La Grecia antica va di moda nella moda

Pepli e vasi di ceramica ispirano gli stilisti da sempre, ma negli ultimi anni c'è un rinnovato interesse per quel tipo di estetica

Modelle durante la sfilata di Chanel "Cruise 2017-2018", il 3 maggio 2017 a Parigi (Pascal Le Segretain/ Getty Images)
Modelle durante la sfilata di Chanel "Cruise 2017-2018", il 3 maggio 2017 a Parigi (Pascal Le Segretain/ Getty Images)
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Negli ultimi due secoli l’arte della Grecia antica, cioè quella che a grandi linee si è sviluppata fra il 1.500 a.C. fino alla caduta dell’Impero romano d’Occidente, ha ispirato moltissimo stiliste e stilisti occidentali, che hanno ripreso in maniera discreta il taglio o i colori degli abiti raffigurati nei dipinti, sui vasi e scolpiti sulle statue, e a volte l’hanno citata in maniera molto più esplicita, per esempio con sandali alla schiava (quelli con i lacci che proseguono oltre la caviglia), coroncine, gioielli e motivi che richiamano la sua arte e la sua mitologia.

L’ispirazione è cambiata nel tempo: dal classicismo idealizzato del mondo greco-romano, quando la società occidentale voleva ricollegarsi ai grandi imperi del passato, alla misteriosa civiltà minoica, riscoperta con gli scavi archeologici di Cnosso a Creta nel primo Novecento. Oggi in particolare, scrive BBC, c’è una fascinazione per la Grecia ellenistica, un periodo che per tradizione inizia dalla morte di Alessandro Magno, avvenuta nel 323 a.C., fino all’imporsi dell’Impero Romano, caratterizzato dall’espansione di un’estetica che si può definire “greca” in varie zone del Mediterraneo.

Versace è probabilmente l’azienda più famosa a rifarsi esplicitamente a questo immaginario: nel 1988 il fondatore Gianni Versace scelse tra i suoi simboli la chiave greca, un motivo decorativo ricorrente su fregi architettonici e ceramiche, e poi nel 1993 la testa di Medusa, che ne ricordava una ritrovata quando era bambino a Reggio Calabria, la città in cui era nato e che è stata fondata dai Greci nell’ottavo secolo a.C. Ancora oggi quell’influenza è molto forte: nella sfilata della collezione uomo per la primavera-estate 2023, presentata lo scorso 18 giugno, Versace ha fatto sfilare alcuni modelli con vasi di ispirazione greca sottobraccio, in una sala decorata con fiori e busti di statue dorate (inesistenti, queste ultime, nella Grecia antica).

Un modello durante la sfilata primavera-estate 2023 di Versace a Milano, 18 giugno (Vittorio Zunino Celotto/ Getty Images)

Un altro esempio recente è la sfilata organizzata nel giugno 2021 dall’azienda francese Dior nello stadio Panathinaiko di Atene, quello in cui nel 1896 si sono svolte le prime Olimpiadi dell’età moderna. La direttrice creativa, Maria Grazia Chiuri, spiegò che per lei la civiltà greca era sempre stata una grande fonte di ispirazione, «dalla mitologia all’Odissea, dall’architettura e dalla filosofia ai suoi inestimabili manufatti». Nel 1951 sempre Dior aveva presentato la sua collezione con un servizio fotografico scattato sull’Acropoli di Atene, con le modelle in posa davanti alle sue cariatidi. Anni dopo, nel 2017, il direttore creativo di Gucci, Alessandro Michele, avrebbe voluto organizzare una sfilata sull’Acropoli ma il Consiglio centrale archeologico greco negò l’autorizzazione ritenendola «inopportuna».


L’interesse per la Grecia riaffiorò anche l’anno successivo, quando lo stilista Karl Lagerfeld, allora direttore creativo dell’azienda francese Chanel, realizzò una collezione ispirata ai manufatti greci che aveva visto in alcuni musei: abiti ampi in tessuti leggeri con motivi simili a quelli dei vasi di ceramica decorati, accompagnati da coroncine e sandali. Sono motivi che si osservano molto spesso nei vasi dipinti nella Grecia continentale nella cosiddetta età classica, cioè a grandi linee tra il quinto e quarto secolo a.C., e poi copiati e ricopiati nei secoli successivi fino a imporsi in maniera un po’ stereotipata come portatori dell’estetica “greca”.

Un vaso di ceramica dal cosiddetto Pittore dei Niobidi realizzato ad Atene nel quinto secolo a.C. (University of Oxford, Classical Art Research Centre)

Nel settembre del 2021 le ricerche a tema Grecia antica fatte su Pinterest – la piattaforma che permette di condividere, ricercare e catalogare le immagini in bacheche personalizzate – erano aumentate del 65 per cento rispetto all’ottobre del 2019; nello stesso periodo, quelle sui gioielli in stile greco erano cresciute del 120 per cento e quelle sulle statue greche erano triplicate.

Una delle ipotesi di questo «rinascimento ellenistico», come lo chiama BBC, è che il suo gusto opulento sia una reazione agli ultimi due anni di pandemia, in cui le persone, rimaste chiuse in casa per contenere il contagio da coronavirus, si sono vestite in modo piatto e noioso. È comunque plausibile che la Grecia antica continui a ispirare l’arte e la moda contemporanee per il suo gran numero di pensatori, scrittori e artisti, che influenzarono le proprie società e quelle a venire nelle più disparate discipline: storia, filosofia, politica, medicina, sport, architettura, teatro e letteratura.

