La Chiesa d’Inghilterra discute se usare parole neutre rispetto al genere per parlare di Dio

Per chi ci crede, Dio è un essere puramente spirituale, non ha sesso, ma le raffigurazioni e le parole usate per descriverlo sono maschili

 La Creazione di Adamo di Michelangelo nella Cappella Sistina.
La Creazione di Adamo di Michelangelo nella Cappella Sistina.

La Chiesa d’Inghilterra, cioè la Chiesa anglicana, sta discutendo la proposta di introdurre parole neutre rispetto al genere per parlare di Dio nelle preghiere e nella liturgia. L’argomento non è affatto nuovo, ma è stato affrontato nuovamente questa settimana durante il Sinodo Generale, l’organo di governo della Chiesa. È emerso quando una reverenda ha chiesto alla Commissione liturgica, responsabile di stabilire come vengono condotte le funzioni religiose incluso il tipo di linguaggio utilizzato, quali misure si stessero prendendo «per sviluppare un linguaggio più inclusivo nella liturgia autorizzata». Fornendo un resoconto della seduta del Sinodo, un portavoce della Chiesa ha detto:

«I cristiani hanno riconosciuto fin dall’antichità che Dio non è né maschio né femmina. Tuttavia, la varietà dei modi per rivolgersi e per descrivere Dio che si trova nelle Scritture non sempre si riflette nel nostro culto»

Per riferirsi a Dio in modo neutro basterebbe ad esempio sostituire “king”, “Re”, con parole che in inglese possano essere usate indistintamente per donne e uomini, come “ruler” o “creator”, cioè “comandante” e “creatore”. Il portavoce ha comunque aggiunto che all’interno del Sinodo non era in discussione alcun piano per modificare le cose in modo radicale, e che nessuna modifica potrà essere autorizzata senza l’approvazione unanime del Sinodo stesso e senza «un’ampia legislazione». La Commissione Fede e Ordine della Chiesa, che fornisce consulenza sulla teologia, collaborerà con la Commissione liturgica per esaminare le questioni relative ai termini di genere la prossima primavera.

Il vescovo Michael Ipgrave, vicepresidente della Commissione liturgica, ha a sua volta commentato che la Chiesa «esplora l’uso del linguaggio di genere in relazione a Dio da diversi anni». In effetti è dalla fine dell’Ottocento che la questione è stata posta.

Per chi ci crede, Dio è un essere puramente spirituale, non ha sesso: semplicemente è. Si potrebbe aggiungere che Dio è l’essere perfetto. Per la maggior parte delle chiese, però, Dio è la perfezione declinata al maschile ed è questa interpretazione e questa raffigurazione che sono prevalse nonostante nella Bibbia, per esempio, non manchino immagini di Dio al femminile, soprattutto materne. Storicamente, è abbastanza logico spiegare perché si parlasse di Dio come di un maschio: le famiglie erano dominate da padri e i popoli erano dominati da re, era dunque scontato che fosse un Dio maschio a dominare il mondo. Le religioni e il loro disegno delle cose sono una costruzione del tutto umana, e in quanto tali ereditano anch’esse una concezione del mondo (terreno e ultraterreno) maschile e patriarcale.

Alla fine dell’Ottocento, con la nascita della teologia femminista, le donne cominciarono a rileggere i libri religiosi dal loro punto di vista e si posero l’obiettivo di mostrare come quei testi non fossero una rivelazione letteralmente ispirata, ma formulazioni prodotte all’interno di un determinato contesto storico e culturale nel quale persistevano diverse forme di discriminazione e oppressione. Con questo approccio è stato analizzato il modo in cui, nel corso dei secoli, le chiese e le costruzioni teologiche hanno ostacolato o sminuito le donne e sono state individuate delle strategie per superare le condizioni di quella stessa oppressione.

Uno dei passi più citati dalla teologia femminista è all’inizio della Genesi, il primo libro della Bibbia, quello in cui Dio pensa e crea il mondo. A un certo punto si dice, nella traduzione italiana: «E Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò.»

Per molto tempo, l’interpretazione teologica prevalente ha sostenuto che Dio avesse creato l’uomo inteso come maschio, immagine perfetta e rappresentativa di tutta l’umanità; la donna, in questo senso, era una derivazione imperfetta con un ruolo ben preciso, quello della riproduzione. Per la teologia femminista (secondo un’interpretazione che è ormai diventata anche la più diffusa) la parola «uomo» va intesa invece come «essere umano», cosa che avviene ad esempio nella traduzione inglese di quel passo.

Nel versetto analizzato non si dice poi che Dio creò le persone come maschi «o» femmine, ma che le creò a sua immagine come maschi «e» femmine. Nella stessa interpretazione ciò significa che sia i maschi che le femmine sono a immagine di Dio, che sia i maschi che le femmine possono fornire le immagini e le parole per dire Dio: immagini che provengono dall’esperienza di ciascuno come maschio e come femmina. Dunque Dio sarà sia padre che madre, sia sposo che sposa.

Secondo il catechismo della Chiesa cattolica «Dio trascende la distinzione umana dei sessi» e «non è né uomo né donna», ma viene usato comunque il genere grammaticale maschile per parlarne. In altre confessioni cristiane invece questa maschilità linguistica è stata messa in discussione.

Ragionamenti sul genere grammaticale da usare per riferirsi a Dio sono stati fatti in anni recenti dalla Chiesa episcopale statunitense o all’interno dell’ebraismo riformato, una versione progressista dell’ebraismo diffusa negli Stati Uniti: dal 2007 chi segue questa confessione usa un libro di preghiere in cui ci si riferisce a Dio in termini di neutralità di genere. «Dio dei nostri padri» è diventato ad esempio «Dio dei nostri antenati», e la formula «Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe» è stata allungata aggiungendo i nomi delle mogli dei patriarchi: ora dice anche «Dio di Sara, Dio di Rebecca, Dio di Lia e Dio di Rachele».

Nel 2017 anche la Chiesa di Svezia aveva chiesto ai suoi membri di non riferirsi più a Dio usando termini o pronomi che indichino un genere, e di dire quindi «Nel nome della Trinità di Dio» invece che «Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo». In quell’occasione l’arcivescova di Uppsala Antje Jackelén aveva ricordato che già nel XIV secolo la mistica inglese Giuliana di Norwich – considerata beata dalla Chiesa cattolica – scriveva: «Com’è vero che Dio è nostro Padre, così è vero che Dio è nostra Madre».

– Leggi anche: Dio è maschio?