Dovremo definire misure sempre più grandi e piccole

Superato “giga”, ci eravamo appena abituati a “tera” e già dobbiamo metterci d'accordo sui successivi

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Da qualche anno le aziende automobilistiche e del settore tecnologico utilizzano il termine “gigafactory” (letteralmente “gigafabbriche”) per definire i loro impianti di produzione, per dare l’idea di avere fabbriche di grandi dimensioni o nelle quali si producono enormi quantità di prodotti. Tesla, l’azienda di automobili elettriche di Elon Musk, è stata tra le prime a usare “gigafactory”, diventando fonte di ispirazione per altre società e per i mezzi di comunicazione, che talvolta utilizzano la parola per descrivere fabbriche che tutto sono tranne che enormi.

Come ha di recente osservato l’Economist, il prefisso “giga” viene impiegato per indicare “un miliardo”, ma nessuna delle aziende che lo utilizza per le proprie fabbriche produce in effetti così tanti prodotti in un anno. Nel 2021, Tesla ha prodotto 930mila automobili elettriche, un nuovo record per l’azienda di Musk, ma una quantità ancora contenuta se si pensa che altri produttori sono arrivati a costruire più di 8 milioni di veicoli nello stesso periodo (con motori tradizionali, ibridi o elettrici). Nel caso di tesla, “giga” può essere inteso come un riferimento ai miliardi di wattora prodotti con le sue batterie.

“Giga” deriva dal greco e significa “gigante”, termine che si potrebbe applicare ai grandi impianti di produzione come quelli di Tesla, anche se ci sono stabilimenti molto più grandi in giro per il mondo e per i quali le aziende usano definizioni meno altisonanti.

Al di là dell’impiego sempre più diffuso del prefisso “giga”, non solo in ambito industriale, è comunque vero che la ricerca in campo scientifico e tecnologico negli ultimi decenni ha raggiunto nuovi importanti risultati, indagando spesso l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo. Le scoperte scientifiche e i progressi tecnologici hanno via via portato a nuove esigenze nel definire ordini di grandezza ben superiori a quelli solitamente impiegati, e con i quali iniziamo ad avere dimestichezza a scuola.

Il riferimento più importante nella definizione di prefissi per gli ordini di grandezza e per le scale di misurazione è il Sistema internazionale di unità di misura (SI). È adottato praticamente in tutto il mondo, fatta eccezione per alcuni paesi compresi gli Stati Uniti, che continuano a utilizzare altri sistemi, pur mantenendo una certa coesistenza con il SI specialmente in ambito scientifico.

I prefissi a noi più familiari del SI sono, in ordine crescente:

• micro (milionesimo)
• milli (millesimo)
• centi (centesimo)
• deci (decimo)
• deca (dieci)
• etto (cento)
• chilo (mille)
• mega (milione)

ma ce ne sono molti altri che vengono impiegati sempre più spesso, complici le rapide evoluzioni nel settore informatico.

Una quarantina di anni fa, un buon computer aveva una memoria di 256 kilobyte, ma le cose cambiarono radicalmente quando furono introdotti i primi modelli con un megabyte di memoria, cioè un milione di byte. “Mega” deriva sempre dal greco e viene usato per indicare qualcosa di “grande”, il prefisso era quindi già abbastanza conosciuto prima di essere legato a un particolare ordine di grandezza, basti pensare a diverse parole nel nostro vocabolario come megalomane o megaschermo.

A dirla tutta, l’avvento dell’informatica e dei byte complicò un poco le cose, perché per i computer si utilizzano multipli binari e c’era il rischio che si creassero confusioni tra l’impiego dei prefissi standard del SI e quelli usati dagli informatici per indicare multipli binari e non decimali. Ne consegue che un 1 megabyte può indicare un milione di byte, 1.048.576 byte o ancora 1.024.000 byte, a seconda dei sistemi di memoria cui si fa riferimento o della grandezza dei file. Per risolvere le ambiguità, alla fine degli anni Novanta si decise che 1.048.576 byte fossero indicati come mebibyte, ma la nuova definizione non ha avuto grande successo.

Al di là delle incomprensioni, l’evoluzione dei sistemi informatici proseguì spedita rendendo rapidamente inadeguato “mega”: si fece di conseguenza ricorso a “giga”, che come abbiamo visto serve per indicare un miliardo. Per diverso tempo “giga” rimase il riferimento per l’acquisto di computer, DVD, dischi rigidi e memorie esterne USB o per le macchine fotografiche.

