Consonno voleva essere la “Las Vegas italiana”

Come un paesino di montagna è diventato un grande parco giochi, poi una residenza per anziani, poi una città fantasma amata da fotografi e raver, ora un posto speciale per lo skate

Una delle strutture abbandonate di Consonno (AP Photo/Antonio Calanni)
Una delle strutture abbandonate di Consonno (AP Photo/Antonio Calanni)
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A metà giugno Consonno, un paesino di montagna sopra il lago di Como, ha ospitato una gara di skate, di quelli utilizzati per le discese, i longboard. L’8 e il 9 luglio si replica, con un evento diverso ma con partenza sempre dalla zona vicina al minareto: e un minareto non è una presenza consueta da queste parti. Normalmente infatti sarebbe la torre di una moschea, ma questo specifico minareto adornava un centro commerciale ed è praticamente l’unica struttura rimasta in piedi a Consonno, frazione di Olginate in provincia di Lecco: Consonno infatti è un paese abbandonato, che visse negli anni Sessanta e Settanta alcune stagioni di gloria e di speculazione edilizia.

Consonno nacque per volontà di un uomo, il costruttore edile Mario Bagno che tentò per alcuni anni di farla diventare una specie di Las Vegas italiana. La località visse un effimero successo e poi un rapido declino, accelerato da una frana che bloccò l’unica via d’accesso. Provò a riconvertirsi a residenza per anziani, fu abbandonato, poi divenne sede di rave party, graffiti e meta di fotografi desiderosi di scattare nella “città fantasma”. Quasi cinquant’anni dopo, Consonno resta un luogo abbandonato: solo gli skate, una volta al mese, ripopolano un paese che aveva come slogan «A Consonno è sempre festa».

In realtà il borgo di Consonno esisteva da prima che Mario Bagno decidesse di trasformarlo in un bizzarro esperimento urbanistico e architettonico. È documentata la sua esistenza sin dall’anno 1000, a circa 700 metri di altitudine, con vista sul lago, sull’Adda e sul monte Resegone. Era un borgo contadino, ci si arrivava da Olginate, quasi 500 metri più in basso, con una lunga mulattiera, poco più di un sentiero: a inizio Novecento aveva trecento abitanti ma già negli anni Cinquanta scese a 50-60. Le case e le terre dove da generazioni vivevano gli abitanti di Consonno non erano di loro proprietà: il borgo, i boschi e i campi circostanti, per circa 170 ettari, erano posseduti dalle famiglie Verga e Anghileri attraverso una società immobiliare.

Mario Bagno, invece, nacque nel 1901 a Vercelli, in epoca monarchica fu Grande Ufficiale Conte di Villa dell’Olmo: grazie anche ai fondi della moglie Edmea Beretta dopo la Seconda guerra mondiale si affermò come impresario edile. Costruiva soprattutto strade, aeroporti, infrastrutture, ma aveva in mente quella che lui definiva una “città dei balocchi”: un luogo per feste, weekend, brevi vacanze. Consonno gli sembrò perfetta: era ai piedi delle montagne, aveva una bella vista, distava un’ora di auto da Milano. In più, poteva comprarla tutta intera. Mancava solo una strada che la collegasse a valle, si offrì di costruirla e regalarla a Olginate nel 1961: il consiglio comunale approvò.

Una volta realizzata la strada, Bagno passò all’acquisto dell’area: gliela vendettero per 22,5 milioni di lire, che oggi corrisponderebbero a circa 350mila euro. Raccontò inizialmente ai residenti che il borgo agricolo sarebbe rimasto, ma sarebbe stato affiancato da strutture turistiche. Poi dalla nuova strada iniziarono ad arrivare le ruspe.

Bagno fece distruggere tutte le strutture presenti, salvando solo una chiesa del XIII secolo, la sua canonica e il cimitero. In seguito si raccontò che mezzi e modi furono piuttosto bruschi: il “conte”, come veniva chiamato, si limitò a garantire una casa altrove ai residenti, ma poi forte del contratto di proprietà e del relativo isolamento procedette spedito nelle demolizioni. Fece spianare anche una parte del terreno, usando dinamite per far saltare rocce che creavano fastidi e ostruivano la vista.

Al posto del borgo contadino, delle cascine e delle stalle, Bagno fece costruire un albergo, una balera, una discoteca, una galleria di negozi, un bar, un salone delle feste e un ristorante: il tutto con un improbabile mix di stili e richiami a epoche e luoghi diversi. Il portone d’entrata era quello di un castello medievale, che nei primi tempi era sorvegliato da due figuranti vestiti da armigeri (poi sostituiti da due fantocci); la galleria di negozi era in stile arabeggiante, con il famoso minareto; c’erano pagode, fontane e tempietti: su uno di questi c’era un cannone, dal senso non proprio chiaro. C’era anche una zona riservata al tiro al piattello, identificata da una locomotiva di legno. Le costruzioni si susseguivano senza un vero piano: Bagno dava indicazioni e poi spesso cambiava idea.

