Il testamento di Berlusconi lascia la maggioranza di Fininvest ai figli maggiori

Marina e Pier Silvio Berlusconi avranno il 53 per cento del gruppo proprietario tra le altre cose di Mondadori e Mediaset

Pier Silvio e Marina Berlusconi durante i funerali del padre (AP Photo/Antonio Calanni)
Pier Silvio e Marina Berlusconi durante i funerali del padre (AP Photo/Antonio Calanni)

Mercoledì è stato aperto il testamento di Silvio Berlusconi, morto a giugno, e giovedì mattina è stato reso pubblico. I figli maggiori Marina e Pier Silvio Berlusconi hanno ricevuto una quota tale da avere insieme il 53 per cento di Fininvest: la maggioranza del gruppo fondato da Silvio Berlusconi che possiede Mondadori, una quota di MFE (ex gruppo Mediaset) e una di Mediolanum, oltre che la proprietà del Monza, squadra di calcio di Serie A, e del Teatro Manzoni di Milano. I due figli avevano già insieme il 15,3 per cento di Fininvest, oltre che incarichi molto importanti all’interno delle aziende del gruppo: Marina Berlusconi è presidente di Fininvest e Pier Silvio Berlusconi è amministratore delegato di MFE e consigliere di amministrazione di Fininvest.

Gli altri tre figli, Barbara Berlusconi, Eleonora Berlusconi e Luigi Berlusconi, avuti con la seconda moglie Veronica Lario, avevano già il 21,4 per cento di Fininvest e a loro andrà la parte restante. Hanno ruoli più marginali all’interno delle aziende di famiglia: Barbara e Luigi sono consiglieri di amministrazione di Fininvest, mentre Eleonora non ha alcun ruolo. Il testamento prevede anche che andranno 100 milioni di euro al fratello di Silvio Berlusconi, Paolo, altri 100 milioni alla compagna Marta Fascina e 30 a Marcello Dell’Utri, storico amico di Berlusconi, manager delle sue aziende e tra i fondatori di Forza Italia.

Concretamente il testamento di Berlusconi consiste in un insieme di fogli scritti interamente a mano da lui stesso (in questo caso si parla di “testamento olografo”) in vari momenti dal 2006 al 2022, con la data per ogni aggiunta. L’ultima in ordine di tempo è la donazione a Fascina, scritta a gennaio del 2022 mentre Berlusconi stava andando all’ospedale San Raffaele.

Una pagina del testamento (ANSA/ALFONSO NERI)

La questione dell’eredità di Silvio Berlusconi era molto rilevante anche perché dalle modalità scelte per la divisione dipende il futuro delle aziende, di cui tre sono quotate in borsa: MFE, Mondadori e Mediolanum. La proprietà di Fininvest è sempre stata della famiglia e Berlusconi deteneva il 61 per cento delle quote totali, mentre le altre quote erano già divise in parti più o meno uguali tra Marina, Pier Silvio, Barbara, Eleonora e Luigi.

La partecipazione di Berlusconi non è stata divisa in modo equo tra i cinque figli. La legge prevede che in assenza di coniuge e in presenza di più figli i due terzi del patrimonio debbano andare in parti uguali ai figli, mentre sul restante terzo si può lasciare qualsiasi disposizione. Della quota di Berlusconi il 40 per cento circa di Fininvest è andato in parti uguali ai figli (circa l’8 per cento a testa) mentre il restante 20 per cento è andato a Marina e Pier Silvio in parti uguali. Col risultato che i due figli maggiori insieme adesso ne hanno la maggioranza (il 53 per cento circa), mentre gli altri tre figli ereditano il resto.

Questa divisione era in qualche modo prevista. Destinando una quota societaria maggiore a Marina e Pier Silvio si è voluto bilanciare la situazione: pur avendo ruoli apicali, infatti, i figli maggiori avevano complessivamente una quota più bassa dei tre figli minori, che però sono meno coinvolti. Di fatto così si è voluto evitare che i figli minori potessero mettere il veto nelle decisioni societarie.

Questi equilibri familiari sono dirimenti, perché in passato erano emerse alcune differenze di visione strategica tra i fratelli minori e i maggiori. Fininvest ha alcune questioni da risolvere che riguardano in particolare due società del gruppo, MFE e Mediolanum. Nel caso di MFE, di cui Fininvest ha il 50 per cento, c’è una questione aperta con Vivendi, gruppo francese delle telecomunicazioni e proprietario da qualche anno (tramite partecipazioni dirette e indirette, ossia tramite altre società) del 23,7 per cento delle azioni dell’azienda. Con un accordo mai davvero rispettato Vivendi si era impegnata a uscire dal capitale di Mediaset, che oggi è MFE: secondo gli analisti il socio francese sta tergiversando per capire se ci saranno riassetti che potrebbero consentirgli di restare nel capitale o addirittura di aumentare la sua quota.

Le prospettive di un cambiamento nella suddivisione delle azioni di Fininvest avevano fatto salire molto il valore delle azioni di MFE in borsa nelle scorse settimane, nonostante Fininvest avesse smentito ogni mossa di cambiamento, con un comunicato in cui parlava di «assoluta continuità» nella gestione delle aziende. Gli investitori attendevano di capire i futuri assetti societari e le intenzioni degli eredi: con Marina e Pier Silvio in maggioranza veniva ritenuta più probabile una gestione attiva, che dessero insomma un contributo più netto e diretto, mentre se la maggioranza fosse andata ai tre figli minori si prevedeva una gestione più passiva.

Un’altra questione riguarda Mediolanum, di cui Fininvest ha il 30 per cento: a causa di una vecchia condanna penale di Silvio Berlusconi, Fininvest avrebbe dovuto ridurre a meno del 10 per cento la sua quota. La vicenda non era ancora chiusa perché si attendeva una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, ma con la morte di Berlusconi ora il procedimento è decaduto e Fininvest potrà quindi tenere intatta la sua partecipazione in Mediolanum.

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