La destra americana ce l’ha con la finanza etica

I Repubblicani hanno avviato una campagna contro gli investimenti che favoriscono ambiente e questioni sociali: li ritengono “woke”

Il governatore della Florida Ron DeSantis, uno dei Repubblicani più accaniti contro la finanza etica (AP Photo/Wilfredo Lee)
Il governatore della Florida Ron DeSantis, uno dei Repubblicani più accaniti contro la finanza etica (AP Photo/Wilfredo Lee)
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Negli ultimi mesi numerosi esponenti del Partito Repubblicano americano e di vari ambienti della destra negli Stati Uniti hanno criticato con estrema durezza le aziende che fanno investimenti etici, chiamati in gergo finanziario investimenti ESG (Environmental, Social and Governance, ossia ambientali, sociali e legati alla gestione dell’impresa). Queste critiche hanno motivazioni soprattutto ideologiche, perché secondo le parti più intransigenti della destra americana gli investimenti finanziari che privilegiano aspetti dell’economia più rispettosi dell’ambiente e socialmente sensibili farebbero parte della cosiddetta cultura “woke”, e avrebbero quindi una connotazione progressista e di sinistra.

Questo atteggiamento della destra americana sta avendo anche effetti concreti. Per esempio, i deputati repubblicani hanno annunciato di voler creare un gruppo di lavoro all’interno della Commissione per i servizi finanziari della Camera – una commissione permanente che vigila sull’operato delle maggiori istituzioni finanziarie del paese – proprio per monitorare e contrastare questo tipo di investimenti. Esattamente come la Camera, anche la Commissione è controllata ora dai Repubblicani: per questo proprio in un comunicato stampa la commissione stessa sostiene che gli investimenti ESG rappresentino «una minaccia ai nostri mercati dei capitali, perpetrata da esponenti dell’estrema sinistra che spingono verso questi investimenti ambientali, sociali e legati alla governance».

Pochi giorni fa, la Camera a maggioranza Repubblicana ha votato una legge per impedire al governo americano di favorire gli investimenti etici da parte dei fondi pensione.

Le pratiche e gli investimenti ESG hanno una particolare dimensione etica. Non sono solo degli investimenti in attività considerate tali, come potrebbe essere per esempio un investimento in una società che produce energie rinnovabili, ma rientrano in questa definizione anche gli investimenti fatti in favore di aziende e realtà che hanno un alto livello di attenzione verso i tre pilastri che compongono l’acronimo: Environment (ossia l’ambiente), Society (la società) e Governance (ossia la gestione dell’impresa).

Fra i criteri ESG, quelli di sostenibilità ambientale comprendono le emissioni di gas serra e altri tipi di inquinamento dell’impresa, il suo consumo di risorse naturali, e in generale tutte le attività che favoriscano il cambiamento climatico. Quelli di sostenibilità sociale includono invece l’impatto dell’azienda sulla salute e sulla sicurezza delle persone e le condizioni di lavoro dei suoi dipendenti, mentre i criteri di governance inglobano nell’analisi di sostenibilità la remunerazione e la diversità di genere dei dirigenti, la gestione del rischio, la trasparenza e la condotta dell’impresa.

Un fondo di investimento che segue questo modo di investire si impegna a comporre il proprio portafoglio di titoli (cioè le azioni e gli altri prodotti finanziari che possiede) soltanto dopo aver valutato aziende e stati sulla base di queste tre caratteristiche – che hanno linee guida e punteggi specifici – oltre che dopo aver valutato il tradizionale rapporto tra rischio e rendimento, ossia quanto rende un investimento rispetto al rischio che fa prendere all’investitore.

Negli Stati Uniti fino a poco tempo fa i fondi seguivano proprie linee di valutazione dei canoni ESG e non c’erano regole e leggi che le stabilivano. Dall’inizio dell’amministrazione Democratica di Joe Biden però i fattori ESG sono diventati una priorità maggiore per i politici e le autorità di vigilanza dei mercati, come la SEC (Security and Exchange Commission) che ha reso di fatto obbligatorio per le società quotate la pubblicazione di informazioni relative a questi parametri, mettendoli sullo stesso piano delle informazioni puramente finanziarie.

