Va sempre a finire con un granchio

L'evoluzione porta molti crostacei ad assumere questa forma, anche se non abbiamo ancora capito fino in fondo perché

(Rafal Jedrzejek via Unsplash)
(Rafal Jedrzejek via Unsplash)
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Nel 1899, lo zoologo britannico Lancelot Alexander Borradaile partecipò a una spedizione in Sri Lanka per studiare i crostacei e in particolare i granchi di terra. Si era appassionato da tempo a questi animali e ai loro simili, notando un particolare che lo aveva affascinato molto: la tendenza di molti crostacei a evolvere assumendo una forma simile a quella dei granchi. Nel 1916 definì questa tendenza “carcinizzazione”, dalla parola greca καρκίνος (karkínos) che significa granchio, e la descrisse con una frase che sarebbe stata molto ripresa in seguito: «Uno dei tanti tentativi della Natura di evolvere in un granchio». A un secolo di distanza dal lavoro di Borradaile non sappiamo ancora di preciso perché molti crostacei assumano con l’evoluzione la forma dei granchi, ma lo studio di questo fenomeno potrebbe offrire importanti spunti per comprendere meglio come funzionano i processi evolutivi.

L’idea che la forma del granchio sia in qualche modo preferita dall’evoluzione è affascinante e ha colto l’immaginazione di molti, soprattutto negli ultimi anni grazie ad alcune nuove ricerche scientifiche pubblicate sul tema. È un fenomeno talmente curioso da essere finito in numerosi meme, secondo i quali tutto tende prima o poi a trasformarsi in un granchio. Come per molti meme, un’affermazione simile è naturalmente un’iperbole: il processo è tipico dei crostacei, di conseguenza è difficile immaginare un futuro con le chele per la specie umana. Resta il fatto che l’evoluzione in alcuni casi sembra non possa fare a meno di portare alla forma del granchio, ma che cos’è davvero un granchio?

Tendiamo a chiamare “granchi” tantissimi tipi diversi di crostacei sulla base del loro aspetto, anche se tecnicamente pochi di loro sono realmente granchi. Per dire di avere visto un granchio di solito ci basta osservare un animale con un carapace appiattito e resistente, le chele e un modo particolare di incedere sul fondale marino o sulla spiaggia.

Questo stereotipo in buona fede fa sì che chiamiamo granchi buona parte dei crostacei appartenenti al gruppo (“clado”) Meiura, che comprende i brachiuri (Brachyura) cioè i granchi veri e propri e gli anomuri (Anomura), che possiamo definire falsi granchi. A prima vista le differenze tra i due sottogruppi non sono molto evidenti, ma se ci soffermiamo a osservarli meglio possiamo notare che i primi camminano utilizzando quattro paia di zampe, mentre i secondi solamente tre paia. Sono imparentati molto alla lontana, perché la loro strada evolutiva si è separata centinaia di milioni di anni fa. Nonostante ciò, entrambi hanno sviluppato caratteristiche tipiche dei granchi nel corso della loro evoluzione.

A sinistra un “vero granchio” (Liocarcinus vernalis) e a destra un “falso granchio” (Petrolisthes granulosus) – Wikimedia

I carcinologi, cioè gli studiosi dei crostacei, ipotizzano che anticamente al clado Meiura appartenessero animali simili agli astici tozzi dei giorni nostri, che via via andarono incontro alla carcinizzazione con corpi più larghi, schiacciati e sempre più coriacei (gli astici sono anomuri). Il loro addome segmentato si ripiegò su se stesso, assumendo la classica forma al di sotto del carapace osservabile nei granchi odierni.

