Il rientro in Italia del gruppo scultoreo “Orfeo e le sirene”

L'opera era stata trafugata negli Stati Uniti dopo essere stata ritrovata a Taranto, dove sarà esposta dopo un periodo a Roma

Dal profilo Twitter del Ministero della Cultura
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Sabato a Roma si è tenuta una cerimonia per celebrare il rientro in Italia di un gruppo scultoreo chiamato “Orfeo e le sirene”, che era stato illegalmente esportato negli Stati Uniti negli anni Settanta, dopo essere stato ritrovato in uno scavo clandestino nella zona di Taranto. L’opera viene fatta risalire all’inizio del quarto secolo a.C., nel periodo di dominazione greca sull’area in cui è stata ritrovata, è composta da tre statue di terracotta a grandezza quasi naturale ed è considerata di grande valore. Dopo essere stata trafugata fu acquistata dal Getty Museum di Malibù, in California, per 550mila dollari: oggi è valutata 8 milioni di dollari.

È stato possibile riportarla in Italia grazie al lavoro investigativo del comando dei Carabinieri per la tutela del patrimonio culturale, che ne ha dimostrato l’origine e ricostruito gli spostamenti. Sarà esposta fino al 15 ottobre a Roma nel nuovo Museo dell’Arte Salvata, inaugurato lo scorso giugno all’interno del Museo Nazionale Romano per raccogliere opere recuperate in seguito a furti, vendite ed esportazioni illegali, oppure che erano disperse per qualche ragione. Poi sarà spostata al Museo archeologico di Taranto, dove resterà in modo permanente.

Al Getty Museum le tre statue che compongono Orfeo e le sirene erano esposte in fila, una di fianco all’altra. Nell’attuale esposizione romana invece la disposizione è stata cambiata per rappresentarne meglio il significato, come ha spiegato il direttore del Museo Nazionale Romano, Stéphane Verger: Orfeo – il suonatore di lira della mitologia greca che incantava con la sua musica “persino gli animali” – è stato messo di fronte alle due sirene.

Dal profilo Twitter del Ministero della Cultura

La scena rappresentata dovrebbe infatti riferirsi a un episodio del mito degli argonauti, il gruppo di eroi greci guidati da Giasone che partì per un viaggio in mare alla ricerca del “vello d’oro”, un oggetto capace di curare ogni ferita, tra molte avventure e peripezie. Una di queste è l’incontro con le sirene, che attiravano i navigatori con il loro canto e li inducevano a dimenticarsi dei propri compiti, portandoli al naufragio e alla morte. Gli argonauti riuscirono a scampare il pericolo grazie al fatto che Orfeo, membro dell’equipaggio, si mise a suonare la sua lira, distraendo i compagni e portando addirittura le sirene a fermare il loro canto per ascoltarlo.

«Orfeo e le sirene racconta uno scontro musicale che è anche uno scontro filosofico e politico», ha detto Verger, «uno scontro tra la città greca e il caos del mondo, tra due musiche e due divinità». Secondo Verger la nuova disposizione dell’opera sarà più calzante con questa lettura.

La statua dell’opera che rappresenta Orfeo (dal profilo Twitter del ministero della Cultura)

Rispetto a molte altre opere d’arte trafugate ed esportate illegalmente, nel caso di Orfeo e le sirene l’accordo per la restituzione è stato più lineare perché si è riusciti a dimostrarne la provenienza e l’esportazione illecita. I musei del mondo infatti sono pieni di opere provenienti da altre zone, spesso anche molto lontane sia geograficamente che culturalmente, ma stabilire di chi sia la legittima proprietà non è affatto semplice, per diverse ragioni.

A volte è difficile ricostruire la loro collocazione originaria con estrema certezza, altre volte non è possibile dimostrare che sono state acquistate illegalmente, altre ancora furono acquistate legalmente e con regolari diritti di esportazione, ma magari a un prezzo molto inferiore rispetto al loro valore odierno. Le situazioni possono essere molto diverse da caso a caso, i criteri di attribuzione possono variare molto e stabilire regole solo su base geografica non è necessariamente la scelta migliore.

È una questione di cui si discute molto, nel campo della storia dell’arte, e ci sono grosse dispute che vanno avanti da anni: quella sui marmi del Partenone, per esempio, esposti al British Museum di Londra ma reclamati più volte dal governo greco, dal momento che originariamente si trovavano nel tempio principale dell’Acropoli di Atene.

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Su Orfeo e le sirene la questione della proprietà non riguardava direttamente una maggiore legittimità d’esposizione a Taranto per ragioni geografiche e storiche: la restituzione ha a che fare con il traffico illegale dell’opera ricostruito dai carabinieri (prima di arrivare al Getty Museum di Malibù era passata da una galleria d’arte in Svizzera, a cui era stata venduta da persone affiliate alla criminalità organizzata).

Negli ultimi anni è molto aumentato l’impegno per ricostruire situazioni illecite di questo genere da parte delle forze dell’ordine, e oggi i beni culturali rubati o acquisiti illegalmente finiscono spesso in collezioni private, nascosti al pubblico, proprio per evitare che se ne scopra la provenienza.

Il comando dei Carabinieri per la tutela del patrimonio culturale esiste da 53 anni e ha recuperato migliaia di artefatti, sia da musei che da collezioni private, spesso comprati in tempi in cui i controlli sulla provenienza erano assai meno stringenti. Quello di Orfeo e delle sirene però è uno dei recuperi più importanti di sempre, per stessa ammissione di Roberto Riccardi, Comandante del gruppo.

Riccardi ha anche detto di star lavorando al recupero dell’Atleta di Fano, una statua di bronzo greca conservata sempre al Getty Museum di Malibù, ma ritrovata nel 1964 in Italia nelle acque al largo di Fano, nelle Marche. È una delle rarissime statue di bronzo greche arrivate fino ai nostri giorni, le più importanti delle quali sono probabilmente i due Bronzi di Riace conservati al Museo archeologico nazionale di Reggio Calabria.

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