L’altezza è un vantaggio?

Diverse ricerche mostrano correlazioni significative con il reddito e il successo ma anche aspetti negativi, oltre che ambivalenze legate al genere

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Una foto di gruppo durante il G7 a Bruxelles, il 24 marzo 2022 (Henry Nicholls/Getty Images)
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L’idea che la statura alta sia una caratteristica fisica associata negli esseri umani a particolari qualità e abilità ha radici antichissime, riconducibili alla loro evoluzione biologica e ancora oggi alla base di molti stereotipi, cliché e pregiudizi. Diverse ricerche hanno mostrato negli ultimi decenni che le persone più alte hanno tendenzialmente stipendi più alti, più fiducia in sé stesse e più probabilità di successo nella ricerca dei partner rispetto a quelle meno alte. Come disse una volta l’altissimo (206 centimetri) economista canadese John Kenneth Galbraith, citato dal giornalista scientifico statunitense Stephen S. Hall nel saggio del 2006 Una questione di statura, i favoritismi di cui godono le persone alte sono «una delle forme di pregiudizio più evidenti e tollerate nella nostra società».

Allo stesso tempo altre riflessioni hanno suggerito l’idea che l’altezza non sia un vantaggio in qualsiasi caso, e che anzi possa comportare alcuni rischi per la salute o essere una caratteristica penalizzante in determinati contesti. Esiste un limite approssimativo superato il quale l’altezza smette di mostrare correlazioni significative con alcuni indicatori di benessere, per esempio. E la correlazione con certi attributi culturalmente associati all’altezza, secondo alcune ricerche, viene meno quando a essere “troppo alte” sono le donne. Alcuni esperti suggeriscono infine che le conseguenze dell’evoluzione più recente degli stili di vita nei paesi sviluppati potrebbero inoltre rendere in futuro l’altezza una caratteristica svantaggiosa in termini di efficienza e di consumi.

Uno dei più ampi e citati studi epidemiologici sull’altezza, A Century of Trends in Adult Human Height, fu pubblicato nel 2016 sulla rivista scientifica eLife e condotto da un gruppo di ricerca dell’Imperial College di Londra. Mise insieme dati di persone nate tra il 1896 e il 1996, e provenienti dalla maggior parte dei paesi del mondo, mostrando una serie di evoluzioni avvenute in alcune aree geografiche. I maggiori incrementi di altezza riguardarono gli uomini iraniani, la cui altezza in media era cresciuta in 100 anni di 16,5 centimetri, e le donne sudcoreane, la cui altezza era cresciuta di 20,2 centimetri.

Nel complesso, i primi dieci paesi con la popolazione mediamente più alta nel 2014 erano paesi europei e non di lingua inglese: su tutti, i Paesi Bassi per la popolazione maschile (182,5 centimetri) e la Lettonia per quella femminile (170 centimetri). Il paese con la popolazione maschile mediamente più bassa era il Timor Est (160 centimetri), piccola repubblica del sud-est asiatico, e quello con la popolazione femminile mediamente più bassa il Guatemala (149 centimetri), che lo era anche cento anni prima. All’inizio del secolo la popolazione più alta, sia maschile (172 centimetri) che femminile (160 centimetri), era quella svedese.

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Il gruppo di ricerca scoprì anche che in alcuni paesi l’altezza media aveva smesso di crescere nell’ultimo terzo del secolo preso in considerazione, nonostante una netta crescita nella fase iniziale. Tra i primi paesi che avevano mostrato questa stabilizzazione c’erano gli Stati Uniti, il Regno Unito, la Finlandia e il Giappone, mentre in Spagna, Italia e molti paesi dell’America Latina e dell’Asia orientale l’altezza aveva continuato a crescere.

Come affermato dai ricercatori e dalle ricercatrici dell’Imperial College e confermato da altri studi, l’altezza è fortemente influenzata dalla nutrizione e da vari fattori ambientali, sebbene anche i fattori genetici individuali abbiano un ruolo. Le persone che durante l’infanzia e l’adolescenza sono meglio nutrite e vivono in ambienti migliori tendono a essere più alte, e l’altezza può essere influenzata anche dalla salute e dall’alimentazione delle madri durante la gravidanza.

In questa prospettiva diverse ricerche hanno mostrato nel corso degli anni come l’altezza possa avere ripercussioni rilevanti per tutta la vita, sul piano della salute, dell’istruzione e del reddito. Alcune suggeriscono che le persone più alte tendono ad avere un’istruzione migliore e a guadagnare di più, e anche a vivere più a lungo (sebbene i dati sulla mortalità nel complesso siano contrastanti). Essere alti può anche essere un vantaggio per i candidati alle elezioni.

Nei paesi occidentali, secondo un’analisi pubblicata nel 2015 sulla rivista Journal of Human Capital, un incremento nell’altezza pari a 10-12 centimetri è associato a un aumento dello stipendio stimato tra il 9 e il 15 per cento. Ma certi incrementi “valgono” più di altri, a seconda del punto della scala in cui si collocano. Nella popolazione maschile il più netto incremento reddituale è associato all’incremento da 163 a 168 centimetri di altezza: oltre 182 centimetri i redditi tendono a stabilizzarsi.