Di sicuro aveva in mente piani grandiosi: Consonno aprì a lavori non ancora ultimati, dopo aver riparato la strada su cui era caduta una prima frana, nel 1967. Bagno raccontò in varie interviste che quello era solo l’inizio: aveva in mente di aggiungere una pista da pattinaggio, un luna park, uno zoo, un campo da calcio e uno da basket, persino un circuito automobilistico e per le moto. «Sarà piccolino», diceva, «ma sarà uno dei più belli d’Europa, con questo panorama».

Una vista di Consonno a inizio anni Settanta (Wikicommons)

Tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta Consonno in effetti visse alcune stagioni di successo: le feste, la musica a tutte le ore e la sensazione di essere un posto “strano” rendevano le strutture di Bagno molto popolari. Milva, Pippo Baudo e i Dik Dik furono alcune delle celebrità che presenziarono o si esibirono a Consonno: nei weekend arrivavano centinaia di auto, causando parecchie proteste dai residenti dei comuni vicini. Le strutture diventarono un luogo originale in cui festeggiare i matrimoni. Anche i giornali si accorsero della “Las Vegas italiana”, per lo più sottolineando l’assoluta follia del progetto architettonico, soprattutto in un’area di boschi e montagna.

Col passare degli anni, però, l’effetto novità di Consonno si esaurì, l’interesse dei milanesi calò, le presenze e gli incassi diminuirono: Bagno non riuscì ad aggiungere i nuovi elementi che immaginava, ma ottenne solo di far partire nella zona un paio di corse di moto enduro e una ciclistica minore. Nel 1976, quando i conti della città dei balocchi già iniziavano a non tornare, una seconda frana, molto più consistente della precedente, distrusse la strada di accesso al paese. I sopralluoghi immediati decretarono che la strada non era riparabile, ma bisognava costruirne un’altra in una nuova sede: i lavori sarebbero stati lunghi. La “Las Vegas italiana” si arrese e chiuse, i pochi residenti si trasferirono.

Negli anni Ottanta Bagno riuscì a riconvertire l’Hotel Plaza in una residenza per anziani: la casa di riposo rimase aperta fino al 2007. Nel frattempo “il conte” era morto nel 1995, a 94 anni, gli eredi non condividevano la stessa passione per Consonno e le cronache locali raccontano di un progressivo deterioramento delle strutture dovuto a mancati investimenti. Pochi mesi dopo la chiusura definitiva della residenza per anziani, a Consonno venne organizzato un rave party, il Summer Alliance, che durò tre giorni, in quella che era diventata una città fantasma. Molte delle strutture abbandonate vennero vandalizzate e comparvero i primi graffiti, che oggi sono una delle caratteristiche distintive dell’area.

Gli eredi di Bagno per qualche anno pagarono un guardiano che diventò l’unico abitante di Consonno, poi fecero mettere una staccionata e infine una sbarra che blocca tuttora l’accesso delle auto, tranne in alcune date selezionate (soprattutto i weekend estivi). La storia degli anni seguenti, fino a oggi, è stata segnata dall’impossibilità di un recupero dell’area, che resta di proprietà privata: non può quindi intervenire il comune di Olginate. Nel 2014 gli eredi misero in vendita l’intera area per 12 milioni di euro: l’idea era trovare un compratore disposto a demolire le strutture esistenti per realizzarne di nuove, residenziali o commerciali. Nessuno presentò un’offerta.

Per alcuni anni l’Associazione Amici di Consonno ha preso in gestione dalla proprietà l’ex tavola calda, trasformandola in un bar aperto nei weekend dei mesi estivi. Per un paio d’anni, nel 2016 e 2017, nell’area verde intorno a Consonno si sono tenuti i “Campionati mondiali di nascondino”. Il comune di Olginate ha rinnovato i sentieri escursionistici della zona e una decina di anni fa ha rifatto la strada che da Olginate sale a Consonno: l’idea era metterla in sicurezza, visto che qualche visitatore attratto dal paese abbandonato c’è sempre.

Quella strada, spesso chiusa e comunque poco trafficata, era stata adocchiata da un gruppo di skater: era perfetta per la pratica dei longboard, skate un po’ più grandi che si usano per le discese. Nel corso degli anni l’associazione Sbanda Brianza, affiliata alla Federazione Italiana Sport Rotellistici (FISR) e al CONI, ha ottenuto con una delibera del comune di poter utilizzare quella strada ogni sabato per allenamenti ed eventi. Il sabato la strada è chiusa alle auto e diventa quindi una pista riservata ai tesserati.

Il Consonno Longboard DH Spot, lungo la strada per Consonno (Sbandabrianza.com)

Dal 2017 la strada è diventata il Consonno Longboard DH Spot e la gara di metà giugno era la settima edizione della Ghost Town Freeride, a cui hanno partecipato 120 skaters arrivati da tutta Europa. Matteo Dell’Orto è il presidente dell’associazione, che ora sta cercando di ampliare il genere di eventi organizzati a Consonno, uscendo dal solo campo dello skate per attirare pubblici diversi: «Ci sembra giusto dare un senso e una sistemazione a quel posto, prendersene cura per superare l’abbandono. Tanto più che abbiamo avuto l’occasione di far diventare quella strada una pista autorizzata e fissa. Non c’è niente di simile in Europa e forse nel mondo».