Abbiamo dato troppa importanza alle cannucce di plastica?

Quella per la loro eliminazione è stata una delle campagne ambientali di maggior successo, ma forse ne sopravvalutiamo i risultati

Bali, Indonesia (Agung Parameswara/Getty Images)
Bali, Indonesia (Agung Parameswara/Getty Images)

Nel 2011 un bambino di 9 anni del Vermont, Milo Cress, notò che tutti i ristoranti dove andava a mangiare con i genitori servivano automaticamente le bevande con una cannuccia di plastica, indipendentemente dal fatto che il cliente l’avesse chiesta o meno. Questa sua osservazione lo portò insieme alla madre a fare più ricerche, scoprendo che ogni giorno negli Stati Uniti venivano utilizzate e poi buttate circa 500 milioni di cannucce. Nonostante ricerche più approfondite stabilirono che si trattava più probabilmente di una cifra compresa fra i 170 e i 390 milioni, era un numero comunque altissimo. La campagna Be Straw Free, promossa dalla famiglia Cress, venne pubblicata sul sito di Eco-Cycle, un gruppo di difesa ambientale, e fu ripresa da diversi quotidiani.

Quella campagna sarebbe diventata una delle più efficaci e popolari tra quelle legate all’ambiente portate avanti lo scorso decennio, a livello globale. Negli ultimi anni infatti moltissime aziende e governi hanno introdotto divieti e misure che hanno drasticamente ridotto la quantità di cannucce in plastica monouso, nei paesi occidentali ma non solo. Se la campagna ha avuto quindi risultati concreti di enorme portata, secondo un’interpretazione esposta di recente sul sito specializzato in questioni ambientali Grist ha finito per concentrare eccessivamente l’attenzione delle persone su un problema circoscritto, finendo per far perdere di vista ai più la vastità e pervasività del consumo di plastica monouso.

L’iniziativa dei Cress cominciò a ottenere maggiori attenzioni nel 2015, quando la biologa marina Christine Figgener pubblicò sul suo canale YouTube un video in cui veniva estratta una cannuccia di 10 centimetri dalla narice di una tartaruga marina in Costa Rica. Il video, che oggi ha 110 milioni di visualizzazioni, diventò presto virale dato che mostrava la sofferenza dell’animale e lo stupore degli esperti nel momento in cui si erano accorti che a causare questo dolore era un oggetto considerato abitualmente innocuo. Figgener venne intervistata da molti giornali e diverse celebrità presero parte alla campagna #stopsucking (un gioco di parole che si basa sul doppio significato in inglese del verbo “to suck”, che può voler dire sia “succhiare” che “fare schifo”), che aveva l’obiettivo di «trasformare la cannuccia di plastica nel nemico numero uno dell’ambiente».

Le cannucce sono piccole e leggere e possono finire facilmente in mare se sono lasciate sulle spiagge o vengono gettate a terra in città vicino a un fiume o anche solo a un tombino. In più, la filiera dello smaltimento dei rifiuti, più o meno riciclabili, non sempre viene gestita in modi completamente legali dall’inizio alla fine. Ad esempio diversi paesi, e anche l’Unione Europea, esportano parte dei loro rifiuti ancora prima di averli riciclati, e non sempre le aziende che se ne fanno carico poi li gestiscono correttamente. Uno studio del 2015 rilevò che oltre la metà delle tartarughe marine al mondo avevano ingerito plastica, che causa anche la morte per soffocamento di molti altri animali, inclusi gli uccelli.

Migliaia di ristoranti smisero di utilizzare cannucce di plastica e le sostituirono con opzioni considerate meno inquinanti, come le cannucce di carta. Nel 2018 Seattle diventò la prima grande città degli Stati Uniti a vietarle, venendo presto seguita da altre città e poi stati in tutto il mondo. Nello stesso anno, anche per soddisfare le richieste dei consumatori divenuti più attenti, diverse aziende come Starbucks annunciarono che avrebbero smesso di utilizzarle, sostituendole ad esempio con dei coperchi da cui era più facile bere.