Come scrisse l’Atlantic commentando l’analisi, che l’altezza fosse oggetto di valutazione quando bisognava scegliere le persone per un determinato lavoro aveva un tempo perfettamente senso. Quelle più alte erano spesso anche le più robuste e le più forti, e la maggior parte dei lavori richiedeva di essere forti e di grandi dimensioni. Nel corso del Novecento gli studiosi hanno cercato quindi di scoprire e approfondire le ragioni per cui questa preferenza per le persone alte si sia in una certa misura mantenuta anche quando molti lavori sono diventati lavori d’ufficio.

Uno studio di psicologia alla fine degli anni Quaranta ipotizzò che le persone più alte abbiano migliori abilità sociali e maggior fiducia in sé stesse: quelle che in ambito accademico sono spesso definite abilità «non cognitive». E ipotizzò che questo possa essere il risultato di un miglior trattamento durante l’infanzia e di una conseguente maggiore stabilità emotiva, che si è dimostrata essere un vantaggio sul lavoro.

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Il presidente francese Nicolas Sarkozy e quello statunitense Barack Obama durante il G20 a Cannes, in Francia, il 3 novembre 2011 (Stefan Rousseau/Getty Images)

Secondo una ricerca pubblicata nel 2006 dal National Bureau of Economic Research (NBER), organizzazione privata statunitense che si occupa di studi economici, «in media, le persone più alte guadagnano di più perché sono più intelligenti». Già all’età di tre anni – quindi prima di qualsiasi influenza della formazione scolastica – ottengono risultati «significativamente migliori» nei test cognitivi.

La ricerca suggerì anche che, dal momento che esiste una forte correlazione tra l’altezza nell’infanzia e nell’età adulta sia per gli uomini che per le donne, i bambini alti hanno molte più probabilità di diventare adulti alti. E da adulti è più probabile che gli individui più alti «scelgano occupazioni più remunerative, che richiedono abilità verbali e numeriche più avanzate» e meno abilità fisiche.

Secondo gli autori dell’analisi pubblicata nel 2015 sul Journal of Human Capital, i vantaggi nelle abilità cognitive e non cognitive non bastano tuttavia a spiegare le differenze nei redditi. La variabile indiretta più importante rimane la nutrizione, perché è un fattore che influenza l’altezza e altri attributi e abilità che emergono nel resto della vita di una persona. Oltre alle correlazioni tra l’altezza e il reddito, gli autori della ricerca scoprirono che per ogni aumento di 5 centimetri di altezza in un bambino o una bambina il miglioramento delle valutazioni delle abilità cognitive e non cognitive era più o meno equivalente a quello determinato dalla differenza tra crescere in una famiglia a basso reddito e una famiglia della classe media.

Altri studi hanno associato all’altezza anche vantaggi di altro tipo. Utilizzando una serie di dati raccolti dal governo tedesco tra il 2002 e il 2012, uno studio pubblicato nel 2015 sulla rivista Economics & Human Biology mostrò che per ogni centimetro di altezza in più aumentano leggermente le probabilità di essere un imprenditore anziché svolgere un lavoro d’ufficio. Tra gli impiegati, le persone più alte riferirono inoltre di essere più soddisfatte della propria vita professionale rispetto a quanto riferito dai dipendenti meno alti.

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Il presidente russo Vladimir Putin e il vice principe ereditario dell’Arabia Saudita Mohammad bin Salman al-Saud, su un gradino, prima di una foto di gruppo al G20 a Buenos Aires, il 30 novembre 2018 (Daniel Jayo/Getty Images)

Alcune ricerche hanno poi confermato una serie di impressioni largamente condivise sull’apparente tendenza delle donne eterosessuali a preferire partner più alti di loro. Uno studio pubblicato nel 2013 sulla rivista scientifica di psicologia Personality and Individual Differences scoprì che in un campione di studentesse e studenti olandesi e tedeschi le donne riferivano di preferire che i loro partner fossero molto più alti di loro (in media 21 centimetri). Anche gli uomini esprimevano la stessa preferenza, cioè di essere più alti delle loro partner, ma che la differenza fosse minore (in media 8 centimetri).

Come spiegò la ricercatrice australiana Beatrice Alba sul sito The Conversation, il fatto che le donne preferiscano uomini più alti potrebbe indicare una preferenza per gli uomini dominanti, influenzata dal modo in cui l’evoluzione biologica ha modellato il nostro cervello. Tra i mammiferi i maschi alti e dominanti sono in grado di offrire alle partner e alla prole maggiore protezione da altri maschi. Ed è probabile che siano stati più abili nel procacciare il cibo e altre risorse nel corso della nostra storia evolutiva.

