Al carcere di Torino è stata chiusa un’altra sezione criticata

Era quella in cui venivano controllati i detenuti sospettati di aver ingerito ovuli di sostanze stupefacenti, definita «inguardabile» dalla ministra Cartabia

La casa circondariale Lorusso e Cutugno di Torino
(ANSA/TINO ROMANO)
La casa circondariale Lorusso e Cutugno di Torino (ANSA/TINO ROMANO)
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È stata chiusa la cosiddetta sezione “filtro” della casa circondariale Lorusso e Cutugno di Torino, destinata alle persone sospettate di aver ingerito ovuli contenenti stupefacenti e che da anni era sia criticata per le condizioni in cui dovevano vivere i detenuti, sia oggetto di proteste da parte degli agenti della polizia penitenziaria. La ministra della Giustizia Marta Cartabia, che aveva effettuato un sopralluogo nel carcere di Torino pochi mesi fa, aveva descritto così la sezione: «Inguardabile per la disumanità, tanto per le condizioni in cui deve operare la polizia penitenziaria quanto per quelle in cui si trovano i detenuti».

La chiusura della sezione segue quella dello scorso novembre del Sestante, reparto del carcere torinese in cui erano detenute le persone in osservazione psichiatrica e in cui erano stati segnalati abusi. A determinare invece la chiusura della sezione “filtro” è stata ufficialmente la rottura di un macchinario, quello per le operazioni di raccolta delle feci e per l’individuazione e il recupero degli eventuali ovuli, involucri sferici in lattice o plastica inghiottiti per nascondere piccoli quantitativi di droga, e poi recuperati, per l’appunto, espellendoli con la defecazione. La decisione è stata presa da Rita Russo, capo del Prap, il Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria del Piemonte.

Già da alcuni anni era stata chiesta la chiusura della sezione. Nel 2017 Monica Gallo, garante dei detenuti a Torino, aveva descritto così la situazione in una relazione: «Un ambiente gelido, sporco e maleodorante, le persone sedute a terra con una coperta addosso, costrette a dormire senza brande e senza materassi e a passare le giornate in cinque o sei assieme in una stanza di otto metri quadrati, guardando attraverso le sbarre la televisione sulla scrivania degli agenti». 

Il Lorusso e Cutugno era l’unico carcere in Italia dotato di una sezione apposita per i detenuti sospettati di aver ingerito ovuli di stupefacenti. Le celle della sezione erano totalmente spoglie per impedire ai detenuti di nascondere gli ovuli, e in una prima fase mancavano anche i letti che erano stati poi aggiunti in un secondo momento. Nelle celle della sezione filtro non c’erano servizi igienici e docce: tutti dovevano usare un particolare wc in cui venivano raccolti gli eventuali involucri, il cui contenuto veniva poi sottoposto a un test chimico. A occuparsi della raccolta degli ovuli doveva essere esclusivamente personale sanitario con apposite protezioni, ma poi con il tempo la mansione era passata totalmente alla gestione degli agenti della polizia penitenziaria che per questo avevano più volte protestato. 

La decisione di inaugurare a livello sperimentale la sezione filtro, nel 2009, era stata accolta come un miglioramento della sicurezza in carcere. C’erano state infatti alcune morti per overdose di detenuti che, una volta usciti per permessi o per altre ragioni, erano tornati in carcere dopo aver inghiottito gli ovuli di droga, che però si erano rotti nello stomaco provocando gravi complicanze. Erano stati registrati anche casi di persone che si erano fatte arrestare apposta per poter introdurre in carcere la droga da vendere. La sezione era stata dotata del macchinario apposito che era stato presentato alla stampa: un video fu anche pubblicato dal sito del quotidiano Repubblica.

Rita Russo, capo del Provveditorato, ha detto parlando con Repubblica: «Se da una parte è legittimo recuperare un corpo del reato, questo non può avvenire in quelle condizioni. Abbiamo già avviato un dialogo costruttivo con la procura per superare questa situazione». Ora, come accade nelle altre parti d’Italia, i detenuti sospettati di aver ingerito ovuli saranno portati in ospedale: al CTO di Torino ci sono locali appositi che sono stati però finora utilizzati pochissimo.

A novembre è stato chiuso il Sestante, reparto di Articolazione per la tutela della salute mentale: un reparto cioè dove venivano inviati i detenuti in osservazione psichiatrica. La chiusura era stata decisa anche in quel caso dopo molte denunce in cui erano state segnalate le condizioni di degrado del reparto. In particolare l’associazione Antigone aveva denunciato prima del novembre 2021 la situazione di un detenuto rinchiuso per mesi al Sestante, dove invece la permanenza avrebbe dovuto essere al massimo di 30 giorni. Il detenuto era rinchiuso in una cella cosiddetta “liscia”, cioè priva di arredi, e lasciato per giorni senza acqua tanto da essere costretto a bere dal water. Sulle condizioni in cui erano costretti a vivere i detenuti del Sestante la Procura di Torino ha aperto un’indagine.

Anche il reparto di osservazione psichiatrica, così come la sezione “filtro”, era un progetto sperimentale. Le Articolazioni per la tutela della salute mentale, all’interno delle carceri, sono luoghi istituiti per accertare l’esistenza o meno di patologie psichiatriche: servono in pratica ad assicurarsi che il detenuto non stia simulando. Il Sestante, ma reparti simili sono in tutta Italia, era invece diventato uno spazio dove veniva “gestita” la fase acuta della patologia, in cui è più alta la possibilità di autolesionismo o aggressività. Passata la fase acuta, i detenuti venivano rimandati da dove venivano senza che, nella maggior parte dei casi, venissero avviati veri percorsi di cura.