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  • Martedì 14 giugno 2022

L’Argentina è ancora ossessionata dalle Falkland/Malvinas

Quarant'anni dopo la fine della guerra con il Regno Unito le rivendicazioni di sovranità sulle isole sono dappertutto

Una manifestazione a Buenos Aires nel 2012: sul cartello, oltre al dito medio, c'è scritto: "Torneremo" (AP Photo/Natacha Pisarenko)
Una manifestazione a Buenos Aires nel 2012: sul cartello, oltre al dito medio, c'è scritto: "Torneremo" (AP Photo/Natacha Pisarenko)
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Il 14 giugno del 1982 finì la guerra della Falkland, durata oltre due mesi tra l’Argentina e il Regno Unito per il controllo dell’arcipelago noto in Argentina come Malvinas (per questo spesso si parla delle Falkland/Malvinas). La guerra, che si concluse con la resa dell’Argentina, fu una delle più importanti della seconda metà del Ventesimo secolo ed ebbe effetti duraturi su entrambi gli stati che vi parteciparono: nel Regno Unito rafforzò il potere della prima ministra Margaret Thatcher, mentre in Argentina favorì la caduta del regime militare e la successiva democratizzazione del paese.

Ma in Argentina, il paese uscito sconfitto dalla guerra, la questione delle Falkland/Malvinas non si è mai davvero conclusa: il sentimento nazionalista – sia sulla guerra sia sulle rivendicazioni di sovranità sulle isole – è rimasto fortissimo, è presente in numerosi aspetti della vita quotidiana, dalle banconote alla costituzione, nei film e nelle serie tv: e probabilmente è una delle poche cose che uniscono gli argentini, «come la nazionale di calcio».

Il territorio delle isole Falkland/Malvinas è composto da tre arcipelaghi – le isole omonime, la Georgia del Sud e le isole Sandwich meridionali – sotto controllo britannico dal 1833. Oggi sono un territorio d’oltremare britannico, che si governa autonomamente ma si trova sotto la sovranità del Regno Unito, da cui dipende per la politica estera e la difesa.

L’Argentina rivendica la propria sovranità su tutte le isole dall’inizio dell’Ottocento, ma le sue richieste si fecero più pressanti dalla fine degli anni Settanta del Novecento, quando nel paese conquistò il potere una dittatura militare di destra.

Sulle isole vivono circa 3.500 persone, la maggior parte delle quali ha origini britanniche e un fortissimo attaccamento al Regno Unito: fin dagli anni Sessanta, il governo britannico esplorò varie possibilità di cedere le isole all’Argentina, vedendo nella colonia uno scarso valore e un ostacolo ai commerci con il Sudamerica, ma fu sempre bloccato proprio dagli abitanti dell’arcipelago. Molti decenni dopo la guerra, nel 2013, gli abitanti delle Falkland tennero un referendum in cui il 98,8 per cento dei partecipanti votò per rimanere britannico.

La guerra fu anticipata da una lunga serie di tensioni e provocazioni, soprattutto da parte del regime militare argentino, che cercava di esasperare la questione delle Falkland/Malvinas per distogliere l’attenzione dalla grave crisi economica in corso nel paese e dalle frequenti proteste contro la brutalità della dittatura. Il 19 marzo 1982, cinquanta militari in borghese argentini sbarcarono nella Georgia del Sud e issarono la bandiera argentina. I militari del Regno Unito provarono a fermarli ma furono bloccati a loro volta dalle navi da guerra argentine.

Dopo questa prima provocazione, convinti che il Regno Unito non avrebbe iniziato una guerra per isole sparsamente popolate poste a decine di migliaia di chilometri dai propri confini, i generali argentini decisero l’invasione delle Falkland: il 2 aprile l’esercito argentino sbarcò sulle isole e nel giro di poco tempo conquistò Stanley, la capitale, incontrando una resistenza limitata ma molto decisa.

La dittatura argentina non aveva considerato però che in quel periodo anche Margaret Thatcher, la prima ministra conservatrice del Regno Unito, stava cercando di rilanciare il nazionalismo britannico: nonostante un certo scetticismo anche da parte del suo governo, nei mesi precedenti alla guerra Thatcher aveva rafforzato la presenza della marina britannica nella regione, e dopo l’invasione inviò navi, aerei e sottomarini per scacciare le forze argentine che avevano occupato l’arcipelago.

La guerra durò 74 giorni, provocò 650 morti tra i militari argentini e 255 tra quelli britannici. L’Argentina si arrese il 14 giugno 1982.

I giornali britannici nel 1982. (Central Press/Hulton Archive/Getty Images)

I rapporti diplomatici tra Argentina e Regno Unito ripresero nel 1989, ma l’Argentina non smise mai di rivendicare le Falkland/Malvinas. Anche quando, nel 1994, l’Argentina ormai democratica riscrisse la costituzione del paese, il recupero delle Isole Falkland/Malvinas fu inserito nel testo come un «obiettivo permanente e irrinunciabile del popolo argentino».

In particolare, il nazionalismo argentino tornò a crescere fortemente sotto il peronista Néstor Kirchner, che fu presidente tra il 2003 e il 2007, e sotto sua moglie Cristina Fernández de Kirchner, che gli succedette alla sua morte e continuò a governare dal 2007 al 2015 (oggi Cristina Kirchner è vicepresidente dell’Argentina, e una delle politiche più influenti del paese).

I Kirchner rilanciarono le rivendicazioni sulle Falkland, facendo delle isole un simbolo nazionalista e una delle poche cose che uniscono la maggioranza degli argentini. Cristina Kirchner, in particolare, si è fatta fotografare più volte con cartelli con scritto «Las Malvinas son argentinas», le Malvinas sono argentine, una specie di slogan del movimento nazionalista.

Cristina Kirchner nel 2012 con un cartello che mostra le isole Falkland/Malvinas (AP Photo/Natacha Pisarenko)

I simboli delle rivendicazioni argentine sulle isole sono spesso molto visibili e sparsi in tutto il paese. Riguardano la toponomastica, per esempio: decine di strade e vie si chiamano “Malvinas Argentinas“; inoltre in alcuni centri abitati le amministrazioni comunali hanno installato cartelli che indicano la lontananza della città dalle isole.

Tutti gli anni il 2 aprile, giorno dell’inizio dell’invasione, in Argentina si tengono commemorazioni pubbliche, e i bambini a scuola devono cantare inni patriottici. Come ha raccontato AFP, l’immagine dei confini delle isole, spesso sullo sfondo di una bandiera argentina, è diventata un simbolo mostrato su magliette, tatuaggi, e soprattutto sulla banconota da 50 pesos, che raffigura esplicitamente le isole come «suolo» della «patria».

La banconota da 50 pesos

A Buenos Aires, la capitale argentina, nel 2014 Cristina Kirchner fece aprire un Museo delle Malvinas, che «esprime la memoria collettiva del popolo argentino sulle nostre isole Malvinas e sulle isole dell’Atlantico meridionale».

Dopo Kirchner il liberale Mauricio Macri, che governò il paese tra il 2015 e il 2019, cercò timidamente di ridurre l’attenzione sulla questione, ma il ritorno dei peronisti alla presidenza con Alberto Fernández (di cui Kirchner è vice) ha riportato le rivendicazioni al centro del dibattito politico. Ad aprile del 2022, commemorando l’inizio della guerra, Fernández disse che «abbiamo l’obiettivo irrinunciabile di recuperare il pieno esercizio della sovranità sulle nostre isole Malvinas».

(Ryan Noble/ZUMAPRESS)