Trieste è in subbuglio per una cabinovia

Le forze dell'ordine presidiano la zona in cui il comune vuole costruirla, mentre un comitato si oppone tenacemente al progetto che reputa inutile e ambientalmente problematico

cabinovia a trieste
Il modello di cabina della nuova cabinovia di Trieste esposto in piazza (Stefano Zecchini/Facebook)
Caricamento player

Dalla scorsa settimana diversi agenti di polizia e carabinieri sono schierati in assetto anti sommossa sulla strada del Friuli e in via Braidotti, sulle colline di Trieste, per presidiare i lavori di carotaggio nel terreno, ispezioni indispensabili per capire se lì potranno essere posizionati i piloni della nuova cabinovia metropolitana della città. È un progetto a cui il comune crede molto e a cui da due anni un comitato civico e associazioni ambientaliste si oppongono in modo tenace.

Nelle ultime settimane la tensione è aumentata. Ci sono state diverse manifestazioni e scontri verbali tra esponenti del comitato e amministratori, e il danneggiamento di un macchinario ha portato la questura a militarizzare l’area del cantiere: nessuno può passare, nemmeno ciclisti e pedoni, e gli abitanti della zona devono mostrare i documenti per tornare a casa.

L’idea di costruire una cabinovia metropolitana risale al 2020. Il progetto prevede di collegare la zona del porto vecchio, vicino al centro, con l’altopiano del Carso. Il tragitto avrebbe due tratte e quattro stazioni. Il primo tratto collinare porterebbe dal quartiere di Opicina, sull’altopiano, alla zona di Bovedo, sulla costa, dove si trova un parcheggio di interscambio. Il dislivello tra le due stazioni è di circa 350 metri. La seconda tratta sarebbe tra Bovedo e il centro di Trieste passando dalla zona del porto vecchio. Il tragitto sarebbe lungo in totale 4,2 chilometri.

La cabinovia è finanziata per la maggior parte con i fondi del PNRR, il piano nazionale di ripresa e resilienza con cui il governo italiano intende spendere i finanziamenti europei del Recovery Fund. Il comune guidato dal centrodestra aveva previsto di spendere 48 milioni di euro, ma negli ultimi due anni il costo è aumentato a circa 63 milioni assicurati con fondi comunali e con un contributo di Cassa depositi e prestiti (CDP), istituto finanziario controllato dal ministero dell’Economia. Il comune ha sfruttato i fondi del PNRR relativi alla mobilità sostenibile con l’obiettivo di migliorare l’accessibilità della città da nord est e di eliminare una quota significativa di traffico automobilistico.

Trieste si trova al confine con la Slovenia ed è collegata al resto d’Italia da una stretta e lunga porzione di territorio che si estende a nord della città. A ovest c’è il mare e a est c’è l’altopiano del Carso. Le strade nella zona nord sono storicamente carenti: la 14, chiamata costiera, deve essere sistemata di continuo per via di smottamenti e frane. Le altre strade, come la strada del Friuli, la via Commerciale e la via Bonomea, sono ripide e strette in diversi punti. Secondo le rilevazioni del comune, da queste strade passano circa 1.900 auto all’ora nelle ore di punta per raggiungere il centro. Da decenni a Trieste si discute di questo problema: le soluzioni ipotizzate, come la costruzione di nuove gallerie e perfino tratte sottomarine, non sono mai state portate avanti a causa dei costi elevati e dell’impatto ambientale.

La cabinovia, sostiene il comune, garantirà un collegamento veloce tra l’altopiano del Carso, la costa e il centro della città risolvendo in parte i problemi di mobilità e parcheggio che oggi interessano il centro storico. «La qualità di vita di residenti, lavoratori e turisti verrà migliorata dall’utilizzo di questo sistema di trasporto alternativo poiché raggiungere il centro storico di Trieste non sarà più un’esperienza che si lega allo stress del traffico, ai suoi pericoli e allo smog, ma diventa un momento per godere delle bellezze paesaggistiche attraversate», si legge nella presentazione del progetto.

Fin dalla presentazione il progetto è stato accolto con un certo scetticismo dall’opposizione, da comitati civici cittadini, associazioni ambientaliste e da molti abitanti della zona interessata dal passaggio della cabinovia. È nato un comitato chiamato “No ovovia” che nell’ultimo anno ha presentato diversi ricorsi al tribunale amministrativo regionale (TAR), alla Corte dei Conti e anche alla presidenza della Repubblica, oltre a organizzare manifestazioni e presidi di protesta. L’unica differenza tra una cabinovia e un’ovovia è la forma: quella di Trieste è di fatto una cabinovia, ma il comitato era stato chiamato “no ovovia” quando non era ancora chiaro quale tipo di cabina avrebbe scelto il comune.

Secondo chi si oppone al progetto, il comune ha fatto male i conti e la cabinovia rischia di essere uno spreco di soldi pubblici. Il comitato ha riassunto tutti i dubbi in dieci punti. Il primo riguarda la bora, il forte vento che spesso interessa Trieste: si prevede che la cabinovia dovrà star ferma almeno due mesi all’anno per via del vento, oltre a 18 giorni per le operazioni di manutenzione. In realtà secondo le stime del comune la chiusura totale sarebbe al massimo di 20 giorni e quella parziale di 10 con la possibilità di fare la manutenzione in questo periodo.

