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  • Martedì 10 ottobre 2023

George Weah prova a restare presidente della Liberia 

Martedì si vota per le presidenziali e per rinnovare il parlamento, ma le attenzioni sono concentrate soprattutto sulla sua ricandidatura

George Weah (AP Photo/Christophe Ena)
George Weah (AP Photo/Christophe Ena)
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Martedì 10 ottobre si vota per le elezioni in Liberia, un paese dell’Africa occidentale grande un po’ più del Portogallo e abitato da 5 milioni di persone. Si vota per eleggere il nuovo presidente e per rinnovare il parlamento, ma le attenzioni sono concentrate soprattutto sulle presidenziali, e in particolare sulla candidatura per un secondo mandato di George Weah, l’attuale presidente.

Weah è un ex calciatore di gran successo, giocò per tanti anni al Milan dopo essere cresciuto in una delle baraccopoli più povere e violente di Monrovia, la capitale della Liberia. Anche in virtù del suo passato di calciatore, nel paese è popolarissimo e nel 2017 fu eletto con oltre il 60 per cento dei voti nelle elezioni in cui per la prima volta nella storia del paese un leader democraticamente eletto ha fatto un passo indietro, cedendo il potere senza combattere o senza cercare di modificare la Costituzione. La presidente precedente, Ellen Johnson Sirleaf, aveva vinto il premio Nobel per la Pace per aver riportato la pace nel paese dopo 14 anni di guerra civile, e non si era ricandidata per via del limite dei due mandati imposto dalla Costituzione.

L’elezione di Weah nel 2017 era stata accompagnata da grandi speranze di cambiamento in un paese che a lungo era stato considerato uno dei più pericolosi e instabili dell’Africa occidentale. E del resto Weah, fondatore del partito populista Congresso per il Cambiamento Democratico, era stato largo nelle promesse al proprio elettorato, in diversi ambiti. Aveva detto che avrebbe eliminato la corruzione, reso l’istruzione più accessile, migliorato le infrastrutture e rafforzato l’economia. Aveva anche promesso di mantenere la pace e promuovere un processo di riconciliazione storica, attraverso l’istituzione di un tribunale speciale per accertare le responsabilità dei crimini subiti da migliaia di persone durante la guerra civile.

Alle elezioni di oggi il principale avversario di Weah, che ha 57 anni, è lo stesso delle elezioni del 2017: Joseph Boakai, 78 anni, del Partito dell’Unità, di centrodestra. In realtà gli sfidanti di Weah sono in totale 19, di cui solo due donne, ma Boakai è quello con maggiori probabilità di vincere. Boakai ha impostato la propria campagna elettorale proprio su alcuni dei fallimenti del mandato di Weah, il cui bilancio di sei anni di presidenza sta un po’ a metà.

Weah è effettivamente riuscito ad ampliare l’accesso all’istruzione pubblica, anche se non a migliorarne la qualità, e ha mantenuto le condizioni attuali di pace. Durante il suo mandato è stato avviato un gran numero di opere pubbliche, tra cui la costruzione di strade, di un’autostrada costiera e di due nuovi ospedali, oltre alla ristrutturazione di case popolari, strutture sanitarie e mercati in tutto il paese.

Ma Weah non ha ottenuto gli stessi buoni risultati in altri ambiti, su cui pure aveva insistito molto durante la sua campagna elettorale: la corruzione, l’economia e l’accertamento dei crimini commessi durante la guerra civile. Boakai in campagna elettorale ha fatto leva proprio su queste questioni per cercare di recuperare consensi contro Weah.

Oltre a non aver dato seguito alla promessa di istituire un tribunale per i crimini della guerra civile, Weah non sembra aver risolto il problema della corruzione, ancora molto diffusa tra politici e funzionari pubblici, anzi. Negli ultimi anni ci sono stati almeno due grossi scandali, che hanno suscitato forti proteste. Nel 2018 ci fu la scomparsa da un porto del paese di alcuni container che contenevano 100 milioni di dollari liberiani appena stampati (circa mezzo milione di euro): furono incriminati oltre 30 ex funzionari della banca centrale liberiana. Nel 2022 gli Stati Uniti imposero sanzioni contro tre importanti funzionari liberiani per questioni di corruzione: un ministro del governo di Weah, un procuratore generale e l’amministratore delegato dell’Autorità portuale nazionale della Liberia. I tre si dimisero, ma contro di loro non venne avviato nessun procedimento giudiziario in Liberia.

Infine le condizioni economiche della Liberia non sono migliorate. Weah aveva promesso di «trasformare la vita di tutti gli abitanti della Liberia», ma sono aumentate la disoccupazione e l’inflazione. Boakai ha impostato la propria campagna elettorale sullo slogan “Rescue”, soccorso, incolpando Weah di aver aggravato una serie di problemi strutturali del paese e tentando di presentarsi come un’alternativa credibile e affidabile.

Durante la campagna elettorale ci sono stati anche episodi di violenza, soprattutto in alcune zone del paese. Il mese scorso ci sono stati tre morti.

Alle elezioni di oggi voteranno 2,4 milioni di persone. Per poter essere eletto al primo turno, in Liberia, un candidato deve ottenere almeno il 50 per cento dei voti. Se questo non succede è previsto un ballottaggio due settimane dopo il primo turno: è quello che ci si aspetta che accada.

La Liberia fu fondata come colonia degli Stati Uniti nel 1822 dall’American Colonization Society (ACS), un’organizzazione filantropica privata che sosteneva il ritorno dei neri, ex schiavi o liberi, nel proprio continente d’origine: rimase una colonia fino al 1847, quando ottenne l’indipendenza dall’ACS.