Quando i gelati erano pericolosi

All'inizio della loro diffusione la scarsa igiene e forse l'uso di determinati ingredienti fece stare male molte persone, talvolta uccidendole

Una foto degli anni Venti del Novecento (Hulton Archive/Getty Images)
Una foto degli anni Venti del Novecento (Hulton Archive/Getty Images)
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Nella seconda metà dell’Ottocento, quando ancora i coni gelato dovevano essere inventati, negli Stati Uniti e in alcuni altri paesi tra quelli allora più industrializzati si diffuse la vendita di gelati, attraverso appositi carretti o mezzi di altri tipo che si spostavano dove ce n’era bisogno, per esempio nelle fiere. I gelati, che grazie a una serie di innovazioni tecniche proprio in quel periodo iniziarono a diventare più popolari e più simili a quelli attuali, piacevano molto già allora. Mangiarli, però, era spesso un azzardo visto che, come ha raccontato JSTOR Daily riprendendo un articolo accademico di qualche anno fa, mangiando gelati o ghiaccioli spesso capitava di stare male, e talvolta di gelati e di ghiaccioli si poteva addirittura morire.

I gelati, almeno in certe loro versioni preliminari, esistevano da ben prima dell’Ottocento. Già in antichità capitò infatti, in varie culture, di consumare ghiaccio o neve in qualche modo insaporiti, o anche di congelare frutta o latte. La storia del gelato – nella quale si rivelò determinante la scoperta che il latte ghiaccia a una temperatura inferiore a quella dell’acqua – passò poi, tra gli altri, da Marco Polo e Caterina de’ Medici e sebbene sia questione in parte ancora dibattuta, senz’altro l’Italia ebbe un importante ruolo nelle evoluzioni di quello che ora chiamiamo gelato.

Già nell’Ottocento, comunque, c’era una notevolissima varietà di gusti. Come spiegò JSTOR Daily in un articolo in cui citava il testo accademico “Asparagus Ice Cream, Anyone?” (“Qualcuno vuole un gelato agli asparagi?”), già allora si facevano «molte strane cose con i gelati e ghiaccioli». Soprattutto in Europa, infatti, e in genere a pranzi e cene di famiglie ricche, li si serviva spesso tra una pietanza e l’altra, talvolta modellandoli affinché avessero forme che ricordassero altri e più tradizionali alimenti.

Nella seconda metà dell’Ottocento, i gelati si diffusero poi anche in contesti più proletari, in particolare negli Stati Uniti, grazie a una serie di fattori: la maggiore diffusione del ghiaccio, l’aumento di produzione di zucchero e l’invenzione di tecniche e mezzi per portarsi appresso piccoli congelatori. Come ha scritto lo storico Edward Geist in “When Ice Cream Was Poisonous” – (“Quando il gelato era velenoso”), un articolo accademico di 28 pagine pubblicato nel 2012 sul Bulletin of the History of Medicine – «i gelati fatti con crema pasticciera, preferiti dai ricchi, erano troppo costosi per tutti gli altri, ma i ghiaccioli o i gelati fatti senza uova erano invece disponibili per molti».

Geist scrisse che nella seconda metà dell’Ottocento erano piuttosto frequenti le notizie riguardanti persone che stavano molto male dopo aver mangiato il gelato, con dolori intestinali, vomito e diarrea: tanto che alcune persone, «in genere bambini», ci morirono.

I motivi, a ripensarci oggi, sono piuttosto semplici. Non essendoci ancora coni, i gelati erano anzitutto distribuiti in contenitori di vetro che venivano riusati senza essere lavati e in certi casi i nuovi gelati erano fatti ricongelando quelli sciolti, «qualcosa che ora sappiamo bene essere un contesto perfetto per la proliferazione dei batteri».

In altri casi citati da Geist la colpa fu invece probabilmente di determinati aromi e coloranti usati per i gelati e i ghiaccioli, spesso contenenti arsenico. I problemi, tuttavia, continuarono anche dopo che certi coloranti furono sostituiti, e ancora negli anni Settanta dell’Ottocento ci fu chi scrisse, con riferimento a eventi in cui i gelati offerti erano molti: «ogni legge della digestione è infranta durante questi cosiddetti festival dei gelati». Peraltro, i casi di intossicazione o avvelenamento da gelati furono probabilmente molto più di quelli raccontati, visto che come fa notare Geist spesso se ne parlava solo quando i problemi riguardavano molte persone nello stesso posto, talvolta con tentativi di dare la colpa a determinati gusti tra tutti quelli disponibili.

Fu solo tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento che, scrive JSTOR Daily, si iniziò a diffondere un certo grado di consapevolezza su certe precauzioni sanitarie che, una volta applicate, contribuirono a far migliorare la situazione grazie a leggi, regolamenti e pratiche condivise che resero i gelati parecchio meno pericolosi.

Una foto del 1912 (Topical Press Agency/Getty Images)

– Leggi anche: Chi ha inventato il cono gelato?

Tag: gelati