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  • Lunedì 23 maggio 2022

Il Forum di Davos non è più lo stesso

Il grande incontro tra i ricchi e potenti del mondo riprende dopo due anni, ma la pandemia e la guerra hanno cambiato molte cose

(AP Photo/Markus Schreiber)
(AP Photo/Markus Schreiber)
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Domenica è cominciato a Davos, in Svizzera, l’incontro annuale del World Economic Forum, una fondazione senza fini di lucro con sede a Ginevra. L’incontro è molto celebre per l’alto prestigio delle persone che vi partecipano: riunisce tutti gli anni politici e imprenditori delle più importanti aziende del mondo, per parlare di economia e società. Quest’edizione del Forum sarà la prima condotta di persona dall’inizio della pandemia, e il fatto che si tenga a maggio è inusuale: era previsto che si tenesse a fine gennaio, come tutti gli anni, ma l’arrivo della variante omicron ha costretto gli organizzatori a rimandare.

La data non è l’unica cosa diversa di questa edizione del Forum di Davos, che torna a riunirsi in un mondo molto cambiato rispetto all’ultima edizione, nel gennaio del 2020: a causa della pandemia, e soprattutto a causa dell’invasione russa dell’Ucraina, che sta mettendo in discussione molti dei princìpi su cui il Forum si basa, come la globalizzazione e i liberi commerci. Per la prima volta dal crollo dell’Unione Sovietica, per esempio, a quest’edizione non parteciperà nemmeno un politico o un imprenditore russo.

A guardare il programma, il Forum di Davos non è molto diverso da com’era prima della pandemia. Benché l’evento inizi ufficialmente domenica, la giornata è dedicata soprattutto all’accoglienza degli ospiti, e il grosso delle attività parte da lunedì: conferenze, convegni e panel in cui si alternano personaggi più o meno famosi, dai capi di stato agli imprenditori miliardari a giornalisti ed esperti meno noti. Delle 2.500 persone invitate a parlare al Forum, 50 saranno capi di stato e di governo, e oltre 250 i ministri provenienti da tutto il mondo.

La prima differenza fondamentale sarà la completa assenza di russi e russe all’evento. Il presidente russo Vladimir Putin è stato un ospite frequente a Davos (l’ultima volta nel 2021, quando l’evento si tenne in streaming) e l’influenza dei miliardari e degli imprenditori russi è sempre stata piuttosto notevole al Forum, e non soltanto perché, come nota Bloomberg, le feste notturne degli oligarchi erano tra le più ricche, stravaganti e ambite.

Ancora l’anno scorso Klaus Schwab, fondatore e tuttora organizzatore del Forum, definiva «essenziale» la voce di Vladimir Putin, ed era un forte sostenitore del fatto che il dialogo con l’élite russa fosse necessario per porre le basi di un mondo più ricco e pacifico.

Ma dopo l’invasione russa dell’Ucraina, Schwab e gli altri organizzatori hanno deciso di escludere tutti gli ospiti russi dall’evento. Benché la decisione sia ampiamente giustificata, è per molti versi una grossa sconfitta per il Forum di Davos, la cui filosofia si basa sul fatto che la comunicazione tra leader politici ed economici, lo scambio di idee, l’interdipendenza e i liberi commerci siano la chiave per un mondo più prospero e pacifico.

Più in generale, ha scritto il New York Times, molti dei princìpi di cui Davos è stato per anni il simbolo, come «globalizzazione, liberalismo, capitalismo di mercato, democrazia rappresentativa, sembrano essere sotto attacco».

La pandemia ha portato molti governi ad adottare politiche isolazioniste, tanto che certi paesi – alcuni dei quali fondamentali per l’economia mondiale, come la Cina – sono di fatto chiusi da due anni ai visitatori dall’estero. La crisi dei commerci globali ha messo in seria difficoltà tutto il sistema della globalizzazione su cui si basa l’economia del mondo. Come ha notato l’Economist, inoltre, la pandemia è coincisa con una crisi gravissima della democrazia globale, con molti paesi che sono diventati autoritari e altri in cui le libertà si sono ristrette.

La guerra in Ucraina ha amplificato tutti questi fenomeni e li ha resi più evidenti e complicati. «Viviamo in un mondo differente», ha detto Schwab in un’intervista al New York Times. «Anche quando ci trovammo l’ultima volta nel 2020 avevamo molte gravi preoccupazioni. Ma ora abbiamo due eventi ulteriori [la pandemia e la guerra, ndr] che hanno davvero accelerato la serietà della situazione».

Tutti questi fattori potrebbero rendere il Forum di Davos differente dalle edizioni degli anni passati. Lo ha detto anche Børge Brende, presidente del World Economic Forum, in un video pubblicato dall’organizzazione, che ha spiegato che è da decenni che non assistiamo a così tanti «rivolgimenti geopolitici e geoeconomici».

Non è certo la prima volta che si parla di problemi e cambiamenti per il Forum di Davos.

Da molto tempo il Forum è criticato come un consesso di persone ricche, potenti e famose che fanno grandi propositi ma poi non concludono niente. Qualche anno fa è stato anche inventato il termine “Davos man”, uomo di Davos, per indicare i miliardari che partecipano al Forum, parlano di ambiente, giustizia ed eguaglianza ma poi nella loro attività quotidiana sono una delle cause principali di diseguaglianza e discriminazione.

Da anni, inoltre, il Forum di Davos è ritenuto sempre meno influente, soprattutto per la sua impostazione tutta incentrata sul modello politico ed economico dell’Occidente, benché nel mondo i paesi che non adottano questo modello, o che lo contrastano attivamente come la Cina, stiano assumendo sempre più importanza. Come ha detto lo stesso Schwab, stiamo assistendo alla «frammentazione del mondo».

Il Forum di Davos non perderà necessariamente importanza e centralità. Centinaia tra le persone più importanti del mondo partecipano anche quest’anno, e vari interventi sono molto attesi, compreso quello del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che parlerà in collegamento video da Kiev. Ma la pandemia e la guerra hanno cambiato molti dei presupposti e delle previsioni ottimistiche su cui il Forum si fondava.