PowerPoint ci ha resi più stupidi?

L'Atlantic riflette su cosa è rimasto di una diffusa preoccupazione degli anni Duemila: che tutti quegli elenchi puntati impoverissero le comunicazioni

(Unsplash)
(Unsplash)
Caricamento player

Nel 2003 l’esperto di statistica dell’università di Yale Edward Tufte pubblicò un pamphlet che lo rese brevemente famoso. Si intitolava The Cognitive Style of PowerPoint (“Lo stile cognitivo di PowerPoint”) e sosteneva, in breve, che i formati attraverso cui vengono comunicate le informazioni influenzino le comunicazioni stesse, e che in particolare PowerPoint, il popolare software per le presentazioni digitali incluso nel pacchetto Microsoft Office, avesse intontito le persone abbreviando e semplificando il modo in cui le informazioni venivano comunicate.

Per sostenere questa tesi, Tufte prese a esempio un incidente avvenuto poche settimane prima, l’1 febbraio del 2003, quando lo space shuttle Columbia si era disintegrato nel cielo del Texas orientale uccidendo tutti e sette gli astronauti a bordo, dopo che un pezzo di schiuma isolante si era staccato danneggiando l’ala sinistra subito dopo il decollo. Poco dopo venne fuori che gli ingegneri che avevano lavorato al Columbia erano consapevoli della potenziale fragilità delle ali e ne avevano scritto in una presentazione PowerPoint densa di informazioni che avevano poi mostrato ai funzionari della NASA. «È facile capire come un dirigente possa aver letto questa diapositiva PowerPoint e non essersi reso conto che trattava un tema che avrebbe potenzialmente messo in pericolo vite umane», diceva il rapporto della NASA sull’incidente. «L’uso endemico delle diapositive digitali PowerPoint al posto di documenti tecnici rappresenta un metodo di comunicazione problematico».

Il saggio di Tufte circolò molto, anche perché all’epoca lui era un intellettuale piuttosto noto: Wired ne pubblicò un estratto nel settembre del 2003, il New York Times ne riassunse la tesi in un articolo titolato “PowerPoint rende stupidi”. Jeff Bezos decise di vietare PowerPoint all’interno di Amazon dopo averlo letto.

A quel punto, PowerPoint era stato lanciato da sedici anni (nel 1987) e contava già decine di milioni di utenti, occupando il 95 per cento del mercato dei software da presentazione. E molti avevano già cominciato a lamentarsi di come il software aveva cambiato il modo in cui la gente – e le istituzioni – decideva di organizzare ed esporre le informazioni.

«Vent’anni dopo, il Grande Panico di PowerPoint si può leggere sia come una cosa ridicola sia come una tragedia» ha scritto sull’Atlantic il giornalista Jacob Stern. «All’epoca [del saggio di Tufte] stavano emergendo i social media», scrive: «MySpace e LinkedIn erano appena stati fondati e mancava qualche mese al lancio di Facebook. Ma le persone erano ossessionate dalla minaccia esistenziale rappresentata dagli elenchi puntati. Non capivamo niente? O, per quanto possa sembrare ridicolo oggi, c’era un fondo di verità?».

Oggi PowerPoint ha più di cento milioni di utenti e viene ancora usato a vari livelli, nelle scuole come nelle università, nelle istituzioni pubbliche come nelle grandi aziende. Per capire cosa sia rimasto delle preoccupazioni su come il programma potesse instupidire le persone, Stern si è rivolto a varie persone che negli anni si erano occupate del tema, a partire da Tufte, che oggi ha 81 anni e da tempo non si occupa più di teoria dell’informazione, ma di scultura. «Fedele a se stesso, ha risposto con un PDF di 16 pagine, compilato appositamente per me, composto da estratti dei suoi libri», racconta il giornalista. Tufte gli ha detto che non saprebbe dire se PowerPoint ha veramente contribuito a rendere più stupide le persone, ma è fortemente convinto del fatto che ha moltiplicato il numero di presentazioni di scarsa qualità: «è un programma comodo per chi presenta e scomodo e dannoso per il suo pubblico».

Nel corso degli anni, però, il suo pensiero ha ispirato varie prese di posizioni forti contro il software. Steve Jobs, come Bezos, l’aveva bandito da alcune riunioni aziendali, e nel 2010 l’ex consigliere per la sicurezza nazionale statunitense H.R. McMaster descrisse PowerPoint come una minaccia interna per il paese, raccontando di averne proibito l’uso durante l’assalto alla città irachena di Tal Afar nel 2005. «PowerPoint ci rende stupidi», disse il generale James Mattis durante la stessa conferenza. Nel 2011, poi, un ex sviluppatore svizzero formò l’Anti PowerPoint Party, una partito politico basato quasi esclusivamente sull’idea di far bandire il programma.

Altri hanno invece sostenuto che Tufte si fosse sbagliato completamente, pubblicando un’opinione controversa per ottenere attenzione nel mondo accademico o semplicemente attribuendo alle caratteristiche del software la colpa dei comportamenti dei suoi utenti. «Qualsiasi opposizione generale a PowerPoint è semplicemente stupida», disse lo psicologo Steven Pinker al Wall Street Journal nel 2009. «È come lamentarsi delle conferenze: prima che ci fossero orribili presentazioni PowerPoint, c’erano orribili lezioni, presentazioni, discorsi ingessati e via dicendo».

«Ma è difficile provare se tutte quelle cattive presentazioni abbiano davvero portato a vaste conseguenze negative per la società», continua Stern. Nel corso degli anni vari ricercatori hanno cercato di misurare i presunti danni causati da PowerPoint, domandandosi per esempio se il software influenzi la capacità delle persone di elaborare le informazioni. I risultati mostrano che Tufte aveva ragione soltanto parzialmente. «PowerPoint non sembra renderci stupidi – nel senso che non ci sono prove di una minore ritenzione delle informazioni o di un declino cognitivo generalizzato tra coloro che lo usano – ma impone una serie di standard su come le informazioni dovrebbero essere trasmesse: in ordine libero, attraverso elenchi puntati, consegnate dai presentatori a un pubblico di ascoltatori passivi», riassume Stern.

«Questi presupposti hanno persino rimodellato l’ambiente fisico all’interno del quale si svolgono le presentazioni: i tavoli dei seminari, che una volta erano a forma di cerchio, sono stati trasformati in una forma a U per facilitare chi fa presentazioni con PowerPoint».