Le città a rischio di una bolla immobiliare

Secondo una studio della banca svizzera UBS nel 2023 sarebbero soltanto due, e ci sono alcuni risultati sorprendenti su Milano e New York

(Lintao Zhang/Getty Images)
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Nel corso dell’ultimo anno il numero delle città in cui rischia di scoppiare una bolla immobiliare, con grosse conseguenze per l’economia e la popolazione locali, è diminuito. Secondo uno studio del centro studi della banca svizzera UBS, se l’anno scorso le città a rischio bolla immobiliare erano nove, nel 2023 si sono ridotte soltanto a due: Zurigo e Tokyo.

Per “bolla immobiliare” si intende quel fenomeno in cui in una determinata città o in uno stato i prezzi delle case aumentano in maniera incontrollata, senza motivazioni economiche reali che possano giustificare prezzi così alti. Quando la bolla scoppia, cioè quando i prezzi diventano a tal punto irrealistici da essere insostenibili, il valore delle case crolla, facendo perdere moltissima ricchezza alle persone che avevano investito e risparmiato per comprarsi una casa in quella città. Nell’ultimo anno, secondo UBS, il rischio di bolle immobiliari si è ridotto nel mondo, soprattutto a causa dell’aumento dei tassi d’interesse, che ha fatto ridurre le transazioni immobiliari e dunque ha portato a una riduzione dei prezzi.

Nell’ultimo decennio i bassi tassi di interesse sono stati la principale spinta propulsiva del mercato immobiliare globale: con dei tassi così convenienti per una famiglia era un buon momento per comprare una casa con un mutuo o per le imprese per investire in piani di sviluppo immobiliare. Il risultato è stato che il mercato è cresciuto tantissimo un po’ ovunque e soprattutto nelle grandi città, che sono già di per sé più attrattive dei piccoli centri e dove i prezzi delle case hanno raggiunto prezzi altissimi. Questo ha portato per alcune di queste città a parlare di bolla immobiliare.

Ma negli ultimi due anni il mercato immobiliare di gran parte del mondo sta subendo una «correzione»: ha cominciato a rallentare per effetto dell’aumento dei tassi di interesse, che ha fatto salire il costo dei mutui. Le transazioni sono diminuite e i prezzi delle case hanno quindi iniziato a scendere un po’ ovunque. Secondo UBS tra le più a rischio rimangono Zurigo e Tokyo; le grandi città europee come Parigi, Londra e Amsterdam hanno un rischio medio, mentre Milano e New York un rischio basso.

L’indice è costruito prendendo in considerazione cinque fattori: il rapporto tra prezzo medio delle case e reddito medio della popolazione; il rapporto tra prezzo delle case e canone medio di affitto; il rapporto tra importo complessivo dei mutui e Prodotto Interno Lordo della città; il rapporto tra prezzo medio delle case della città e quello delle case nel resto del paese. Più questi rapporti sono alti, più c’è il rischio che le case siano sopravvalutate rispetto al loro valore reale.

Questa correzione provocata dall’aumento dei tassi d’interesse ha contribuito a ridurre i rischi, ma ha fatto comunque perdere parte del proprio patrimonio a chi aveva comprato negli anni di grande crescita.

Le due città in cui le case sono più sopravvalutate sono Zurigo e Tokyo, per l’appunto due città che si trovano in due paesi dove i tassi di interesse sono ancora a livelli bassi e in cui l’inflazione è rimasta tutto sommato sotto controllo: il mercato non ha ancora rallentato e i prezzi sono anzi in continuo aumento. A Zurigo gli immobili residenziali costano il 40 per cento in più rispetto a dieci anni fa, mentre gli affitti sono aumentati solo del 12 per cento: il rapporto tra prezzi di acquisto e affitti è sbilanciato, segno che c’è troppa più propensione a comprare una casa, magari per investimento, che a prenderla in affitto per viverci. Tokyo è il secondo mercato immobiliare più sopravvalutato al mondo mentre fino a vent’anni fa, secondo il rapporto, i prezzi erano molto sottovalutati: una crescita così rapida è dunque il segnale di un certo surriscaldamento del mercato.

Tra le città con le quotazioni immobiliari mediamente sopravvalutate ma non a rischio bolla ci sono alcune grandi città europee, come Monaco di Baviera, Parigi, Londra, Francoforte e Amsterdam. Un caso molto particolare riguarda la città di Stoccolma: tra il 2008 e il 2021 le quotazioni immobiliari sono aumentate di quasi il 70 per cento, un aumento molto più rapido rispetto a quelle del resto del paese, alla crescita dei redditi e dei canoni di affitto. Secondo il rapporto dell’anno scorso Stoccolma era tra le città con i prezzi più sopravvalutati al mondo: nel giro di un anno però i prezzi si sono ridotti del 20 per cento per effetto dell’aumento dei tassi di interesse.

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Con quotazioni immobiliari sopravvalutate ci sono anche due grandi metropoli statunitensi, come Miami e Los Angeles. Nel caso di Miami i prezzi delle case continuano ad aumentare da anni, sia perché aumentano gli abitanti sia perché la città attrae investimenti: negli ultimi dieci anni le quotazioni immobiliari sono in media raddoppiate, mentre i redditi non hanno tenuto il passo. Il mercato immobiliare di Los Angeles sta risentendo delle generali condizioni della città, che in prospettiva rischia di attrarre sempre meno persone: sia per la crisi generale del settore tecnologico che di quello dell’intrattenimento.

Tra le città nella fascia bassa della classifica ci sono due città che un po’ sorprendono per la loro reputazione di città care: la prima è New York e la seconda è Milano.

Il mercato immobiliare di New York si sta riprendendo ora dagli anni della pandemia, quando in molti hanno lasciato la città per trasferirsi in luoghi meno cari, sfruttando la possibilità di lavorare da casa. Questo ha portato a un notevole calo delle quotazioni immobiliari.

Secondo UBS anche il mercato immobiliare di Milano è sotto controllo e ben valutato. I prezzi sono in aumento da anni, sostenuti da una domanda molto forte e da tanti nuovi sviluppi immobiliari. I prezzi sono in linea con le buone prospettive per l’economia locale e per le infrastrutture: il PIL è in aumento, la rete dei trasporti è in espansione (come nel caso della nuova linea metropolitana) e un’ulteriore spinta all’economia della città dovrebbe arrivare dalle Olimpiadi invernali del 2026.

L’indice comunque non è molto indicativo della questione più sociale e tangibile del mercato immobiliare, ossia del fatto che la popolazione possa permettersi o meno le case della città in cui vive. È vero che tiene conto anche del rapporto tra prezzo medio delle case e reddito medio della popolazione, ma comunque è solo uno dei fattori, e può essere compensato dagli altri. Per esempio secondo l’indice Milano è una delle città in cui i prezzi delle case attualmente riflettono ancora il loro reale valore: allo stesso tempo è una questione nota che la città sia diventata troppo cara anche per i redditi medi. Dunque, il fatto che non ci sia il rischio di una crisi immobiliare imminente non esclude automaticamente che non possa essere in corso una crisi abitativa.

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Un altro motivo per cui l’indice tende un po’ a sottostimare le questioni sociali è che per esempio può migliorare se aumentano i canoni di affitto. Dicevamo che per esempio a Zurigo c’è un forte squilibrio tra prezzi di acquisto e canoni d’affitto: l’indice potrebbe migliorare non solo se diminuissero i prezzi per comprare una casa, ma anche se aumentassero i canoni d’affitto. È vero che il mercato sarebbe riequilibrato, ma il costo sociale sarebbe notevolmente alto.