La Francia vuole bloccare ai minorenni l’accesso ai siti porno

L'ha fatto sapere il governo senza dare però molti dettagli su un meccanismo molto difficile da attuare

(GettyImages)
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Il governo francese dovrebbe presentare in settimana un proposta per impedire ai minorenni l’accesso ai siti porno attraverso un meccanismo «affidabile» di certificazione della maggiore età. I dettagli della certificazione non sono ancora stati spiegati, ma la misura entrerà in vigore dal prossimo settembre, secondo quanto dichiarato da Jean-Noël Barrot, ministro della Transizione digitale. Non è la prima volta che la Francia prova ad agire in questa direzione, ma tutti i tentativi precedenti non sono andati a buon fine.

Dallo scorso anno, in Francia, si parla molto di industria del porno e abusi sessuali e della necessità di una maggiore regolamentazione sia nella produzione dei video che nella loro fruizione. Nel settembre del 2022, a seguito di due grandi indagini giudiziarie sugli abusi nel mondo del porno amatoriale, il Senato aveva presentato un rapporto in cui si diceva che nell’industria pornografica l’abuso sessuale e fisico era “sistematico”. L’obiettivo della relazione, era stato detto durante la conferenza stampa di presentazione, era denunciare «un’industria della pornografia che genera violenza sistemica contro le donne» e chiedere che «la lotta contro la violenza pornografica e le sue conseguenze diventino una priorità politica».

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Nella relazione venivano presentati anche molti dati: l’Arcom, l’Autorità francese di regolamentazione della comunicazione audiovisiva e digitale, aveva ad esempio calcolato che 19,3 milioni di persone (un terzo degli utenti di Internet) guardavano il porno online e che i minori rappresentavano il 12 per cento di questo pubblico. «Due terzi dei bambini sotto i 15 anni e un terzo di quelli sotto i 12 anni sono già stati esposti, volontariamente o involontariamente, a immagini pornografiche. Quasi un terzo dei ragazzi di età inferiore ai 15 anni visita un sito porno almeno una volta al mese», diceva il rapporto, sottolineando le profonde conseguenze che questa esposizione poteva causare sulla rappresentazione della sessualità e della donna.

Nella relazione erano presenti anche molte raccomandazioni per l’applicazione delle leggi vigenti e per l’introduzione di nuovi regolamenti. Ci si chiedeva, infine, se fosse ragionevole «continuare a tollerare l’esistenza di un’industria che genera tali violenze e abusi contro le donne» e che potevano «avere conseguenze disastrose sulla costruzione dell’identità sessuale di un pubblico giovane». L’ultima raccomandazione era «educare, educare, educare».

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Per dare seguito all’indagine, il governo francese ha ora proposto di imporre un sistema di certificazione della maggiore età per bloccare ai minori l’accesso ai siti pornografici. «Il 2023 segnerà la fine dell’accesso dei nostri bambini ai siti pornografici», ha detto domenica 5 febbraio in un’intervista al quotidiano Le Parisien Jean-Noël Barrot.

L’impegno dà seguito tra l’altro a quanto promesso dal presidente francese Emmanuel Macron durante la campagna elettorale, fare cioè della protezione dei bambini dalla pornografia una priorità del suo secondo mandato. In novembre Macron aveva anche presentato un’iniziativa a cui partecipano società del settore e vari ricercatori con l’obiettivo di migliorare la sicurezza online dei minori.

I dettagli della nuova proposta del governo saranno presentati in settimana, ma secondo quanto anticipato le persone che desiderano accedere a video porno online dovranno scaricare un’applicazione che fornirà loro un certificato digitale e un codice. Il codice sarà necessario per entrare su ogni sito pornografico con un sistema «che funzionerà un po’ come i pagamenti quando compri qualcosa online», ha detto Barrot. L’obiettivo sarà comunque quello di preservare l’anonimato degli utenti, ha aggiunto il ministro, spiegando anche che «questa soluzione tecnica» a cui stanno lavorando sarà di fatto utilizzata «per far rispettare i limiti di età che esistono già nella nostra legge, ma che non sono sufficientemente rispettati online».

