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  • Mercoledì 21 settembre 2022

Per chi sono i grandi festival di musica di Barcellona

Un articolo del nuovo The Passenger racconta cosa sono il Primavera Sound e il Sónar per chi vive nella capitale della Catalogna

Frequentatori del Primavera Sound di Barcellona in attesa del tram, fuori dal Parc del Fòrum (Marc Gómez del Moral)
Frequentatori del Primavera Sound di Barcellona in attesa del tram, fuori dal Parc del Fòrum (Marc Gómez del Moral)
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In Italia i festival di musica estivi che durano più giorni e coinvolgono musicisti internazionali sono molti meno rispetto alla maggior parte dei paesi europei, dove ce ne sono di grandissimi e con storie illustri, capaci di attirare un pubblico da mezzo mondo. Per questo tra gli appassionati di musica e concerti italiani molti a giugno vanno a Barcellona per il Primavera Sound, uno dei due festival più celebri della città insieme al Sónar, dedicato più specificamente alla musica elettronica. Questi due grandi eventi sono molto apprezzati dai visitatori stranieri, ma per chi vive a Barcellona hanno anche lati negativi: li racconta il giornalista e critico musicale Nando Cruz in uno degli articoli del nuovo numero di The Passenger, il libro-rivista della casa editrice Iperborea dedicato a paesi, città e luoghi del mondo. Ne pubblichiamo un estratto.

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L’odierno «festivalodromo» di Barcellona costituiva il tocco di grazia di un piano urbanistico che ha portato a termine il processo di trasformazione di un litorale infestato da capannoni in un porto turistico con annessa area di alberghi e appartamenti di lusso. Il tutto, a pochi metri dagli ancora depressi quartieri del Besòs e La Mina. Va da sé che la realizzazione del progetto dovesse trascinarsi appresso un nuovo baraccone culturale. Stavolta però, messa di fronte all’impossibilità di indire una seconda olimpiade o una terza esposizione universale, la capitale catalana tirò fuori dal cappello il Fòrum de les cultures: una pletora di mostre, conferenze e concerti organizzata a suon di generosi assegni staccati ai quattro venti, con tanto di sostenibilità, pace e diversità culturale come parole chiave per indorare l’ennesimo progetto di speculazione edilizia.

Ed è qui, al Parc del Fòrum, che un anno più tardi, nel 2005, il Primavera sound inaugura la nuova sede, seguito a ruota nel 2006 dal Summercase. Nessuno, all’epoca, avrebbe mai immaginato che nel 2008 sarebbe crollata l’economia mondiale. Erano tempi di vacche grasse. La Spagna puntava a consolidare la propria posizione all’interno del circuito dei tour musicali, e l’unico modo per farlo (tenuto conto che le vendite di dischi in questo paese sono sempre state molto inferiori rispetto al resto d’Europa) era concedere alle band internazionali qualsiasi compenso chiedessero, se non di più. Così le grandi agenzie straniere – che ai promotori dei concerti spagnoli non avevano mai nemmeno risposto al telefono – si scoprivano improvvisamente entusiaste all’idea di portare i loro artisti in Spagna. E la destinazione prediletta era proprio la capitale catalana: con i tre macrofestival che si contendevano gli stessi gruppi (oltre al Festival internacional de Benicàssim, a soli 260 chilometri dalla città), le aste raggiungevano quotazioni astronomiche.

Tutte le fotografie che illustrano l’articolo di Nando Cruz – e il resto di “The Passenger. Barcellona” – sono del direttore della fotografia barcelloneta Marc Gómez del Moral

Ma i conti non tornavano perché, per quanto Barcellona pretenda di essere à la page, il pubblico locale interessato al genere indie è esiguo. Ma come diciamo da queste parti: «Burro grande, ande o no ande» – se l’asino è grande, piace anche se non si regge sulle zampe. E così, quando uno degli asini si è azzoppato – il Summercase chiude dopo l’edizione 2008 – il suo posto è stato quasi immediatamente preso da un altro raduno. Nel 2010 il Cruïlla si è insediato nelle stesse date di luglio e nella stessa sede, il festivalodromo del Parc del Fòrum. Perché, nel frattempo, Barcellona aveva scoperto la trovata destinata a rivoluzionare l’industria dei concerti live: il turismo da festival.

Se il melomane straniero era disposto a spingersi fino a Benicàssim e dormire in tenda, figuriamoci se non avrebbe cambiato i programmi per un fine settimana a Barcellona, invece, dove sole e spiaggia non mancano, ma in più c’è anche un’ampia offerta di alberghi e intrattenimenti. Quella che Barcellona aveva per le mani era l’invenzione del secolo: il macrofestival urbano. […]

(Marc Gómez del Moral)

Non sono molte, in Spagna, le persone disposte a spendere duecento euro in un biglietto cumulativo per un festival. Questa tipologia di pubblico vive all’estero, di conseguenza è stata adottata la strategia di contattare promotori stranieri – l’emittente inglese Bbc, la francese Radio nova, la rivista digitale statunitense Pitchfork, il festival All tomorrow’s parties… – e affidare loro la gestione di determinati eventi. Direttamente o indirettamente, i cartelloni del Sónar e del Primavera sound sono programmati da media stranieri il cui prestigio mondiale fa da calamita per orde di appassionati di musica da ogni parte del globo, e che a malapena prendono in considerazione i gusti del pubblico locale. Così, pian piano, i macrofestival di Barcellona si sono trasformati in resort turistico-musicali per guiris – come chiamiamo noi i turisti.

Risultato: da anni il pubblico del Sónar e del Primavera sound è costituito per più del cinquanta per cento da stranieri, e se sottraiamo quello proveniente da varie parti della Spagna, la percentuale di barcellonesi che partecipa a questi macrofestival precipita a livelli allarmanti.

La traduzione dell’articolo di Nando Cruz è di Nicola Jacchia.