Potrebbe quindi essere un comportamento «adattivo» il fatto che le donne siano attratte da questi uomini e li scelgano come partner. E questo a sua volta «potrebbe aver plasmato la nostra cultura e le norme che rafforzano l’aspettativa che un uomo debba essere più alto della sua compagna», scrisse Alba. Che non significa che certe tendenze e le loro possibili implicazioni negative – il fatto che l’aggressività dei maschi possa a volte essere rivolta verso le partner, per esempio – siano destinate a rimanere «seducenti» in modo biologicamente invariabile. E che la cultura non possa essere modellata sulla base di altri valori, che «compensino intenzionalmente i difetti della nostra natura» e portino «a una società più equa, in cui le donne non sentiranno nemmeno di aver bisogno di protezione».

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Alcune ricerche si sono concentrate su altri squilibri e ambivalenze legate al genere, negli effetti dell’altezza sulla vita delle persone. Uno studio dell’INSERM, l’Istituto Nazionale francese per la Salute e la Ricerca Medica, indicò in un’altezza di 177 centimetri il limite oltre il quale una donna diventa alta in un modo percepito dalla comunità come anormale. «Basta lo sguardo degli altri per capirlo», disse al quotidiano Le Parisien una ragazza alta 186 centimetri, parte del 2-3 per cento della popolazione femminile francese che supera i 177 centimetri.

Se l’altezza femminile è associata nelle percezione comune a eleganza e seduzione, spiegò a Le Parisien la sociologa del CNRS (il Consiglio Nazionale della Ricerca Scientifica francese) Marie Buscatto, nel caso delle donne «troppo alte» è associata a un’esperienza quotidiana stigmatizzante e spiacevole, possibile causa di sofferenza e difficoltà nella società.

Chi supera un certo limite di altezza femminile non «incarna» un determinato stereotipo di bellezza, e diventa una donna «che fa paura, che intimorisce», disse Buscatto. Secondo un sondaggio condotto nel 2022 dall’IFOP (Institut français d’opinion publique), uno dei più affidabili istituti nazionali di sondaggi, il 20 per cento della popolazione maschile – il 26 per cento tra i giovani – si rifiuterebbe di avere una relazione con una donna «significativamente» più alta.

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L’attore Tom Holland e l’attrice Zendaya alla prima di “Spider-Man: No Way Home” a Los Angeles, il 13 dicembre 2021 (Emma McIntyre/Getty Images)

Un’altra parte della ricerca scientifica degli ultimi decenni sulle persone alte ha segnalato, in generale, una serie di svantaggi relativi ai rischi per la salute. L’altezza è stata associata a un maggior rischio di alcuni tumori, tra cui quello alle ovaie e alla prostata, ma c’è molta cautela nello stabilire correlazioni causali, dal momento che altri fattori che incrementano il rischio di tumori negli adulti potrebbero avere effetti indiretti indipendenti dall’altezza.

In un recente articolo pubblicato sul New York Times, dal titolo “Non c’è mai stato un miglior momento per essere bassi”, la scrittrice e giornalista freelance statunitense Mara Altman ha infine segnalato l’esistenza di un dibattito laterale ma molto attivo riguardo all’impatto ambientale delle persone in relazione alla loro altezza.

Secondo un calcolo attribuito da Altman a Thomas Theodore Samaras, autore statunitense considerato un riferimento in questo dibattito, se la popolazione statunitense fosse il 10 per cento più bassa di com’è si risparmierebbero 87 milioni di tonnellate di cibo all’anno (per non dire dell’acqua e dell’energia).

Altman ha detto di aver ricevuto cure ormonali quando era piccola, per la paura dei suoi genitori che non crescesse abbastanza. E oggi è madre di due gemelli che sono tra i più bassi della loro classe: «Invece di prepararmi a curarli a causa di un pregiudizio sociale antiquato, li lascerò essere così come sono». Ha scritto dei vantaggi – in termini di risparmio di cibo e denaro – legati al fatto che i figli, pur essendo perfettamente sani, abbiano una crescita diversa da quella della maggior parte dei loro coetanei: «Lo stesso paio di scarpe va bene per un anno».

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Il presidente francese Nicolas Sarkozy al G20 a Toronto, in Canada, il 27 giugno 2010 (Chip Somodevilla/Getty Images)

In un pianeta in cui le risorse diminuiscono progressivamente a causa della crescita della popolazione e del riscaldamento globale, ha scritto Altman, non è escluso che le persone basse possano essere più adatte per la sopravvivenza a lungo termine. E ha infine citato una riflessione del suo ex endocrinologo Alberto Hayek, medico in pensione del Rady Children’s Hospital di San Diego, il più grande ospedale pediatrico della California, al quale ha chiesto perché i genitori di figli che crescono bassi ma che non hanno patologie cercano di curarli con l’ormone della crescita.

Hayek ha risposto che la ricerca dell’altezza è determinata dal pregiudizio secondo cui, come principio generale, maggiori dimensioni comportano sempre un maggior valore. E che questa mentalità «capitalista», secondo cui più una cosa è grande meglio è, si riflette anche nelle scelte dei genitori per la loro prole.