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Per molti versi, la mobilitazione contro le cannucce ha contribuito ad aumentare nelle persone la consapevolezza degli effetti negativi della plastica monouso e ha portato dei risultati concreti. Ad oggi per molte persone l’assenza di cannucce di plastica in un bar è diventata normale e trovarne già una nella bevanda ordinata può addirittura sembrare strano. Allo stesso tempo però molti ambientalisti hanno fatto notare che il movimento ha avuto un importante effetto collaterale: ha concentrato eccessive attenzioni mediatiche e politiche su un singolo oggetto, dando alle persone l’idea che rinunciandovi stessero facendo un gesto più utile di quanto fosse realmente.

Le cannucce infatti costituiscono solo una minuscola parte del problema dell’utilizzo della plastica monouso, dato che rappresentano solo lo 0,025 per cento degli 8 milioni di tonnellate di plastica depositate ogni anno negli oceani del mondo.

In più, le iniziative per ridurre la presenza di cannucce di plastica promosse dalle grandi società hanno dato loro la possibilità di spostare l’attenzione dei consumatori su un singolo problema, ottenendo un lasciapassare sul resto. Ad esempio, i coperchi introdotti da Starbucks per evitare di usare le cannucce erano in realtà realizzati in polipropilene, un tipo di plastica che negli Stati Uniti ha un tasso di riciclaggio del 3 per cento.

Queste operazioni di marketing sono quelle tradizionalmente associate al “greenwashing” , un ambientalismo di facciata con cui le aziende tentano – spesso riuscendoci – di apparire rispettose e attente all’ambiente pur mantenendo attività altamente inquinanti. Leslie Davenport, educatrice e consulente di psicologia del clima, ha detto a Grist che focalizzarsi su un problema singolo come quello delle cannucce o accettare operazioni di questo tipo da parte di aziende da cui compriamo quotidianamente e che sappiamo essere in realtà problematiche dal punto di vista ambientale «può essere una difesa psicologica inconscia per proteggerci dalla paura e dalla sensazione opprimente del cambiamento climatico». Pensare « ‘sto facendo la mia parte’ è più rilassante che sentire di non avere controllo sul cambiamento climatico».

Questo è dimostrato dal fatto che vietare le cannucce non ha portato necessariamente a una riduzione della plastica monouso: una ricerca condotta dalla Ocean Park Conservation Foundation rivelò che il consumo annuo di cannucce di plastica a Hong Kong era sceso da 1,7 miliardi a 1 miliardo dal 2017 al 2020. C’era stato un calo del 40%, quindi, ma il totale della plastica utilizzata era aumentato del 10,3 per cento solo fra il 2017 e il 2018, a dimostrazione che la riduzione delle cannucce di plastica non aveva avuto un impatto significativo sulla quantità complessiva di rifiuti di plastica.

La completa sostituzione delle cannucce di plastica con cannucce di altro tipo è stata peraltro criticata da alcune persone con disabilità, che nel tempo hanno sottolineato come le principali alternative non siano altrettanto funzionali per chi ha bisogno di utilizzare le cannucce per bere. Le cannucce di carta si inzuppano e si sfaldano più rapidamente, mentre quelle riutilizzabili di metallo non si piegano e quelle di silicone sono difficili da pulire. Queste alternative sono inoltre più costose, motivo per il quale molti hanno optato per delle cannucce fatte in bioplastica, ricavata da mais, canna da zucchero, agave e altre materie prime che non siano il petrolio, a partire da cui è prodotta la maggior parte della plastica. Tuttavia, alcuni tipi di bioplastiche, specialmente quelle che vengono usate per impacchettare il cibo o in campo medico, richiedono metodi di produzione e smaltimento specifici affinché possano decomporsi in modo veloce ed efficace, che non sempre vengono seguiti.

È anche vero però che a partire dall’indignazione nei confronti dell’utilizzo delle cannucce di plastica sono state prese delle decisioni che hanno riguardato tutti i tipi di plastica monouso. Nonostante la pandemia abbia portato a un temporaneo incremento della produzione di confezioni e prodotti in plastica monouso per motivi sanitari, diversi stati si stanno muovendo verso la loro eliminazione. Dal luglio del 2021, l’Unione Europea ha vietato la produzione di molti oggetti fatti di plastica monouso, come le cannucce, ma anche piatti, posate e bicchieri; una misura adottata anche dal Canada nel 2022. Tuttavia, sono molti gli esperti che sostengono che queste misure siano ancora troppo limitate per contrastare realmente il danno che l’elevato consumo e il mancato riciclaggio di plastica a livello mondiale sta causando al pianeta.