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  • Venerdì 23 giugno 2023

Il caso Bobbitt, 30 anni fa

La storia dell'evirazione di John Wayne Bobbitt ebbe un'enorme risonanza in tutto il mondo, ma quella di abusi e violenze che c'era dietro rimase in secondo piano

Ritaglio di una copertina della rivista "People" sul caso Bobbitt
Ritaglio di una copertina della rivista "People" sul caso Bobbitt
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Nelle prime ore del 23 giugno 1993 un’automobile attraversava le strade di Manassas, una città come tante della Virginia (Stati Uniti) a una cinquantina di chilometri da Washington. L’auto era una Capri, a tratti sbandava e non sembrava essere diretta da qualche parte in particolare. A un certo punto l’auto accostò, si aprì il finestrino e fu lanciato qualcosa che finì in un campo a poca distanza dalla strada. Intorno alle 4:30 del mattino la persona alla guida chiamò il numero di emergenza 911: disse di chiamarsi Lorena Bobbitt e di avere tagliato il pene del proprio marito, di averlo portato con sé in auto e di averlo poi gettato dal finestrino perché tenendolo in mano non riusciva a guidare bene.

In quel mattino di 30 anni fa era iniziato un caso di cronaca come pochi altri, che avrebbe generato una grande attenzione internazionale da parte di giornali e televisioni. Un interesse tale da rendere memorabile e quasi leggendaria la storia dei Bobbitt, citata in film, serie tv e romanzi, talvolta trasformando in farsa una storia difficile di abusi e violenze domestiche, all’epoca meno normate e sanzionate rispetto a oggi.

Lorena Gallo era nata in Ecuador e si era trasferita negli Stati Uniti negli anni Ottanta. Era diventata Lorena Bobbitt il 18 giugno del 1989, quando ventenne aveva sposato John Wayne Bobbitt, di un paio di anni più giovane e che lavorava come buttafuori in un locale e che in precedenza era stato nei Marines, una delle componenti di fanteria più conosciute degli Stati Uniti. Si erano stabiliti a Manassas e avevano una vita di coppia piuttosto ordinaria, anche se in seguito Lorena Bobbitt disse di avere subìto di frequente vessazioni e abusi da parte del marito, descritto come una persona dalla personalità forte e dominante.

Nella notte tra il 22 e il 23 giugno 1993 John Wayne Bobbitt era rientrato a casa tardi dopo essere rimasto in giro a bere con un amico. Stando al racconto di Lorena Bobbitt, al suo ritorno aveva violentato la moglie, obbligandola ad avere un rapporto. Si era poi addormentato sul letto, mentre Lorena Bobbitt era uscita dalla stanza per andare in cucina a bere un bicchiere d’acqua per riprendersi. Sempre secondo il suo racconto – fornito in seguito alla polizia e poi durante il processo – notò un coltello con una lama di 20 centimetri appoggiato su uno dei ripiani della cucina vicino al lavello e pensò di usarlo contro il marito.

Il coltello utilizzato da Lorena Bobbitt (AP)

Pochi istanti dopo Lorena Bobbitt era nuovamente nella stanza da letto con il coltello in mano. Tirò verso di sé le lenzuola per scoprire il marito che stava dormendo profondamente ancora stordito dall’alcol, prese in mano il suo pene e lo tagliò. In seguito, mentre il marito realizzava che cosa fosse successo, decise di portare via il pezzo di carne che aveva tagliato: uscì di casa e salì sulla Capri iniziando a guidare per le strade di Manassas.

Anni dopo avrebbe raccontato un dettaglio, come fosse la cosa più normale del mondo: «Provai a guidare l’automobile, ovviamente, ma avevo questa cosa in mano e non riuscivo a guidare bene, quindi me ne liberai». Lo fece accostando per un momento a bordo strada e in seguito chiamò la polizia per confessare ciò che aveva fatto: «Non sono una persona vendicativa, come dimostra il fatto che gli dissi dove potevano trovarlo».

Intorno alle 4:30 del mattino del 23 giugno 1993 alcuni poliziotti ebbero il difficile compito di andare alla ricerca del pene di John Wayne Bobbitt, nella zona in cui la moglie aveva detto di essersene liberata. Lo trovarono con relativa facilità, ma era necessario metterlo il prima possibile al fresco per evitare che i tessuti continuassero a deteriorarsi. Trovarono nelle vicinanze un negozio 7-Eleven e chiesero del ghiaccio e un contenitore per conservarlo. Il pene fu messo al sicuro in un sacchetto di nylon contenente del ghiaccio e poi nascosto dentro a un sacchetto di carta dei “Big Bite”, le confezioni usate per gli hot-dog venduti nei 7-Eleven; un dettaglio che negli anni avrebbe suscitato curiosità e ironie.