Ancora oggi il gigabyte è il riferimento per buona parte dell’elettronica di consumo, ma inizia a essere sempre più soppiantato dal terabyte, che come suggerisce la parola impiega il prefisso “tera”, derivato da “mostro” in greco. Il prefisso definisce mille miliardi, e sta diventando un termine familiare come lo era diventato “giga” qualche anno fa.

Le evoluzioni in informatica e in molti settori della ricerca, come la fisica delle particelle, hanno comunque reso necessario il ricorso ad altri prefissi, già previsti dal Comitato internazionale dei pesi e delle misure (CIPM), che si occupa di coordinare gli sforzi per mantenere standard condivisi legati alle unità di misura e ai metodi per indicarle.

Superato “tera” si resta comunque in compagnia delle parole greche con “peta” ed “exa”, che rispettivamente indicano il numero cinque e il numero sei. Il primo viene impiegato per indicare il milione di miliardi ed è quindi 10005, mentre il secondo per indicare il miliardo di miliardi ovvero 10006. Si stima che la popolazione di insetti sulla Terra sia pari a circa un miliardo di miliardi, per esempio, mentre i batteri noti che vivono nel nostro organismo sono circa un milione di miliardi.

Nella selezione dei prefissi, il CIPM fu costretto a qualche scelta obbligata quando si trattò di definire i due ordini di grandezza seguenti. Fu abbandonato il greco per il latino e furono presi in considerazione “septa” per 10007 e “octa” per 10008. Alcuni fecero notare che l’abbreviazione di “septa” con “s” avrebbe causato confusioni con il secondo, così come “o” per “opta” con il numero “0”. I due prefissi furono quindi lievemente storpiati e nacquero “zetta” per indicare mille miliardi di miliardi e “yotta” per un milione di miliardi di miliardi. Si stima che nella porzione di cielo visibile dalla Terra ci siano 70 zetta stelle e che nel nostro cervello ci siano uno yotta di connessioni tra sinapsi.

Scendendo sotto l’unità, anche l’indagine dell’infinitamente piccolo ha portato alla definizione di prefissi, naturalmente speculari a quelli che abbiamo visto finora. Dopo “micro” per il milionesimo ci sono “nano” che indica il miliardesimo e poi “pico” per il millesimo di miliardesimo. Seguono poi “femto”, “atto”, “zepto” e infine “yocto”.

“Yocto” viene spesso utilizzato per definire la massa di una particella subatomica, per esempio la massa propria del protone e di 1,6726 yg cioè yoctogrammi; la massa della molecola di insulina è pari a 10 zg cioè zeptogrammi. Il femtometro viene usato per misure atomiche e subatomiche e talvolta viene chiamato “fermi”, in onore del fisico italiano Enrico Fermi. Un femtometro è circa il raggio di un protone e di un neutrone.

I prefissi riconosciuti dal Sistema internazionale si fermano per ora a “yocto” e “yotta”, che può essere immaginato anche come un 1 seguito da 24 zeri (1024), ma non è escluso che in futuro ne vengano aggiunti di nuovi, anche perché alcuni sono già impiegati informalmente come parole per definire numeri interi estremamente grandi.

La parola più famosa in questo senso è probabilmente il “googol” che esprime un 1 seguito da cento zeri (10100). Il termine fu ideato alla fine degli anni Trenta dal matematico statunitense Edward Kasner, alla ricerca di un buon metodo per mostrare le differenze tra l’infinito e un numero comunque gigantesco. È spropositatamente grande per misurare grandezze nella realtà: si stima che anche comprendendo tutte le particelle dell’universo conosciuto non si arriverebbe a un miliardesimo di miliardesimo di un googol. In compenso, i cofondatori di Google – Larry Page e Sergey Brin – si ispirarono proprio al googol per scegliere il nome del loro motore di ricerca.

Tornando ai prefissi, c’è comunque chi ha già suggerito quale usare per 1027. È un gruppo di studenti universitari californiani, che ha proposto di impiegare il modo di dire “hella” piuttosto diffuso nella California del nord e derivato da “hell of”, usato per definire qualcosa di veramente notevole in senso positivo o negativo. Il sistema è stato già riconosciuto da alcune organizzazioni e aziende, la stessa Google lo utilizza, ma non rientra ancora negli standard.