Per farsi un’idea di che cosa significò un cambiamento di questo tipo è sufficiente osservare un granchio reale, secondo gli studi più condivisi frutto dell’evoluzione dai paguri. Difficilmente diremmo che abbiano qualcosa in comune, ma a un certo punto nel corso dell’evoluzione alcuni paguri iniziarono a carcinizzare diventando via via più simili ai granchi. I granchi reali hanno un carapace resistente, mente i paguri hanno un addome ricurvo e molle e si devono proteggere utilizzando conchiglie vuote, che cambiano man mano che aumentano di dimensioni con la crescita.

Una specie di granchio reale a sinistra e una di paguro a destra (Wikimedia)

Secondo uno studio condotto presso l’Università di Harvard (Stati Uniti) e pubblicato nel marzo del 2021 ci furono almeno cinque occasioni in cui gruppi di crostacei andarono incontro al processo di carcinizzazione. La ricerca mostrò inoltre come il processo fosse reversibile, con almeno sette casi in cui ci fu un processo di decarcinizzazione. Lo studio era stato realizzato mettendo insieme un grande insieme di dati, basato sia sui fossili dei crostacei sia sulle numerose loro specie che oggi popolano il pianeta.

Questo schema mostra come la carcinizzazione, indicata con i cerchi colorati sui rami evolutivi, sia avvenuta più volte dopo la divisione tra Brachyura e Anomura (Joanna M. Wolfe)

Non è chiaro perché a un certo punto il processo evolutivo dei crostacei punti verso la forma dei granchi, ma le ipotesi non mancano. Alcuni esperti ritengono che quella forma sia vantaggiosa per muoversi più facilmente lateralmente, andatura tipica di numerose specie di granchi, sia per difendersi meglio dai predatori con la capacità di infilarsi in strette fenditure tra le rocce dei fondali marini. Questi presunti vantaggi sono spesso ripresi nei meme sul futuro da granchio degli animali, ma in realtà a oggi non ci sono elementi per sostenere con certezza che si tratti di vantaggi evolutivi.

«Ho fatto un nuovo animale» «Un nuovo animale o di nuovo un granchio?» «Di nuovo un granchio»

Altri carcinologi ipotizzano infatti che la carcinizzazione non avvenga per un qualche meccanismo di adattamento, ma semplicemente in risposta ad alcuni vincoli che potrebbero essere legati a come le informazioni genetiche plasmano i crostacei, con una quantità relativamente ristretta di opzioni. Il carapace e la parte addominale sono strettamente legati tra loro, al punto che uno ormai dipende dall’altro. L’ipotesi è che un certo processo evolutivo abbia interessato uno dei due elementi, diventando un vincolo per l’altro.

La carcinizzazione è del resto uno dei casi più evidenti e affascinanti della convergenza evolutiva, che porta specie diverse che vivono in ecosistemi simili a sviluppare in modo indipendente attraverso la selezione naturale determinate strutture e caratteristiche che si assomigliano molto tra loro. Non è naturalmente successo solo con i crostacei. Quando i dinosauri si estinsero, per i mammiferi si aprirono grandi opportunità per colmare le aree (“nicchie ecologiche”) un tempo occupate da quei grandi animali. La rapida evoluzione da un antenato comune (“radiazione adattiva”) portò ad avere mammiferi placentati molto simili ai mammiferi marsupiali, nonostante questi si fossero evoluti in maniera separata e indipendente.

I crostacei hanno comunque una grande diversità, pur mantenendo alcuni elementi in comune. Ci sono specie che vivono solo in acqua e altre sulla terraferma, specie dalle dimensioni minuscole e altre molto grandi, alcuni che si comportano come parassiti e altri che si danno da fare per andare a caccia del cibo. Ed è questa caratteristica a incuriosire ancora di più chi li studia. Da un lato la convergenza evolutiva ha portato ad avere animali simili, nonostante appartengano a gruppi diversi, mentre in altri ha preservato una spiccata diversità. Nuovi studi potrebbero aiutare a comprendere meglio le cause di tutto questo, a dimostrazione di quanto ci sia ancora da capire sulle numerose sfumature dell’evoluzione, cercando di non prendere troppi granchi.