L’uomo che da 30 anni cerca il mostro di Loch Ness
Steve Feltham è arrivato sul lago scozzese nel 1991 e da allora passa le sue giornate scrutando l'acqua, invano
“La verità è là fuori”, si legge su un ritaglio di giornale appeso su un furgone rivestito di legno parcheggiato a pochi metri dalla spiaggia di Dores, una piccola località sulla sponda meridionale del lago di Loch Ness, nelle Highlands, in Scozia. Dalla porta si affaccia un uomo: è lo stesso della foto del vecchio articolo, con qualche capello bianco in più e una tuta da operaio logora, punteggiata di macchie di vernice. Si chiama Steve Feltham, ha 59 anni, ed è uno degli uomini più pazienti del Regno Unito: da oltre 30 anni cerca Nessie, il leggendario mostro di Loch Ness.
Il furgone sulla spiaggia è la sua casa dove accoglie turisti e curiosi. Da quando è arrivato, nel 1991, non si è ancora stancato di raccontare la sua storia a qualcuno ogni giorno, migliaia di volte all’anno.
Da qui ha una splendida vista sul lago, secondo lui la più bella di tutte, un punto di osservazione perfetto per la sua missione. Feltham è innamorato del mistero di Loch Ness: vuole a tutti i costi filmare o almeno fotografare il mostro diventato leggenda. Non importa quanto tempo servirà: se hai un sogno, dice, non importa cosa pensano le altre persone, vale la pena provare a realizzarlo.
Loch Ness è all’apparenza uno dei tantissimi laghi scozzesi. È molto profondo, 240 metri, e forse per questo motivo la popolazione locale lo considera misterioso da sempre. Da almeno un migliaio di anni si dice che là sotto ci sia un mostro simile a un animale preistorico, il plesiosauro, un rettile acquatico che poteva raggiungere i 15 metri di lunghezza. Pare che il primo fantomatico avvistamento risalga al 565 dopo Cristo. L’interesse per la leggenda riprese dal 1933, quando una coppia raccontò a un giornale locale di aver avvistato una strana creatura spuntare dal lago e poi immergersi, scomparendo nella nebbia.
La fotografia più celebre del mostro, tra i più maldestri falsi della storia, fu pubblicata il 21 aprile 1934 sul Daily Mail, uno dei principali tabloid inglesi. Diede vita alla leggenda moderna di Nessie e fu scattata da Robert Kenneth Wilson, un ginecologo. L’immagine era molto sgranata e mostrava nell’acqua del lago quelli che sembravano essere il collo e la testa di un animale. La fotografia – ce n’era anche un’altra, ancora meno nitida – fu descritta dal Daily Mail come la Surgeon Photograph (“la foto del chirurgo”) perché Wilson – che comunque non era un chirurgo – non voleva che le fosse associato il suo nome. C’era un motivo: era una truffa.
Negli anni Ottanta si riuscì a ricostruire che la foto mostrava la parte visibile fuori dall’acqua di un sottomarino giocattolo al quale era stata attaccata una sagoma a forma di testa di serpente. Il marchingegno era stato costruito da Christian Spurling, un amico di Wilson che era anche il genero di Marmaduke Wetherell, un cacciatore che alcuni mesi prima aveva detto di aver trovato delle impronte di Nessie, venendo poi subito smentito dal Daily Mail.
Quando si scoprì che la foto era un falso, Feltham era già stato conquistato dalla leggenda. Come ha raccontato in un lungo articolo pubblicato sul Guardian, la prima volta che iniziò ad appassionarsi al mostro aveva sette anni. Lui, nato nel Dorset, una contea nel sud ovest del Regno Unito, era in vacanza a Loch Ness con la famiglia quando incontrò alcuni membri del Loch Ness Investigation Bureau, una squadra di volontari che ogni estate allestiva un campo di ricerca del mostro su una piattaforma di osservazione costruita vicino al castello di Urquhart.
Per rendere meno noioso il viaggio verso casa, suo padre acquistò un plico di documenti del Bureau che Feltham ha ancora oggi. È pieno di rapporti su presunti avvistamenti e repliche di fotografie storiche. Nei due decenni successivi Feltham tornò spesso nelle Highlands per le vacanze, ormai diventate vere e proprie spedizioni alla ricerca del mostro «armato di una semplicissima macchina fotografica e del binocolo della Seconda guerra mondiale di mio nonno, aspettandomi in questo modo di poter risolvere il mistero».