I costi della gestione ordinaria sono ingenti, 3,5 milioni all’anno, e il progetto preliminare stima di raggiungere il pareggio di bilancio con 12.680 passeggeri al giorno, una previsione considerata irrealistica dal comitato. Tra le altre cose, non è ancora chiaro se cabinovia sarà integrata nel sistema di trasporto urbano, cioè se chi ha un abbonamento dell’autobus dovrà comprare un nuovo biglietto oppure no.

– Leggi anche: A Trieste il sistema di accoglienza si è inceppato

C’è poi una questione ambientale. Il posizionamento di 15 piloni sulla collina impone il disboscamento di una striscia larga almeno 14,3 metri sul tracciato, in totale 2 ettari, nel bosco chiamato Bovedo. Si tratta di una zona compresa nella rete ecologica europea Natura 2000, un’area a protezione speciale perché di interesse comunitario in cui è vietato costruire. Il comune ha risposto sostenendo che l’area da pulire riguarda solo una striscia larga due metri in entrambi i sensi di marcia sotto le funi, al massimo un ettaro in totale. Secondo diversi esperti interpellati dal comitato, inoltre, la zona collinare più vicina alle abitazioni è a forte rischio idrogeologico: nei mesi invernali capita spesso che le strade debbano essere chiuse a causa di smottamenti e frane.

Un altro dubbio riguarda il passaggio della cabinovia vicino a uno dei monumenti simbolo della città, il Faro della Vittoria, che dista una sessantina di metri dal tracciato della cabinovia. Questi rilievi sono stati condivisi dalla soprintendenza che ha definito il progetto non compatibile «con le esigenze di tutela del contesto paesaggistico circostante».

Anche la procedura regionale non è andata come il comune si aspettava: a maggio il servizio valutazioni ambientali della regione aveva sospeso la valutazione di incidenza ambientale per capire se il progetto definitivo può essere approvato in deroga alla legge che vieta di costruire in zone protette. L’unico modo per farlo era appunto con una deroga giustificata dalle ricadute positive per l’ambiente e da benefici per la salute degli abitanti, che è stata concessa la scorsa settimana dalla conferenza dei servizi.

Il progetto preliminare è stato approvato e a marzo l’azienda altoatesina Leitner si è aggiudicata il bando di gara, ma prima dell’inizio dei lavori servono altri passaggi. Il progetto definitivo deve essere ancora approvato e per farlo servono i carotaggi sulla collina. Nel frattempo però il comune ha deciso di presentare ufficialmente il modello della cabina con un evento in piazza della Borsa a pochi giorni dalla Barcolana, una delle regate veliche più importanti e partecipate al mondo, che per certi versi sta a Trieste così come il Palio sta a Siena e per questo viene trasmessa in molti paesi oltre che dalla RAI. «Sarà sicuramente un’opportunità soprattutto a livello turistico», ha detto il sindaco Roberto Dipiazza. «Sono stato a Barcellona, in Argentina, in Brasile, a Dubrovnik e ho visto molte cabinovie, qui invece dicono che non si può fare. In realtà i cittadini contrari sono pochi».

Alla presentazione hanno partecipato anche diversi esponenti del comitato che hanno urlato slogan contro il sindaco e gli assessori. William Starc, presidente del comitato No ovovia, ha detto che la presentazione è stata una forzatura perché organizzata prima dell’approvazione del progetto definitivo e della conferenza dei servizi in cui serve il parere di molti enti. «È stato un modo per dire che i giochi sono fatti, quando invece non lo sono», ha detto Starc.

I controlli serrati delle forze dell’ordine a protezione del cantiere dei carotaggi sono un altro motivo di scontro politico tra la maggioranza e l’opposizione. Il presidio delle forze dell’ordine è stato ordinato dalla questura dopo che il 29 agosto l’azienda a cui erano stati affidati i carotaggi aveva denunciato un sabotaggio: era stato tagliato un tubo dell’acqua di un macchinario al servizio del cantiere. L’associazione civica Adesso Trieste parla di “stato militare”. «In strada del Friuli va in scena il tentativo maldestro del comune di bruciare le tappe per la realizzazione dell’ovovia, con carotaggi in siti privati per i quali non ha autorizzazione», ha scritto l’associazione. «Il solo fatto di provarci, ben sapendo di non averne titolo, con i tecnici scortati da folti drappelli di polizia, è di per sé un atto intimidatorio e prevaricante».

Nelle prossime settimane si attendono l’esito delle procedure e novità sulle autorizzazioni mancanti, e solo in quel momento si capirà se il comune è stato troppo ottimista nel sostegno a quest’opera. Il 6 dicembre, invece, è in programma la discussione del ricorso al tribunale amministrativo regionale sui rilievi presentati dal comitato.

– Leggi anche: La “miniera d’oro” su cui è seduta Trieste