John Wayne Bobbitt non si accorse subito di non avere più il pene: secondo le ricostruzioni probabilmente era ancora sotto l’effetto del molto alcol bevuto prima di rincasare. Nel corso degli anni avrebbe comunque dato versioni diverse di quella notte, dicendo di non avere avuto nessun rapporto sessuale con la moglie o di non ricordare molti dettagli. Quando prese coscienza e si accorse della grande quantità di sangue nel letto si fece aiutare dal proprio amico, che si era fermato a dormire dai Bobbitt, per raggiungere l’ospedale.

I medici trattarono l’emorragia per fermarla e si misero in contatto con David Berman, specializzato in microchirurgia e che anni dopo avrebbe ricordato con queste parole quell’esperienza: «Mi dissero: “Sai, c’è questo tizio qui a cui hanno tagliato il pene. Potresti raggiungerci e rimettere le cose a posto?”. E io gli dissi: “Va bene, posso farlo. Avete il pene?”. E loro: “No”». La prospettiva era diventata fare un’operazione per chiudere la ferita e preservare per lo meno la capacità di urinare di Bobbitt.

Mentre il paziente veniva trasportato in sala operatoria, all’ospedale arrivò la notizia che il pene era stato ritrovato dalla polizia ed era in viaggio verso John Wayne Bobbitt. Al suo arrivo fu esaminato e giudicato ancora integro a sufficienza per provare a impiantarlo sul paziente, nella speranza che i tessuti nuovamente vascolarizzati riprendessero la loro attività. L’operazione eseguita da Berman e dall’urologo John Sehn durò nove ore e mezza.

Al suo risveglio, John Wayne Bobbitt fu rassicurato sull’esito dell’operazione e un paio di settimane dopo ci furono le prime conferme sulla riuscita dell’intervento e sulla ripresa di funzionalità del pene. Bobbitt era sollevato ed entusiasta: «Chiamai mia madre e le dissi che avevo avuto un’erezione. Mi disse che non voleva sentire certe cose: “No, devi parlarne con tuo padre di questa cosa”. Quindi, non saprei, fu entusiasmante».

John Wayne Bobbitt durante il processo (AP Photo/Scott Applewhite)

Lorena Bobbitt fu arrestata il 23 giugno stesso e tra le altre cose disse alla polizia: «Ha sempre un orgasmo e non aspetta mai che ce lo abbia anche io. Non penso sia giusto, è da egoisti». Poi ammise di avere tagliato il pene del marito: «Ho tirato via le lenzuola e l’ho fatto». Le sue dichiarazioni furono utilizzate al processo, nel quale emersero i problemi della coppia. Lorena Bobbitt disse di avere subìto per anni le vessazioni del marito, con abusi psicologici e fisici, relazioni extraconiugali e lo accusò di averle imposto un aborto. Disse che avevano spesso problemi finanziari e che c’erano state altre occasioni di violenze sessuali nei suoi confronti. I consulenti di parte dissero che viveva con la paura del marito e di ciò che avrebbe potuto farle.

Su queste circostanze gli avvocati di Lorena Bobbitt montarono buona parte della difesa, definendo l’evirazione ai danni del marito come una reazione di autodifesa, effettuata dopo una lunga storia di abusi in un momento in cui la loro assistita non era completamente in grado di intendere e di volere. John Wayne Bobbitt negò le violenze, ma in più occasioni fornì testimonianze contraddittorie sul proprio rapporto con la moglie e su ciò che era accaduto tra il 22 e il 23 giugno.

Lorena Bobbitt durante il processo (AP Photo/Scott Applewhite)

All’epoca la violenza sessuale coniugale era da poco diventata un crimine negli Stati Uniti, ma era molto difficile da provare soprattutto in alcuni ordinamenti statali come quello della Virginia. Erano previste varie attenuanti soprattutto in assenza di segni evidenti e chiari di violenza. Anche per questo motivo e nonostante le versioni contraddittorie, John Wayne Bobbitt fu assolto dall’accusa di aggressione sessuale. Lorena Bobbitt fu invece dichiarata non colpevole per mancanza di capacità di intendere e di volere in quel periodo. Non fu quindi ritenuta responsabile delle proprie azioni e dovette frequentare un ospedale psichiatrico per 45 giorni.

Nel 1995 i Bobbitt divorziarono dopo sei anni di matrimonio e una separazione durata un paio di anni. Lorena Bobbitt tornò a utilizzare il cognome da nubile, Lorena Gallo, ma decise di non lasciare Manassas, accettando di essere talvolta riconosciuta e fermata per strada vista la fama del suo caso giudiziario: «Vivo qui. Questa è la mia casa. Perché dovrebbe avere lui l’ultima parola?». Gallo convive da tempo con un ex compagno di studi con il quale ha avuto una figlia che ora ha 17 anni.