La passione non si placò nemmeno quando Feltham iniziò a lavorare, prima come vasaio, poi come rilegatore e infine come grafico. Anzi, crebbe fino a diventare totalizzante. Nel 1987, a 24 anni, Feltham aprì un’azienda di installazione di antifurti di discreto successo. Si fidanzò e comprò casa, ma presto si rese conto presto di voler cambiare vita: «sapevo dove ero più felice e cosa mi interessava di più». Lasciò la fidanzata e vendette la casa. Nel 1990, nel giorno in cui incassò i soldi della vendita, comunicò ai genitori di voler lasciare la redditizia azienda di famiglia. «Oh, e comunque cercherò il mostro di Loch Ness», disse loro.
Il 19 giugno del 1991 arrivò sul lago con il suo furgone, una vecchia libreria mobile, e divenne un cercatore di mostri a tempo pieno. Oltre ai soldi che aveva messo da parte con la vendita della casa, Feltham iniziò a realizzare piccoli pupazzetti di Nessie che vende ancora oggi sulla spiaggia dove abita, accanto al Dores Inn, uno dei pochi ristoranti del paese. Si stabilì qui alla fine degli anni Novanta, dopo che per dieci anni si era mosso con la sua ex libreria lungo tutta la costa del lago.
Tutti gli abitanti scoprirono chi fosse quello strano giovane dopo l’uscita di un documentario realizzato dalla BBC, che venne in contatto con Feltham quasi per caso. Fu lui stesso a chiamare gli uffici di Londra con una richiesta molto particolare: chiese quale fosse il formato video ideale per filmare un mostro marino. Chi rispose alla strana telefonata intuì di avere una potenziale buona storia e in poco tempo la BBC diede a Feltham tutto il necessario per filmare la sua ricerca per un anno.
Desperately seeking Nessie andò in onda nell’agosto del 1992. Nel documentario, Feltham spiegava le sue tecniche di ricerca, che poi si sarebbero affinate negli anni successivi. Da lunghe perlustrazioni in barca con un ecoscandaglio, uno strumento che serve per misurare la profondità e la presenza di ostacoli, fino a sorvoli del lago con un ultraleggero: le ha provate tutte. Non è mai riuscito a trovare le prove della presenza di Nessie, anche se dice di aver visto animali non meglio identificati nuotare contro corrente increspando l’acqua del lago.
Oggi Feltham si limita a osservare il lago dalla riva accanto al suo furgone perché non può permettersi di acquistare una barca. Tuttavia è diventato un punto di riferimento per appassionati e curiosi che arrivano nelle Highlands da tutto il mondo incuriositi anche dal mistero di Loch Ness. Negli ultimi anni è stato protagonista di molti altri documentari e ha accompagnato diversi personaggi celebri, attori e cantanti, durante crociere sul lago. «Gran parte di quello che faccio è cercare di capire che tipo di avvistamenti sono: con internet, poi, è molto più facile scoprire i falsi», dice.
Soltanto nel 2022 – si legge sul sito ufficiale che raccoglie gli avvistamenti di Nessie – ci sono stati sei avvistamenti. L’ultimo risale a poche settimane fa: l’11 ottobre scorso, alle 17:24, una madre e una figlia hanno scattato la foto di un’increspatura sospetta dell’acqua e di una sorta di grumo nero delle dimensioni di un pallone da calcio. «Non sembrava nuotare, anzi ha oscillato e poi è scomparso nell’acqua prima di riemergere e fare lo stesso una seconda volta», è la testimonianza delle due donne.
Del mostro di Loch Ness si è tornato a discutere anche a luglio, dopo la scoperta fatta nel deserto del Sahara, dove è stato trovato il fossile di un rettile preistorico, probabilmente un plesiosauro, in un luogo dove nella preistoria c’era un fiume. Questa scoperta suggerirebbe che questa specie, finora ritenuta una creatura marina, potrebbe aver vissuto anche in fiumi e laghi d’acqua dolce. È un collegamento decisamente debole, anzi più probabilmente un pretesto per dare più rilevanza alla scoperta. A oggi infatti non sono mai state trovate prove dell’esistenza di un grosso animale ignoto nel lago di Loch Ness, nemmeno di una sua eventuale presenza nell’antichità. Nonostante la costanza e l’impegno, nemmeno Feltham è riuscito a provare la fondatezza della leggenda.