Sembra che il verso più spaventoso nella savana sia il nostro

In un esperimento che ha usato varie registrazioni molte specie animali si sono allarmate più che sentendo quello dei leoni

(Cameron Spencer/Getty Images)
(Cameron Spencer/Getty Images)

Un gruppo di ricerca ha condotto un esperimento nel Parco nazionale Kruger, la più famosa riserva naturale del Sudafrica, per verificare quali rumori mettono in allerta la fauna selvatica, notando che in molti casi le voci delle persone sono ciò che più spaventano giraffe, zebre, impala (antilopi), elefanti e molti altri animali, superando i versi prodotti dai grandi predatori come i leoni. Lo studio sembra indicare che gli animali diffidino molto degli esseri umani, forse anche a causa del bracconaggio, e potrebbe portare allo sviluppo di nuove soluzioni per ridurre il fenomeno della caccia illegale lungo i confini del Kruger difficili da sorvegliare.

La ricerca è stata condotta da un gruppo di ricerca della Western University (Ontario, Canada) specializzato nello studio dei fattori che causano paura negli animali selvatici. Lo studio è stato pubblicato da poco sulla rivista scientifica Current Biology e spiega che l’obiettivo era capire dove si collocassero gli umani in una sorta di classifica dei versi che più spaventano gli animali.

L’esperimento è consistito nell’installazione di alcuni dispositivi per riprodurre vari tipi di suoni, applicati ad alcuni alberi nei pressi di una ventina di pozze d’acqua, dove gli animali si assiepano spesso durante la stagione secca per bere e rinfrescarsi. I dispositivi erano programmati per essere sempre in funzione e si attivavano grazie a sensori di movimento, riproducendo ogni volta uno spezzone audio diverso scelto a caso da una playlist.

C’erano suoni rilassanti come il canto degli uccelli che vivono nella zona e altri scelti per indurre una reazione di qualche tipo negli animali, come il latrato dei cani, rumori di arma da fuoco, i brontolii dei leoni (ma non i loro ruggiti) e voci umane tratte da alcuni telegiornali (sia nelle lingue locali sia in inglese). Gli spezzoni audio venivano riprodotti dai dispositivi allo stesso volume, in modo da non falsare l’esperimento e concentrarsi sul tipo di clip.

I dispositivi erano tenuti sotto controllo da una serie di telecamere, in modo da riprendere la reazione degli animali ogni volta che i sensori di movimento attivavano la riproduzione di uno spezzone. Il gruppo di ricerca ha poi calcolato i tempi di reazione e valutato la scelta o meno degli animali di fuggire per determinare il diverso impatto di ogni audio, classificando le reazioni anche in base alla specie.

In sei mesi sono stati raccolti circa 4mila video che hanno permesso di analizzare il comportamento di 19 specie. Dai dati è emerso che nel caso di voci umane riprodotte dai dispositivi c’era il doppio della probabilità che gli animali scappassero dalla pozza dove erano andati a rinfrescarsi, a una velocità media del 40 per cento superiore rispetto alla fuga indotta dal suono del latrato dei cani, delle armi da fuoco e dei leoni. Tra gli animali più reattivi alla voce umana sono stati segnalati i leopardi, gli impala, le zebre, le iene e le giraffe.

Dal grafico è evidente come la voce umana abbia indotto in quasi tutti i casi gli animali ad abbandonare in minor tempo la pozza d’acqua rispetto all’audio con i versi dei leoni (Current Biology)

I rinoceronti hanno mostrato di essere tra gli animali più diffidenti, allontanandosi molto prima quando sentivano voci umane rispetto a cosa facevano quando partiva la registrazione dei versi dei leoni. I rinoceronti sono una preda molto ambita da chi pratica il bracconaggio e potrebbero quindi avere sviluppato una certa sensibilità alle voci umane, considerato che questi animali non possono difendersi dalle armi come possono difendersi da un altro predatore. Non ci sono però dati a sufficienza per confermare questa ipotesi, anche se il gruppo di ricerca ha in programma nuovi esperimenti, che potrebbero portare all’installazione di dispositivi che riproducono voci umane lungo i confini del Kruger, riducendo il rischio che i rinoceronti vengano cacciati in una zona difficile da controllare per i curatori della riserva.

Anche gli elefanti hanno mostrato grande diffidenza nei confronti delle voci umane, mentre si sono dimostrati piuttosto agguerriti quando sentivano i versi dei leoni. Invece di scappare si preparavano alla carica, con un comportamento molto simile a quello che attuano in presenza di un predatore, soprattutto se devono proteggere la prole. In alcuni casi gli elefanti hanno caricato e distrutto i dispositivi quando venivano riprodotti i versi dei leoni, allontanandosi in un secondo tempo con la produzione di qualche barrito.

Al New York Times, il gruppo di ricerca ha detto che «gli elefanti sono grandi a sufficienza per assalire e fare allontanare i leoni», ma non hanno invece difese contro gli esseri umani quando sono armati e intenzionati a cacciarli. In questi casi, provare a caricarli sarebbe inutile e metterebbe a rischio gli individui del branco.

La ricerca svolta al Kruger è stata accolta con interesse da chi si occupa di studiare il comportamento animale, ma deve essere comunque considerata come un punto di partenza per analisi più ampie che tengano in considerazione la complessità dell’interazione tra specie diverse. L’esperimento ha riguardato solamente l’aspetto sonoro/uditivo, ma ci sono altri elementi che possono condizionare le reazioni degli animali come la vista e l’olfatto, quest’ultimo centrale per molti mammiferi nel percepire ciò che hanno intorno. La reazione di alcune specie animali all’odore degli umani potrebbe confermare e rafforzare quanto osservato al Kruger, ma potrebbe anche introdurre nuovi elementi per comprendere meglio i fenomeni che sono sfuggiti nell’esperimento.