Tornando strettamente alla moda, l’influenza diventa preminente in epoca napoleonica (1796-1815), quando tra le donne si diffuse l’abito in stile Impero: stretto sotto il seno e dritto lungo i fianchi, essenziale e senza troppi fronzoli, spesso di bianco o di colori chiari. Il taglio si rifaceva più direttamente agli abiti indossati nella Grecia antica sia dagli uomini sia dalle donne, come ha spiegato a Greek Reporter Amanda Hallay, esperta di storia della moda. L’abito più comune era il chitone, una tunica di stoffa leggera con cui si avvolgeva il corpo, «un po’ come si farebbe oggi con un asciugamano da spiaggia», che veniva stretta in vita e assicurata su ciascuna spalla con spille o fibbie; gli uomini ne portavano uno corto, che arrivava alle ginocchia, e le donne uno più lungo oppure un peplo, cioè un pezzo di tessuto ripiegato nella parte superiore per creare un ulteriore drappeggio. A volte ci si copriva le spalle o la testa con una specie di mantello più pesante, detto himation.

Tra chi contribuì a diffondere questo stile in Europa, oltre all’imperatrice Giuseppina Bonaparte, ci fu Emily Lyon, più conosciuta come Lady Hamilton, prima amante e poi moglie di William Hamilton, l’ambasciatore inglese a Napoli, e poi amante del celebre ammiraglio Horatio Nelson. Era nata nel 1765 in una famiglia povera e venne cresciuta dalla madre dopo la morte del padre; si fece strada grazie alla sua spregiudicatezza, bellezza e intelligenza che la fecero ammirare alla corte napoletana senza che si desse troppo peso alle sue origini. Era famosa soprattutto per le cosiddette “attitudes”, esibizioni a metà tra danza, teatro e pantomima in cui interpretava scene e situazioni legate ai miti dell’età classica, vestendo abiti che nell’immaginario richiamavano quelli della Grecia antica.

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Quasi un secolo più tardi, nel 1878, la scoperta dell’antica città di Cnosso offrì nuove fonti di ispirazione ad artisti e stilisti del Novecento. Gli scavi, condotti dal 1900 dall’archeologo britannico Arthur Evans, permisero di identificare e conoscere meglio la cosiddetta civiltà minoica, che si sviluppò tra il 2700 e il 1450 a.C. e che è stata chiamata così dagli studiosi per via del mitico re cretese Minosse.

Nicoletta Momigliano, professoressa di Studi Egei all’università di Bristol, ha raccontato a BBC che quella minoica è una civiltà relativamente poco conosciuta. Sia perché era stabilita in un’area molto circoscritta sia perché la sua lingua non è ancora stata decifrata: la conosciamo soltanto per via di alcune tavolette scritte in un misterioso alfabeto, il cosiddetto “lineare A”, e siamo certi soltanto del fatto che non fosse una lingua indoeuropea. Alcuni ritrovamenti scoperti a Creta hanno fatto ipotizzare in passato che fossero una società matriarcale, come molte altre popolazioni europee prima dell’arrivo delle persone che parlavano lingue indoeuropee. Ma a oggi questa tesi è molto discussa dalla comunità accademica.

Un ritratto di Lady Hamilton del 1790 circa dipinto da Marie Louise Élisabeth Vigée-Lebrun

Pochi anni fa lo stilista spagnolo Mariano Fortuny diventò famoso per il suo lungo scialle di seta chiamato appunto Knossos e ispirato ai motivi dei vasi e dell’arte decorativa minoica. In tempi più recenti hanno preso spunto dall’arte minoica – più stilizzata e minimalista rispetto a quella della Grecia classica – anche gli stilisti greci Yannis Tseklenis, Mary Katrantzou e Sophia Kokosalaki, che nacque ad Atene da genitori cretesi e morì nel 2019 a 47 anni dopo aver disegnato i costumi per la cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici di Atene 2004.

La sfilata della collezione primavera-estate 2017 della stilista Mary Katrantzou a Londra, 18 settembre 2016 (Eamonn M. McCormack/ Getty Images)

In un’intervista a British Vogue, Kokosalaki aveva raccontato che la figura di una dea-serpente ritrovata negli scavi di Cnosso era la sua preferita fin da bambina: «aveva il seno nudo e la vita stretta, e rappresentava il potere, la bellezza e anche un elemento di oscurità».

La statua della dea-serpente di Cnosso, risalente circa al 1.600 a.C. (Wikimedia)

Kokosalaki combinò spesso elementi tipici della Grecia antica, come drappeggi e plissettature, a corpetti e inserti di materiali più moderni, come la pelle. Ora l’azienda è portata avanti da Antony Baker, suo vedovo ed ex socio. Anche la nuova collezione è apertamente ispirata alla Grecia antica e in particolare al mito dell’eroe omerico Ulisse, con dettagli che ricordano ancore, corde e catene navali nel disegno di orecchini, braccialetti e collane.

Una sfilata della stilista Sophia Kokosalaki nel 2003 a Londra (Bruno Vincent/ Getty Images)

Esiste anche un’iniziativa più trasversale dedicata alla civiltà minoica: è il marchio Branding Heritage fondato dalla giornalista cretese Katerina Frentzou, che riunisce stilisti, artisti, artigiani e tessitori greci o stranieri che richiamano i suoi simboli e miti. Nella prima collezione del marchio ci sono per esempio un abito ricamato che ricorda la dea-serpente, uno tratto da un murale conservato al museo archeologico Heraklion di Creta e illustrazioni con il Minotauro, il leggendario essere col corpo di uomo e la testa di toro, figlio di Minosse.

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