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  • Sabato 14 ottobre 2023

Vent’anni fa Steve Bartman avrebbe fatto meglio a rimanere a casa

Invece andò a vedere una partita di baseball dei Chicago Cubs, e diventò il capro espiatorio di una celebre maledizione sportiva

di Pietro Cabrio

Steve Bartman il 14 ottobre del 2003 durante Chicago Cubs-Florida Marlins (AP Photo/Amy Sancetta, File)
Steve Bartman il 14 ottobre del 2003 durante Chicago Cubs-Florida Marlins (AP Photo/Amy Sancetta, File)

Nel 2003 i Chicago Cubs non vincevano le finali del baseball da 94 anni. Questo lungo periodo di digiuno era una delle cosiddette “maledizioni” più famose dello sport professionistico nordamericano, e come tale creava grande frustrazione tra i tifosi. Quell’anno però i Cubs avevano raggiunto i playoff e dopo quattro anni di assenza dalla fase decisiva del campionato perlomeno intravedevano l’opportunità di tornare a vincere. In quei playoff passarono anche il primo turno e così arrivarono a un solo turno dalle World Series, le finali del campionato, sempre perse dopo quelle vinte nel lontanissimo 1908.

I Cubs giocarono quindi le semifinali dei playoff contro i Florida Marlins (ora Miami Marlins) e delle prime cinque gare della serie (giocata al meglio delle sette), ne vinsero tre. Il 14 ottobre 2003, vent’anni fa, in vantaggio 3-2, si ritrovarono con la possibilità di vincere la gara decisiva che li avrebbe portati alle finali. Quel giorno, però, un tifoso di nome Steve Bartman diventò protagonista involontario della storia dello sport nordamericano, interferendo con un’azione e compromettendo la partita della sua squadra. Da lì per i Cubs iniziò ad andare tutto storto, e per Bartman andò ancora peggio.

Quella sera al Wrigley Field di Chicago i Cubs erano avanti 3-0 nel punteggio e all’ottavo e penultimo inning della partita giocavano in difesa. A un certo punto una battuta dei Marlins finì tra la parte sinistra del campo e le prime file di spettatori. Credendo che la palla fosse ormai “fuori gioco” (in “foul”) diversi tifosi tentarono di prenderla. Ci provò anche Bartman, che la toccò intralciando però il ricevitore dei Cubs Moises Alou.

Quando la palla scese a spiovente e Alou saltò, Bartman allungò il braccio e interruppe la traiettoria, pur non riuscendo a prenderla: la palla rotolò tra gli spalti e fu raccolta da un altro tifoso, che la mostrò trionfante, pentendosene però molto presto. Alou, infatti, aveva già iniziato a imprecare dal campo: se fosse riuscito a prenderla avrebbe eliminato il secondo battitore avversario e avvicinato i Cubs alla vittoria.

Lo stadio si accorse quasi subito del danno e ci fu un lungo momento di costernazione generale e mugugni provenienti un po’ da tutti i settori. Il pubblico iniziò anche a prendersela con Bartman, indicato come il principale responsabile nonostante non fosse stato l’unico coinvolto. In un clima visibilmente cambiato, la vittoria dei Cubs iniziò pian piano ad allontanarsi. I Marlins fecero ben otto punti in quello stesso inning, quindi rimontarono e finirono per vincere 8-3. Grazie a quella vittoria, e a un’altra ottenuta il giorno successivo, eliminarono i Cubs e si qualificarono alle World Series, che poi peraltro vinsero battendo i New York Yankees.

Bartman non potè vedere la fine di quella partita, dato che per motivi di sicurezza fu fatto uscire dagli spalti scortato dagli addetti del Wrigley Field. Da lì non fu mai più visto in pubblico, nonostante abbia continuato a vivere e lavorare nella zona di Chicago: divenne suo malgrado una sorta di leggenda del baseball e la sua vicenda iniziò presto a essere citata in serie televisive, cartoni animati e programmi comici. Nel 2011 fu anche protagonista di un documentario di ESPN dal titolo Catching Hell.

Nei giorni immediatamente successivi all’accaduto, Bartman delegò a un suo amico avvocato l’incarico di rispondere – in genere per dire che non aveva niente da dire – alle tantissime richieste di interviste o apparizioni televisive, ma anche di farsi carico di tutti gli insulti e le minacce di morte che avevano già iniziato ad arrivare. Per provare a sistemare le cose, i Cubs lo invitarono a tornare al Wrigley Field già quell’anno, ma lui si rifiutò, come fino a oggi ha rifiutato ogni tipo di proposta pubblica ricevuta.

Negli anni successivi il risentimento dei tifosi dei Cubs nei suoi confronti fu peraltro alimentato da altri eventi collaterali. Nel 2004 e nel 2005 vennero infatti spezzate le altre due grandi “maledizioni” del baseball: quella dei Red Sox (o “del Bambino”), che tornarono a vincere le World Series per la prima volta dal 1918, e soprattutto quella dei White Sox, l’altra squadra di Chicago, che interruppero un digiuno durato 86 anni. Fra una maledizione infranta e l’altra, un ristoratore di Chicago comprò la pallina intercettata da Bartman per oltre 100mila dollari, e dopo averla messa in mostra per un po’ di giorni, decise di distruggerla con una scarica elettrica sperando fosse di buon auspicio, ma alla fine quello che ottenne fu soltanto un po’ di pubblicità.

Di Bartman si tornò a parlare nel 2016, quando dopo 108 lunghissimi anni i Cubs tornarono finalmente a vincere le World Series. L’anno successivo la dirigenza della squadra gli fece avere uno degli anelli dati in premio ai vincitori, con la speranza di concludere per sempre la vicenda. Bartman continuò a non farsi vedere, ma interruppe per la prima volta il suo silenzio e rispose con un comunicato in cui si diceva profondamente emozionato e sinceramente grato: «Io e la mia famiglia ne avremo cura generazione dopo generazione». Aggiunse poi di augurarsi che la sua esperienza potesse servire a «vedere lo sport soltanto come intrattenimento, evitando la ricerca di capri espiatori», come era successo nel suo caso.

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