Il tribunale di Caltanissetta ha dichiarato prescritte le accuse per due dei tre poliziotti imputati nel processo sul depistaggio sulla strage di via d’Amelio: il terzo è stato assolto

Una foto del giudice Paolo Borsellino durante la commemorazione per i 25 anni dalla strage di via d'Amelio a Palermo, il 19 luglio 2017 (ANSA/ Franco Iannino)
Una foto del giudice Paolo Borsellino durante la commemorazione per i 25 anni dalla strage di via d'Amelio a Palermo, il 19 luglio 2017 (ANSA/ Franco Iannino)

Il tribunale di Caltanissetta ha dichiarato prescritte le accuse nei confronti dei poliziotti Mario Bo e Fabrizio Mattei, accusati di aver depistato le indagini sulla strage di via d’Amelio a Palermo, in cui il 19 luglio del 1992 fu ucciso il magistrato Paolo Borsellino. Il terzo imputato, Michele Ribaudo, è stato assolto.

Bo, Mattei e Ribaudo, membri della squadra mobile della polizia di Palermo guidata da Arnaldo La Barbera, erano stati accusati di calunnia con l’aggravante dell’agevolazione mafiosa: secondo la procura di Caltanissetta, avevano indotto e forzato le false confessioni di Vincenzo Scarantino, l’uomo che nel 1992 mentì sulla sua partecipazione all’organizzazione della strage, mettendo in atto un depistaggio che portò alla condanna di imputati innocenti e coprì le responsabilità dei clan mafioso di Cosa nostra sulla strage.

Il tribunale di Caltanissetta ha ritenuto di far cadere l’aggravante mafiosa, portando alla prescrizione dei reati contestati a Bo e Mattei. Ribaudo è invece stato assolto «perché il fatto non costituisce reato».

Lo scorso ottobre la Corte di Cassazione aveva confermato le condanne del processo cosiddetto “Borsellino quater” sulla strage e sui successivi depistaggi, condannando definitivamente all’ergastolo i mafiosi Salvatore Madonia, tra i mandanti della strage, e Vittorio Tutino, tra gli esecutori. Fu confermata anche la condanna a dieci anni di reclusione di Calogero Pulci, per calunnia, mentre le condanne di Francesco Andriotta (sempre per calunnia) furono in parte confermate, in parte prescritte, in parte annullate.

Pulci e Andriotta erano due “falsi pentiti” che insieme a Scarantino avevano accusato dell’attentato persone che non c’entravano nulla per favorire Cosa nostra. Nel complesso Andriotta ottenne un piccolo sconto di pena, da 10 anni di reclusione a 9 anni e 6 mesi.

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