I duri del cinema stanno diventando meno duri

Lo si è notato, tra gli altri, nei personaggi interpretati da Ryan Gosling e Chris Hemsworth in “The Gray Man” e “Thor: Love and Thunder”

(Thor: Love and Thunder)
(Thor: Love and Thunder)
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The Gray Man e Thor: Love and Thunder sono stati due tra i film più visti di luglio: il primo, dal 13 luglio su Netflix, è da settimane il film più visto della piattaforma; il secondo, nei cinema italiani dal 6 luglio, ha incassato nel mondo oltre 600 milioni di dollari.

Sono due film parecchio diversi – The Gray Man punta ad aprire una saga alla James Bond e Love and Thunder è il quarto film su Thor e il 29esimo dell’Universo Cinematografico Marvel – ma c’è chi li ha accomunati per certe somiglianze con cui, non solo in questi film, i due rispettivi protagonisti Ryan Gosling e Chris Hemsworth stanno cambiando la percezione della mascolinità nel cinema d’azione e di fantascienza.

In entrambi i film sia Gosling che Hemsworth (il primo 41enne e il secondo 38enne) mostrano in più di un’occasione gentilezze, fragilità e anche semplicemente dubbi che, come ha scritto sul Guardian il critico cinematografico Ryan Gilbey «offrono spunti stimolanti su cosa significhi essere [nel cinema] dei veri duri». Chiamando in causa anche lo 007 di Daniel Craig in No Time To Die e il personaggio interpretato da Benedict Cumberbatch nel film candidato all’Oscar Il potere del cane, Gilbey ha scritto:

«Bond se n’è andato. Il western è ormai completamente queer. Thor si divide il lavoro con una donna e uno dei film di azione più importanti dell’anno non solo sta a una consonante di distanza dal chiamarsi The Gay Man, ma il suo protagonista ha avuto un ruolo non secondario nella splendida svolta della mascolinità cinematografica».

In Love and Thunder, il personaggio di Hemsworth (il “Dio del Tuono” armato di un potentissimo martello) accetta il fatto che la sua ex fidanzata interpretata da Natalie Portman riesca ad acquisire poteri molto simili ai suoi, compresa la capacità, preclusa a praticamente chiunque altro, di maneggiare Mjolnir, il martello.

In The Gray Man, Six – il mercenario della CIA interpretato da Gosling – è spiritoso e (nonostante il suo lavoro) attento alle emozioni in un modo in cui difficilmente lo sarebbero potuti essere i protagonisti di un film d’azione di qualche anno fa. «Combattere», ha scritto Gilbey, «non è più sufficiente per questo eroe moderno: deve anche essere percepito come femminista ed essere pronto a lavorare con donne sicure di sé senza per questo sentirsi meno uomo».

Sempre secondo Gilbey, le qualità dei protagonisti sono messe ancora più in evidenza dai difetti degli antagonisti con cui devono vedersela. Chris Evans, l’antagonista di Six, ordina per esempio a una donna di stare zitta e stare nell’angolo da cui era venuta e che può essere considerato «la personificazione della mascolinità tossica e arcaica». In Love and Thunderinvece, oltre a Russell Crowe che interpreta uno Zeus «propenso a fare commenti inappropriati e scarsamente interessato da tutto ciò che non è la prossima orgia» c’è Gorr, l’antagonista interpretato da Christian Bale che «integra microaggressioni alle sue macro cose da cattivo di un film».

A proposito di Gosling, c’è inoltre il fatto che, come tra l’altro ricorda una battuta meta-cinematografica all’interno di The Gray Man, nel 2023 interpreterà Ken in un film su Barbie diretto da Greta Gerwig, i cui film sono spesso incentrati su personaggi femminili drammatici e poco canonici, molto lontani dall’immaginario di Barbie.

Per molti versi, alternare un ruolo probabilmente parodico come quello di Ken a uno d’azione come quello in The Gray Man sarebbe stato parecchio più complicato per i protagonisti del cinema d’azione degli anni Novanta, e forse anche dei primi Duemila.

L’analisi di Gilbey – secondo il quale anche attori d’azione più tradizionali come Dwayne Johnson e Jason Statham devono ormai avere «una piacevole leggerezza» – si unisce ad altre che, negli ultimi tempi, hanno visto un segno del cambiamento dei tempi nel fatto che in certi film e in certe serie si vedano sempre più peni e, allo stesso tempo, sempre meno scene di sesso.

E al fatto che perfino James Bond – che nel 1995, in GoldenEye, veniva definito da M, il suo capo interpretato da Judi Dench, «un dinosauro misogino e sessista, una reliquia della Guerra Fredda» – è dovuto cambiare, adattando alle nuove sensibilità di questi anni un personaggio creato nel 1953.

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