Giorgia Meloni vuole cercare gli scafisti in «tutto il globo terracqueo»

Lo ha detto presentando un nuovo decreto in tema di immigrazione, durante una caotica conferenza stampa del governo

Da sinistra, il ministro degli Esteri Antonio Tajani, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, e il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini (Antonino Durso/LaPresse)
Da sinistra, il ministro degli Esteri Antonio Tajani, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, e il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini (Antonino Durso/LaPresse)

Giovedì sera il governo ha approvato un nuovo decreto che inasprisce le pene per chi favorisce l’immigrazione irregolare. Il decreto è stato approvato nel corso di un Consiglio dei ministri che si è tenuto eccezionalmente a Cutro, in Calabria, la città al largo della quale a fine febbraio 72 migranti erano morti in un drammatico naufragio. Il governo ha voluto fare il Consiglio dei ministri a Cutro per dare un «segnale simbolico e concreto» e mostrarsi impegnato nella gestione dei flussi migratori.

Tra le altre cose il decreto introduce una nuova fattispecie di reato per “morte o lesioni gravi in conseguenza di traffico di clandestini”, utilizzando peraltro un termine scorretto e discriminatorio per definire le persone che entrano irregolarmente in Italia. Il nuovo reato prevede una pena da 10 a 30 anni di carcere e riguarderà sia i cosiddetti “scafisti”, cioè le persone che guidano le barche di migranti e che però spesso non c’entrano nulla con i trafficanti che organizzano i viaggi, sia questi ultimi.

Nella conferenza stampa al temine della riunione la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha aggiunto che il nuovo reato verrà perseguito dall’Italia anche se commesso al di fuori dei confini nazionali. Nello specifico ha detto che le autorità italiane cercheranno gli scafisti in tutto il “globo terracqueo”, espressione suggestiva e piuttosto inusuale che però non vuol dire altro che “in tutto il mondo”, sia in terra che in mare. In realtà il decreto si riferisce solo alla ricerca in mare e non in terra straniera, anche se Meloni non ha spiegato come faranno le autorità italiane a capire che una barca di migranti in acque internazionali sia effettivamente diretta in Italia:

«Noi siamo abituati a un’Italia che si occupa soprattutto di andare a cercare i migranti attraverso tutto il Mediterraneo, quello che vuole fare questo governo è andare a cercare gli scafisti lungo tutto il globo terracqueo, perché vogliamo rompere questa tratta.»

La conferenza stampa, a cui erano presenti anche tutti i principali ministri del governo, è stata molto agitata, soprattutto al momento delle domande dei giornalisti presenti. Meloni è stata incalzata più volte sui ritardi nei soccorsi a Cutro, da giorni al centro di discussioni e oggetto di un’inchiesta della procura di Crotone. Alle domande insistenti dei giornalisti Meloni ha risposto con evidente fastidio per le implicite accuse al governo di non aver fatto abbastanza per salvare i migranti, dicendo di credere «che ci sia una strumentalità nel tentativo di dimostrare che l’Italia non ha fatto qualcosa che doveva fare. Non è un bel messaggio che diamo, anche all’esterno dei confini nazionali».

Come aveva già fatto nei giorni scorsi Meloni ha ribadito che un aereo di Frontex, l’agenzia di frontiera dell’Unione Europea, la sera del 25 febbraio aveva segnalato alle autorità italiane la presenza dell’imbarcazione a circa 70 chilometri dalle coste della Calabria, ma secondo la presidente del Consiglio non aveva segnalato una situazione di emergenza. Secondo Meloni le autorità italiane non sono intervenute a salvare i migranti perché la segnalazione fatta da Frontex era «di polizia, non di salvataggio». In realtà alcuni punti della catena di eventi che hanno portato al naufragio rimangono ancora da chiarire, motivo per cui verso la fine della conferenza stampa si sono accavallate varie domande dei giornalisti presenti.

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