In Francia la legge prevede che sia vietato esporre i minori di 18 anni a contenuti pornografici e, dal 2020, prevede anche che la casella di spunta sui siti porno in cui l’utente dichiara di essere maggiorenne per potervi accedere non sia più sufficiente. La legge, ha però raccontato a Libération Anne-Sophie Revers, avvocata specializzata in diritto digitale, non stabilisce come fare diversamente. Dice che un semplice clic non basta, che questi siti sono tenuti a utilizzare altri sistemi, ma non specifica cosa fare per conformarsi alla legge stessa. «C’è un enorme vuoto giuridico» che di fatto non ha portato ad alcun adeguamento alla legge da parte dei siti stessi.

A marzo 2021, l’Arcom aveva avviato una procedura di blocco nei confronti di alcune piattaforme porno (Pornhub, TuKif, xHamster, XVideos e Xnxx) giudicando, in base alle legge del 2020, le loro condizioni di accesso troppo facili per i minori. Arcom aveva cioè emesso un avviso formale rivolto a tali siti il cui termine è però già scaduto senza che sia successo nulla. Arcom ha dunque deciso di portare il caso davanti al tribunale giudiziario di Parigi, ma Anne-Sophie Revers ritiene che non andrà bene, proprio a causa del vuoto giuridico della legge del 2020. Un tribunale di Parigi, nel 2021, aveva d’altra parte già respinto la richiesta di due associazioni che avevano citato in giudizio sei diversi siti pornografici per chiederne il blocco accusandoli di non impiegare risorse sufficienti per impedire ai minori di accedere ai loro contenuti. Va poi tenuto conto del fatto che in Francia ci sono almeno altri 250 siti porno con almeno 200 mila visitatori unici mensili ciascuno. Anche se l’azione di Arcom andasse a buon fine, avrebbe insomma effetti limitati.

La Francia non è l’unico paese che sta cercando di trovare una soluzione al problema (ci sta provando da tempo il Regno Unito, per esempio). Impedire l’accesso a quel tipo di contenuti è molto difficile, banalmente perché i siti che li offrono sono moltissimi e risulterebbe impossibile creare liste che li comprendano tutti. Inoltre, definire una modalità legalmente accettabile di verificare l’identità o l’età della persona che desidera accedere a quei siti è una questione complicata e ha a che fare con la normativa sulla protezione dei dati personali.

Lo scorso giugno, la Commission nationale de l’informatique et des libertés (CNIL), l’autorità francese incaricata di assicurare l’applicazione della legge sulla tutela dei dati personali, aveva respinto l’idea di chiedere agli utenti una carta d’identità. Stesso rifiuto rispetto alla possibilità di richiedere dati biometrici, come il riconoscimento facciale. In entrambi i casi, era infatti molto alto il rischio di un controllo incrociato tra l’identità della persona e la visita a un sito pornografico.

Tra le varie ipotesi, in Francia si è discusso di un utilizzo più generalizzato di tecnologie di controllo parentale, che bloccano certi contenuti sui computer e sui cellulari a discrezione dei genitori, ma secondo molti non sarebbe sufficiente. Per l’avvocata Anne-Sophie Revers il meccanismo non impedirebbe ad esempio l’accesso ai minori che hanno genitori che non si preoccupano di attivare il meccanismo stesso. Si è parlato anche della possibilità di accedere registrando una carta di credito valida, ma a parte il fatto che un minore potrebbe ottenerne facilmente una, questo sistema non convince le società di siti porno gratuiti perché ritengono che molti utenti potrebbero essere scoraggiati dall’idea di fornire le proprie informazioni bancarie.

Una possibilità potrebbe essere quella di ricorrere a un certificatore terzo, che sarebbe il destinatario dei dati. Solo dopo una verifica, il certificatore inoltrerebbe l’informazione alle società che gestiscono i siti pornografici, senza dare l’identità della persona. Per Anne-Sophie Revers niente riuscirà comunque a impedire di aggirare il sistema: ci saranno sempre dei minorenni che prenderanno la carta di identità di una persona adulta: «Detto questo, tra lo spuntare una casella e dover dare la propria carta d’identità, c’è un baratro che molti minorenni non attraverserebbero».