Dopo l’assoluzione, John Wayne Bobbitt provò a sfruttare la fama che era derivata dalla vicenda, con varie iniziative che si rivelarono però fallimentari, compresa la costituzione di una band che scelse di chiamare “The Severed Parts”, letteralmente “le parti recise”. Girò anche due film pornografici che avevano nel titolo un riferimento alla sua vicenda: John Wayne Bobbitt Uncut nel 1994 e Frankenpenis nel 1996. Erano per lo più il tentativo di mettere insieme qualche soldo per pagare i debiti dovuti alle spese legali e a quelle sanitarie.

Bobbitt ebbe comunque diversi altri problemi giudiziari, sempre legati ad accuse di violenze sessuali da parte di donne che aveva frequentato o con cui aveva avuto una relazione. Nel 1999 fu messo sotto sorveglianza speciale per qualche anno in seguito a un furto in un negozio. Fu poi arrestato con l’accusa di percosse e violenze nei confronti di quella che all’epoca era la sua seconda moglie, dalla quale avrebbe poi divorziato nel 2004.

Sempre alla fine degli anni Novanta Gallo fu invece accusata di avere preso a pugni la propria madre, ma fu poi assolta e le due continuarono a convivere per un certo periodo. In seguito Gallo fondò la Lorena Gallo Foundation, una organizzazione senza scopo di lucro che si occupa di fornire assistenza alle vittime di violenza domestica. Nel 2019 la sua storia è stata inoltre raccontata in Lorena, un documentario in quattro puntate disponibile su Amazon Prime Video che ripercorre la storia dei Bobbitt.

All’epoca del caso di cronaca e di quello giudiziario, l’attenzione dei media si concentrò soprattutto sull’evirazione, per il modo in cui era stata condotta e il grande scalpore che aveva suscitato, lasciando in secondo piano il tema delle violenze subite da Gallo. Il modo di raccontare la vicenda non cambiò nemmeno quando al processo emersero testimonianze e altri elementi che confermavano gli abusi da parte del marito. Gallo aveva segnalato i problemi ad alcuni amici e aveva anche cercato aiuto dalla polizia, seppure senza dare poi seguito ad alcune di quelle richieste di assistenza.

Nelle numerose trasmissioni televisive dedicate alla vicenda, Gallo veniva spesso descritta come una donna insoddisfatta del proprio matrimonio, una moglie instabile protagonista di un pericoloso precedente. Diverse organizzazioni che si occupano di violenza domestica provarono a riportare il confronto pubblico sul problema delle violenze, ma la storia che veniva raccontata era quasi sempre solo quella del pene tagliato. Il caso giudiziario dei Bobbitt, insieme a quello di O.J. Simpson del 1994 (arrestato e poi assolto dall’accusa di avere ucciso la propria ex moglie e un amico, in un caso giudiziario storico e controverso) contribuì comunque a far sviluppare una maggiore sensibilità sul problema delle violenze domestiche, soprattutto da parte dei decisori politici con nuove iniziative di legge.

Intorno al caso si coagulò comunque di tutto: battute, t-shirt con slogan di vario tipo, barzellette, allusioni in alcune pubblicità e negli Stati Uniti divennero diffusi modi di dire come “Bobbittized” e “Bobbitt Procedure”. La vicenda dei Bobbitt finì anche in alcuni film, come Fight Club di David Fincher in cui ne parlano i protagonisti interpretati da Brad Pitt ed Edward Norton, ma anche in Ladykillers di Joel ed Ethan Coen, remake del 2004 della commedia La signora omicidi del 1955.

Lorena Gallo e John Wayne Bobbitt comparvero per la prima volta insieme pubblicamente dopo il divorzio nell’aprile del 2009, come partecipanti del programma televisivo The Insider dell’emittente statunitense CBS. L’ex marito si scusò per il modo in cui l’aveva trattata nel corso del proprio matrimonio e disse di essere ancora innamorato di lei, al punto da continuare a spedirle biglietti e fiori il giorno di San Valentino.

In seguito Gallo disse di avere faticato per molti anni a comprendere come potessero esserci tante battute e divertimento intorno alla sua storia: «Perché ridevano della mia sofferenza?». A distanza di tanto tempo da quel 23 giugno 1993, avrebbe infine trovato la risposta: «Sono disposta a espormi alle battute e a tutto il resto se questo può servire per far luce sulle violenze domestiche e sulla violenza sessuale coniugale».