I Repubblicani hanno ritenuto tutto questo una forzatura, e hanno avviato una campagna soprattutto ideologica contro gli investimenti e i fondi ESG.

I progressisti sostengono che essere aziende virtuose sotto i profili etici ripaghi anche in termini di redditività e successo del business, e che le società che fanno un ottimo lavoro in questo senso debbano essere considerate più attrattive per gli investitori. Al contrario i conservatori sostengono che questa sia una politicizzazione degli investimenti, che invece dovrebbero essere fatti solo in ottica puramente finanziaria. Per esempio, chi sottoscrive un fondo pensione magari può non gradire che la società che lo gestisce investa i suoi soldi in cause ambientaliste o sociali su cui può non essere d’accordo.

Questa posizione dei Repubblicani si inserisce in un contesto in cui la destra americana vede un po’ ovunque quella che negli Stati Uniti viene definita “cultura woke”. Sebbene inizialmente il termine fosse più legato all’impegno e alla consapevolezza politica, oggi con woke la destra americana intende solitamente quello che identifica come un atteggiamento di dogmatismo intollerante e censorio, applicato nei confronti delle parole e delle idee che vanno contro le più moderne sensibilità sulle questioni delle minoranze e dei diritti civili.

Woke è oggi un termine perlopiù negativo, usato con l’intento di ridicolizzare e attaccare i movimenti giovanili progressisti, associandoli alle loro espressioni più intransigenti e aggressive, presenti principalmente sui social network. E questo si nota anche in economia, per esempio nella lotta contro gli investimenti ESG, definiti addirittura «capitali woke» dal governatore della Florida Ron DeSantis, uno degli esponenti più in vista del Partito Repubblicano.

Secondo il Wall Street Journal un’organizzazione non profit conservatrice chiamata Marble Freedom Trust e la sua società di consulenza, CRC Advisors, stanno guidando la propaganda Repubblicana contro gli investimenti ESG e finora hanno speso più di 10 milioni di dollari principalmente attraverso l’associazione Consumers’ Researchuna potente organizzazione vicina alla destra americana che studia temi di consumo e risparmio. Costituita nel 2020, la Marble Freedom Trust ha ricevuto finanziamenti per 1,6 miliardi di dollari dal miliardario e uomo d’affari Barre Seid, noto per sostenere le cause dei conservatori.

Da tempo i conservatori hanno anche preso di mira BlackRock, la più grande società di investimento al mondo, che sostiene da tempo gli investimenti ESG. L’amministratore delegato Larry Fink sostiene che considerare questi fattori più etici alla pari delle valutazioni finanziarie è una questione di buon senso quando bisogna decidere come investire. Nella sua lettera annuale del 2020 ai dirigenti Fink scrisse che “il rischio climatico è un rischio di investimento”.

Da allora Fink e BlackRock sono diventati dei bersagli della propaganda anti ESG: la potente associazione di consumatori e risparmiatori Consumers’ Researchche tra le altre cose sul suo sito ha un tracker di tutte le iniziative anti ESG fatte nei vari stati – ha creato il sito whoislarryfink.com in cui deride Fink in vari modi, definendolo anche woke; dallo scorso anno i dirigenti Repubblicani in Florida, Texas, Louisiana e Carolina del Sud hanno ritirato più di 4 miliardi tra fondi pensione e di investimento in BlackRock.

La campagna Repubblicana contro questi investimenti è diventata talmente aggressiva che moltissimi fondi di investimento nelle loro relazioni annuali relative al 2022 hanno detto che c’è ormai il rischio concreto che investire secondo parametri ESG possa essere addirittura controproducente. La propaganda è così forte da mettere a rischio la reputazione di queste grosse aziende, che potrebbero poi perdere clienti e finire per rimetterci.

Il modo in cui oggi sono valutate le caratteristiche ESG riceve comunque ancora molte critiche di metodo a prescindere dallo schieramento politico. Alcuni credono che il modello fosse molto più efficace in teoria di quanto si sia dimostrato nella pratica e che non sia stato né una buona fonte di rendite finanziarie né un vero catalizzatore del cambiamento. In più ci sono sempre più preoccupazioni sulla tendenza delle aziende e dei fondi di investimento a mostrarsi molto più sostenibili di quanto siano davvero, grazie a iniziative cosiddette di greenwashing.

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