo dovrà trovare almeno un alleato. La scelta più plausibile sembra la formazione Confederazione Libertà e Indipendenza, un raggruppamento di partiti che ha posizioni ancora più radicali e che i sondaggi stimano intorno al 10 per cento.

Chiunque vincerà le elezioni si troverà a dover gestire un’economia che va tutto sommato abbastanza bene: l’economia polacca è sempre stata tra le più vivaci dell’Europa dell’Est, ma sta iniziando comunque a risentire delle tendenze internazionali negative che stanno interessando tutto il mondo occidentale, alle prese con l’inflazione e il rallentamento economico. È probabile che il prossimo governo debba interrogarsi dunque sul modello di sviluppo del paese, che si è basato per anni sull’enorme afflusso di fondi europei e di investimenti esteri.

Gli investimenti esteri sono la componente più dinamica dell’economia polacca e sono in costante crescita anche grazie al successo delle cosiddette Zone Economiche Speciali, ossia aree delimitate che in genere hanno una legislazione economica differente e agevolata rispetto a quella in vigore nel resto del paese, con l’obiettivo di attrarre investimenti e rilanciare l’economia. Le ZES sono tantissime in tutto il mondo, ma quelle polacche – insieme a quelle cinesi – sono tra quelle che hanno avuto più successo e che sono diventate oggetto di studi.

Solitamente le ZES prevedono regole amministrative semplificate per accelerare gli investimenti e gli appalti, oltre che una serie di incentivi e sgravi fiscali per le aziende che intendono investire sul territorio, a prescindere che siano già operative o che si debbano ancora insediare. Seppur con risultati molto diversi e a volte di difficile misurazione, le ZES si sono affermate come laboratori per l’attrazione degli investimenti e come incubatori di innovazione.

– Leggi anche: Come funzionano le ZES italiane

Le ZES esistono in tutto il mondo, sono molto diffuse in Europa e ce ne sono 8 nel Sud Italia (anche se con un recente decreto del governo potrebbero rientrare sotto un’unica grande ZES). La Polonia è il paese dove ce ne sono di più, in Europa: oggi sono 14 e la prima fu istituita nel 1994. Era un momento cruciale per il paese, che dopo cinquant’anni come stato satellite dell’Unione Sovietica stava cercando di ripensarsi come stato liberale e di trasformare la sua economia da pianificata a orientata al mercato. I controlli sui prezzi furono eliminati, il commercio fu liberalizzato e si permise al cambio della moneta nazionale di fluttuare liberamente nei confronti delle valute estere. Furono riforme drastiche e molto difficili, ma che nel lungo termine produssero buoni risultati. In mezzo a queste misure ci fu anche l’istituzione delle ZES.

Le ZES sono state centrali nella costituzione di distretti industriali e nello sviluppo di un sistema produttivo che prima degli anni Novanta consisteva in poche imprese totalmente dipendenti dall’Unione Sovietica. Sono state utili per favorire la veloce creazione di un sistema industriale che permettesse – tra le altre cose – di costruire le infrastrutture, condizione primaria per lo sviluppo di un paese. Fino alla caduta dell’Unione Sovietica le infrastrutture in Polonia erano praticamente assenti ed era quindi tutto da costruire. Gran parte del successo delle ZES sta proprio in questo: hanno posto le basi per lo sviluppo industriale del paese.

Negli anni le ZES polacche hanno attratto centinaia di miliardi di euro di investimenti, hanno creato oltre 280 mila nuovi posti di lavoro, di cui la metà sono stati mantenuti. In queste aree il tasso di disoccupazione è tra 1,5 e 2,9 punti percentuali inferiore rispetto a quello nazionale. Proprio per i risultati concreti che hanno portato all’economia locale il governo polacco ha deciso di estendere la vita delle ZES, che dovevano cessare di esistere nel 2020, ma che invece resteranno operative almeno fino al 2026. Ha anche ampliato alcuni dei loro territori, per creare ulteriore spazio per nuove imprese.

Ogni ZES si è specializzata in particolari settori, in linea con quelle che erano le specificità delle imprese già presenti e con il piano di sviluppo del territorio deciso dalle amministrazioni locali, che hanno un ruolo importante nella gestione di queste zone. È comunque una caratteristica che accomuna le ZES di tutto il mondo: per esempio, in Italia ogni ZES fa capo a un Commissario, che dipende direttamente dal governo.

In Polonia sono affidate a società private, ma il controllo sostanziale è in mano o al governo centrale o alla regione. La politica dunque ha direzionato lo sviluppo locale, promuovendo la creazione di distretti industriali specializzati. Per esempio la ZES di Katowice è un’area specializzata soprattutto nella produzione di auto: al suo interno ci sono fabbriche di grandi multinazionali, come General Motors e Stellantis.

Per le imprese che vogliono investire in un territorio ZES le agevolazioni sono molto allettanti: a seconda della zona possono beneficiare di sgravi fiscali sui redditi dell’azienda e sui redditi personali degli imprenditori che vanno dal 15 al 50 per cento dei costi (le percentuali sono addirittura maggiori se si tratta di piccole o medie imprese). Le condizioni da rispettare sono che gli investimenti non devono essere inferiori a 100 mila euro e devono garantire i posti di lavoro creati per un certo numero di anni (5 per le grandi aziende e 3 per le piccole o medie imprese).

Non tutte le attività sono ammesse: per esempio non possono fare domanda per gli sgravi le aziende che producono esplosivi, combustibili per motori o tabacco, casinò o attività altamente inquinanti.

Oltre che per il loro successo nel determinare lo sviluppo industriale del paese, le ZES polacche sono un caso di studio anche perché l’attività di gestione non si limita all’approvare o meno i permessi per le aziende. Nel corso degli anni la gamma di servizi forniti agli investitori si è gradualmente allargata, fino a includere anche assistenza tecnica specializzata, consulenza legale e nel campo delle risorse umane. Le ZES sono poi fortemente collegate con le scuole professionali, con i centri di ricerca scientifica e tecnologica: sono quindi un canale importante per lo sviluppo di imprese innovative.

La legislazione delle ZES coinvolge comunque territori delimitati per legge e nel caso della Polonia pure gli effetti sull’economia sono piuttosto concentrati sul territorio. Le differenze con il resto del paese sono notevoli: nelle aree più rurali la disoccupazione e la povertà sono ancora molto elevate, l’industrializzazione è ancora arretrata e l’innovazione è più lenta. Una sfida per il prossimo governo potrebbe dunque essere quella di incentivare lo spillover, ossia quell’effetto per cui un’attività economica volta a portare benefici a un determinato settore o una determinata area territoriale produca effetti positivi anche oltre tale ambito o territorio.